inviato a Siliqua Il tremendo nubifragio che tra sabato notte e l’alba di ieri si è abbattuto su mezza Sardegna lo ha sorpreso nel sonno, quando i suoi occhi ruotavano serenamente in fase Rem regalandogli sogni d’oro. Del resto, anche se sapeva che proprio per quelle ore era stata diramata un’allerta meteo – e perciò aveva scelto di non fare tardi – dentro la casetta che al momento lo ospita alla periferia di Siliqua si sentiva al sicuro. E invece Bruno Ghiani, 53 anni, muratore per conto di un’impresa edile della zona, è stato risvegliato bruscamente da un fragore spaventoso ritrovandosi protagonista di un incubo: un’onda anomala aveva appena sfondato la porta posteriore del bivano al piano terra, con l’acqua mista a detriti di ogni tipo che riempiva l’abitazione sino ad arrivare all’altezza di un metro e mezzo. Soltanto la potente scarica di adrenalina e una non comune capacità di reazione gli hanno permesso, dopo un tempo interminabile passato al buio, di mettersi prima al riparo sopra un tavolo e poi di nuotare verso l’unico varco che poteva condurlo alla salvezza. Totalmente nudo. Perché – stavolta è proprio il caso di dirlo – a Bruno l’alluvione gli ha portato via anche le mutande.
A rievocare i momenti di terrore vissuti qualche ora prima è lui stesso mentre, passata la bufera, grazie all’aiuto del fratello e di alcuni amici è intento nell’impresa titanica di ripulire e rendere un minimo abitabile l’appartamento completamente devastato. «Tutto è accaduto intorno alle 4.15 del mattino – racconta – quando un botto incredibile mi ha improvvisamente svegliato. Frastornato com’ero – continua – all’inizio ho faticato a capire che cosa stesse succedendo, poi quando sono uscito dalla camera da letto e ho visto la porta del retro sradicata dagli infissi con un fiume che allagava la casa a una velocità impressionante, ho capito. Subito – prosegue – mi sono messo a cercare i vestiti e il telefonino, ma ormai era tutto sommerso e per giunta nel frattempo era mancata anche la corrente elettrica». Disperazione.
Bruno lo ammette: «Mentre vedevo il livello dell’acqua sollevarsi al punto di bloccare la porta d’ingresso ho pensato che era arrivato il mio momento. Ma poi, sia l’istinto di sopravvivenza sia una certa freddezza che sono riuscito a mantenere, mi hanno suggerito di mettermi in piedi sul tavolo». Una lotta contro il tempo.
«Mantenendo la lucidità ho pensato che forse la finestrella del salotto potesse essere una via di fuga ancora percorribile e con qualche bracciata l’ho raggiunta, riuscendo infine a lasciare la casa per poi raggiungere, non so nemmeno io come, il primo bar del centro per chiedere aiuto».
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