Nuovi guai per Emanuele Lo Porto e la sua famiglia a carico dei quali è stato eseguito un maxisequestro ottenuto dalla Direzione Antimafia del Piemonte insieme ai Carabinieri di Asti che da anni indagano su di lui.
Usura, estorsione, tentato omicidio, latitanza, minacce sono solo alcuni dei reati contestati a Lo Porto; per alcuni di essi sono già arrivate le condanne, per altri i processi sono ancora in corso o ancora in fase preliminare, ma la Dia è intervenuta per i suoi rapporti e contatti con soggetti legati al mondo della ‘ndrangheta piemontese.
Così è scattato il sequestro di un alloggio in via Croce Verde, di terreni in frazione Castiglione, magazzini, dell’azienda legata alla rottamazione di auto, quote di partecipazione in un’altra società che si occupa di recupero di metalli, cassette di sicurezza in varie banche e conti correnti per un valore complessivo di oltre un milione e mezzo di euro.
L’operazione, scrivono Dia e carabinieri, nasce dalla complessa attività di analisi del materiale acquisito sia dagli investigatori torinesi nell’ambito dei controlli sui rapporti con le associazioni di criminalità organizzata, sia dai militari astigiani che bene conoscono Lo Porto.
Tutto per ricostruire il patrimonio accumulato nel corso degli anni che non sarebbe per nulla allineato alle attività “in chiaro” dichiarate secondo gli investigatori e la Procura di Asti.
Grande attenzione, infatti, è stata posta nelle complicatissime movimentazioni finanziarie dei conti riconducibili a Lo Porto.
Gli investigatori hanno documentato il profilo criminale del capofamiglia, Emanuele, e i suoi contatti con esponenti di spicco della ‘ndrangheta astigiana e torinese attraverso l’acquisizione di informazioni provenienti dal continuo monitoraggio di quel mondo a livello investigativo.
Lo Porto è in carcere dall’ottobre dello scorso anno, quando è stato arrestato dopo una latitanza durata oltre quattro mesi.
Si era dato alla macchia all’indomani della condanna definitiva per usura ed estorsione ai danni di una famiglia astigiana. Condanna che aveva riguardato anche la moglie e il figlio. Le forze dell’ordine lo avevano intercettato in una cascina di Rocca d’Arazzo, mentre dormiva, vestito su un divano all’aperto pronto per la fuga nel bosco.
Questo sequestro rientra nel novero delle misure di prevenzione e ha già incassato la prima convalida di un giudice.
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