Un recente rapporto dell’Ufficio Studi di Confcommercio, presentato al XV Forum nazionale dei Giovani Imprenditori, getta una luce inquietante sul futuro dell’Italia. Negli ultimi quarant’anni, il Paese ha perso circa dieci milioni di giovani: gli under 40 sono passati da 32,3 milioni nel 1982 a soli 22,8 milioni nel 2023. Al contempo, la popolazione ultrasessantacinquenne è quasi raddoppiata, passando da 7,5 milioni a 14,2 milioni. Questi cambiamenti demografici si fanno sentire in modo particolare al Sud, dove dal 2011 al 2023 si è registrata una perdita di un milione di abitanti e un invecchiamento progressivo della popolazione, con 1,9 milioni di giovani che hanno lasciato la regione.
La crisi economica ha schiacciato l’imprenditoria giovanile, con la scomparsa di 180.000 imprese giovanili negli ultimi dodici anni, di cui oltre 78.000 nel Mezzogiorno. Il tasso di imprenditoria giovanile è sceso dal 11,9% del totale nel 2011 all’8,8% nel 2023. Secondo le stime, mantenendo il tasso di imprenditoria giovanile costante, oggi si potrebbe disporre di un Pil tra i 47 e i 63 miliardi di euro in più.
Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, ha sollevato la preoccupazione che i giovani italiani stiano perdendo la voglia e le opportunità di creare imprese. “Questo desiderio di crescita sembra assopito”, ha dichiarato. Il declino della volontà imprenditoriale è evidente: nel 2011, le imprese giovanili costituivano quasi il 12% del totale, scendendo al 9,5% nel 2019 e all’attuale 8,8%.
Matteo Musacci, presidente dei Giovani Imprenditori di Confcommercio, ha messo in evidenza l’importanza cruciale dell’imprenditoria giovanile per la crescita economica del Paese. “Senza imprenditoria giovanile, lo sviluppo del Paese procede con il freno a mano tirato”, ha affermato. Le imprese giovanili sono portatrici di innovazione e creatività, elementi essenziali per il rilancio dell’economia italiana, in particolare al Sud, dove l’autoimprenditorialità può rappresentare un’ancora di salvezza.
Confcommercio ha proposto soluzioni per invertire questa tendenza, sottolineando la necessità di migliorare il contesto socio-economico e incentivare l’imprenditorialità. Tra le proposte ci sono agevolazioni fiscali, semplificazione burocratica e un migliore accesso al credito per le giovani imprese.
La disaffezione verso l’imprenditoria giovanile può essere compresa anche attraverso l’analisi di due indicatori chiave: debito pubblico e pressione fiscale. Quarant’anni fa, un giovane imprenditore affrontava un debito annuale di 295 euro, mentre oggi la cifra supera i 910 euro. La pressione fiscale, che nel 1982 era sotto il 32%, è ora al 41,5%. Questi fattori contribuiscono a un circolo vizioso che disincentiva l’autoimprenditorialità, gravando sulle spalle delle nuove generazioni.
In sintesi, il rapporto di Confcommercio non solo mette in luce una crisi demografica e imprenditoriale, ma lancia anche un appello urgente per rimettere i giovani al centro dell’economia italiana. La sfida è ora quella di creare un ambiente fertile per l’imprenditoria, garantendo alle nuove generazioni la possibilità di costruire il proprio futuro.
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