Il rapporto di previsione autunnale di Confindustria punta il dito sul tema degli affitti, rivelando un disallineamento sempre più marcato tra i costi dell’alloggio e la produttività del lavoro nelle principali città italiane.
La città di Milano si distingue per il divario più insostenibile: l’affitto mensile per un’abitazione di 60 mq raggiunge il 170,9% rispetto alla media nazionale di 562 euro. La produttività, invece, cresce solo del 39,4%. A conti fatti, ciò significa che la sproporzione tra affitti e redditi medi pone un freno alla mobilità e alla crescita economica, creando una barriera per chi si sposta in cerca di migliori opportunità lavorative.
Questo squilibrio non è solo una questione di cifre, ma un indicatore di un mercato immobiliare che rende sempre più difficile sottrarsi a una dinamica dove i costi abitativi si mangiano buona parte delle risorse dei lavoratori.
La forbice si allarga: il confronto tra Roma, Firenze e altre città
Roma segue lo stesso trend, con un affitto mensile che supera del 24,1% la media nazionale, mentre la produttività cresce dell’8,7%. Firenze non è da meno: qui gli affitti registrano un +33,8%, mentre la produttività sale di un modesto 0,6%.
In città come Roma e Firenze l’impennata degli affitti non sembra corrispondere a una reale crescita della produttività. La discrepanza tra costo della vita e retribuzioni diventa quindi una realtà quotidiana per molti residenti, creando squilibri che rischiano di aumentare l’esclusione abitativa nelle aree più dinamiche.
Bologna, Venezia e il centro-nord: dove la disparità persiste
Bologna presenta uno scenario a prima vista più equilibrato, con affitti superiori alla media del 27,1% e una produttività che segna un +25,3%. Ma la discrepanza resta, rendendo comunque difficile l’accesso al mercato abitativo per chi ha un reddito medio.
La situazione a Venezia è leggermente diversa: l’affitto è superiore del 9,8% rispetto alla media, ma la produttività fatica a staccarsi dal 98,8%, poco sotto il livello nazionale. Questi numeri svelano un malessere diffuso: la forbice tra costi abitativi e redditi non è una questione marginale, ma un ostacolo concreto alla possibilità di stabilirsi in una nuova città per motivi di lavoro o di studio. Diventa impossibile affrancarsi dall’affitto e provare a comprare una casa.
Tra nord e sud: la trappola della mobilità
Il rapporto di Confindustria mette in luce anche le disparità territoriali tra il Nord e il Sud del Paese. Nelle città meridionali come Napoli, Salerno, Bari e Cagliari, i costi di alloggio sono più bassi della media nazionale: a Napoli si registra un -24,5%, a Salerno un -28,4% e a Bari un -25,7%.
Tuttavia, questi numeri non si traducono in una migliore qualità della vita. Le stesse aree presentano livelli di produttività altrettanto bassi: Napoli tocca il 74,2%, Salerno il 68,2%, mentre a Bari si arriva al 74,0%. Il rischio, quindi, è quello di una mobilità bloccata, dove chi vorrebbe spostarsi per migliorare la propria condizione lavorativa si trova di fronte a un mercato immobiliare proibitivo nelle aree più ricche e scarsamente attrattivo in quelle meno sviluppate.
Il paradosso italiano: produttività e disoccupazione
Un altro dato interessante emerso dal rapporto è la relazione tra l‘alto costo degli alloggi e la carenza di manodopera nelle aree più produttive. Milano e Roma, ad esempio, continuano a registrare un’alta domanda di lavoro, ma il costo degli affitti riduce le possibilità per molti lavoratori di trasferirsi.
Questo crea un paradosso: le aree più dinamiche dal punto di vista economico soffrono di una carenza di personale, mentre le aree con minori opportunità lavorative e affitti più bassi registrano tassi di disoccupazione più elevati. Ma questa è un’ovvietà: nessuno vuole trasferirsi in posti dove il costo della vita rende impossibile condurre un’esistenza dignitosa. Lavorare solo per pagare l’affitto non è vivere, è essere intrappolati in un ciclo che arricchisce soltanto i proprietari e mai la comunità.
Per arginare questa problematica, il comune di Milano, per esempio, ha lanciato il Piano Casa, che prevede 10mila nuove case a un canone calmierato. E chissà se basteranno le misure introdotte con la nuova Manovra, come aumenti per chi si trasferisce.
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