Con l’introduzione della web tax e altre misure fiscali, la recente manovra economica italiana ha scatenato un ampio dibattito nell’ecosistema dell’innovazione, mettendo le startup e le PMI digitali in una posizione a dir poco delicata. Ma cerchiamo di capire cosa implica la web tax e quali sono le preoccupazioni sollevate dalle associazioni di settore e le possibili conseguenze sul nostro tessuto imprenditoriale, concentrandoci sui rischi per le giovani aziende innovative.
Cos’è la web tax?
La web tax, o digital service tax, è un’imposta applicata sui servizi digitali e, in particolare, sui ricavi generati online. Finora, questa tassa era rivolta principalmente alle Big Tech con fatturati globali superiori a 750 milioni di euro e ricavi digitali in Italia oltre i 5,5 milioni di euro. L’obiettivo era quindi di colpire le grandi multinazionali tecnologiche, che spesso operano in Paesi con regimi fiscali vantaggiosi, evitando in parte la tassazione nei mercati dove effettivamente generano reddito.
Tuttavia, con un inaspettato e italico colpo di genio, nella nuova Legge di Bilancio 2025, il governo ha esteso il campo di applicazione della web tax a tutte le imprese che ottengono ricavi dai servizi digitali, indipendentemente dalla loro dimensione o fatturato. La nuova normativa impone un prelievo del 3% sui ricavi da servizi digitali, colpendo quindi indiscriminatamente tutte le realtà imprenditoriali, incluse startup e PMI che operano nel digitale.
Le reazioni dell’ecosistema startup
L’introduzione di questa web tax ha suscitato una reazione critica da parte dell’intero ecosistema italiano dell’innovazione. Francesco Cerruti, direttore dell’Italian Tech Alliance, ha espresso a StartupItalia il suo scetticismo riguardo alla misura. Secondo Cerruti, tassare le startup senza considerare la loro redditività rischia di scoraggiarne la crescita e di rendere il mercato italiano meno competitivo. Ha sottolineato inoltre l’anomalia di una tassazione basata sul fatturato anziché sul reddito netto, una scelta che non tiene conto delle peculiarità di queste realtà, spesso non ancora profittevoli ma con margini ridotti a causa degli elevati investimenti necessari per competere sul mercato.
Anche Gianluca Dettori, General Partner di Primo Ventures, ha espresso su LinkedIn il suo disappunto, affermando che la web tax aggiungerà un 3% di costo fisso sul fatturato delle startup, rendendole meno competitive rispetto ai concorrenti esteri. “Care startup, preparatevi a dover pagare una ‘tassa web’ sul 3% del vostro fatturato, indipendentemente che siate profittevoli o in perdita,” ha commentato Dettori, sottolineando come ciò renda più difficile attrarre investitori stranieri e sviluppare un ecosistema innovativo.
L’attuale legge di bilancio potrebbe indurre molte startup a spostare le proprie attività all’estero, in cerca di condizioni fiscali meno punitive e di una maggiore considerazione politica.
Il rischio di una fuga delle startup
La prospettiva di una maggiore pressione fiscale rischia di innescare una fuga di startup verso Paesi fiscalmente più favorevoli, accentuando il fenomeno del “brain drain” già presente in Italia. La nuova tassa colpisce, infatti, una serie di settori chiave, come la tecnologia, il fintech e il marketing digitale, dove le startup svolgono un ruolo essenziale. L’attuale legge di bilancio potrebbe quindi indurre molte startup a spostare le proprie attività all’estero, in cerca di condizioni fiscali meno punitive e di una maggiore considerazione politica.
Le implicazioni per il futuro delle startup
Oltre alla web tax, la legge di bilancio introduce altre misure che potrebbero influire negativamente sull’ecosistema startup, tra cui un aumento della tassazione sulle plusvalenze da criptovalute e la rimozione del tetto alla detrazione fiscale per gli investimenti in startup. Quest’ultima misura, in particolare, rischia di ridurre l’attrattiva dell’Italia per gli investitori, un aspetto cruciale per il finanziamento di progetti innovativi in fase di crescita. Come evidenziato da Umberto Bottesini, imprenditore nel settore del marketing digitale, queste modifiche potrebbero danneggiare le PMI e le startup, già gravate dai costi elevati di accesso al mercato.
La web tax, nella sua attuale formulazione, non solo colpisce i ricavi delle piccole realtà che già hanno margini ridotti o in perdita, ma innesca anche un aumento dei prezzi a cascata, per l’acquisto di servizi digitali, e crea uno svantaggio competitivo per le imprese italiane rispetto ai competitors internazionali.
Giorgio Ciron, direttore di Innovup ci ha raccontato: “La web tax, così come concepita nella Legge di Bilancio 2025, rischia di essere un clamoroso autogol per l’economia digitale italiana. Pensata per tassare i ricavi prodotti dalle Big Tech nel nostro Paese, questa misura finisce invece per colpire indiscriminatamente startup e PMI innovative, le vere protagoniste della crescita e dell’occupazione in Italia. Questo perché la web tax, nella sua attuale formulazione, non solo colpisce i ricavi delle piccole realtà che già hanno margini ridotti o in perdita, ma innesca anche un aumento dei prezzi a cascata, per l’acquisto di servizi digitali, e crea uno svantaggio competitivo per le imprese italiane rispetto ai competitors internazionali. Le nostre startup partiranno con il 3% di risorse in meno. Come InnovUp, chiediamo al Governo di rivedere urgentemente questa tassa iniqua e di adottare una fiscalità più equa e sostenibile – introducendo meccanismi di progressività – per l’intero ecosistema digitale, che premi l’innovazione e non la soffochi”.
Una tassa iniqua che ammazza la competitività
Insomma, la web tax rappresenta un ulteriore ostacolo per le startup italiane, già impegnate nella sfida di competere su mercati internazionali con risorse limitate. La pressione fiscale aggiuntiva potrebbe quindi compromettere la crescita di un settore che, in altre nazioni, riceve incentivi e agevolazioni per attrarre investimenti e sviluppare innovazione.
L’applicazione indiscriminata della tassa solleva, inoltre, questioni sul piano politico ed economico. In un contesto di crescente digitalizzazione, tassare le startup in fase iniziale potrebbe ostacolare lo sviluppo di nuove tecnologie e limitare la competitività del sistema paese. Le startup sono un pilastro fondamentale per l’innovazione e la crescita economica: anziché penalizzarle, una revisione delle misure fiscali potrebbe incentivare la loro crescita e attrarre investitori, contribuendo così allo sviluppo di un ecosistema imprenditoriale sostenibile e competitivo in Italia. Ma in questo frangente risulta palese che lo zelo politico ignorante e cieco, nella foga di raccattare denaro facile, stia gettando via l’acqua sporca con tutte… le startup.
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