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ROMA – focus/aise – In che modo i nostri antenati, già migliaia di anni fa, fronteggiavano i mutamenti climatici e i fenomeni atmosferici estremi? Quali strategie di adattamento sono risultate vincenti e quanto le condizioni avverse contribuirono all’evoluzione tecnologica, alla creazione di nuovi modelli di sostenibilità e, più in generale, all’avanzamento economico e culturale?
Sono occasioni per leggere il presente guardando alle origini dell’umanità, attraverso nuove scoperte e reperti inediti, mai esposti al pubblico prima d’ora, le iniziative promosse a Firenze dall’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria: polo d’eccellenza per lo studio del più remoto passato dell’umanità riconosciuto dal Ministero della Cultura e dal Ministero dell’Università e della Ricerca, che conta tra i circa 400 associati 66 musei, 47 tra soprintendenze e parchi archeologici e 32 dipartimenti universitari, con la direzione di Andrea Cardarelli, ordinario di preistoria e protostoria presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.
In programma una mostra, aperta da oggi, 24 ottobre, tra il Museo di Antropologia e Etnologia e il Museo Archeologico Nazionale di Firenze, con protagonista la scoperta di un eccezionale sito preistorico nella Toscana meridionale, Poggetti Vecchi, che per oltre 170.000 anni ha custodito i resti monumentali di una fauna estinta oltre ai più antichi strumenti in legno fabbricati dall’uomo mai rinvenuti in Italia e qui esposti per la prima volta. Un esempio emblematico di come l’essere umano si sia adattato a un ambiente in mutamento, alle soglie della penultima glaciazione, presentato in un allestimento dal titolo “170.000 anni fa a Poggetti Vecchi. I Neanderthal e la sfida del clima” a cura di Biancamaria Aranguren, Silvia Florindi, Daniele Federico Maras, Daniela Puzio e Anna Revedin, col contributo di Regione Toscana e Fondazione CR Firenze, in collaborazione con Museo Archeologico Nazionale di Firenze e Sistema Museale d’Ateneo dell’Università di Firenze, in accordo con la Direzione regionale Musei nazionali Toscana. La mostra sarà visitabile fino al 12 gennaio 2025.
Non solo: l’interazione uomo-ambiente sarà anche al centro di “Rischio e risorsa. La risposta delle comunità preistoriche alle sfide ambientali”: tre giornate di studi che da oggi e sino al 26 ottobre vedono convergere da tutta Italia al Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Firenze oltre 200 tra studiosi, docenti ed esperti di preistoria e protostoria, quella fase dell’umanità che occupa il 99% della storia dell’uomo, la più lunga in assoluto, che precede la nascita della scrittura. Più di 50 gli interventi in programma su punti tra cui: l’impatto delle popolazioni sull’ambiente, sulle risorse e sul paesaggio; l’evoluzione delle tattiche di adattamento; la mobilità dei popoli e l’importanza strategica di aree geografiche comunemente considerate estreme o marginali; i cambiamenti nella dieta, nei valori e nell’identità in base alla situazione ambientale; elementi di vulnerabilità e modelli di resilienza – per esplorare come i fattori ambientali e climatici, anche critici, possano da un lato aver determinato conseguenze drammatiche, ma dall’altro aver innescato risposte innovative.
LA MOSTRA
La mostra giunge a coronamento di un lungo processo di ricerca. Poggetti Vecchi, in provincia di Grosseto, sorge ai piedi di una collina da cui sgorga una sorgente termale già frequentata, 170.000 anni fa, da neanderthal ed elefanti antichi – alti fino a 4 metri e con zanne lunghe fino a 3 metri –, oggi estinti. A partire dagli scavi del 2012, un’equipe composta da studiosi della Soprintendenza, dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria e di varie università, è stata in grado di determinare non solo le condizioni climatiche dell’epoca, in un periodo in cui le temperature si stavano progressivamente irrigidendo, ma anche il paesaggio del sito, che grazie ai vapori tiepidi e alla presenza animale attrasse un gruppo umano, come documentato non solo da numerose schegge di pietra, ma anche da bastoni di legno di bosso con tracce di lavorazione a fuoco conservati straordinariamente quasi intatti. Strumenti da scavo che mostrano per la prima volta l’avanzare di nuova tecnologia: l’utilizzo del fuoco per la lavorazione del legno che diverrà essenziale per l’evoluzione umana. La proposta espositiva è organizzata in due sezioni: quella a Palazzo Nonfinito intende valorizzare lo scavo di Poggetti Vecchi tramite ricostruzioni ambientali, tecnologie digitali e copie 3D per immergersi in quel mondo lontano e rendere possibile ai visitatori toccare con mano le riproduzioni fedeli degli straordinari ritrovamenti lignei. La sezione al Museo Archeologico Nazionale di Firenze presenterà alcuni dei manufatti originali in legno, finora mai esposti a causa dell’estrema fragilità. Un’occasione unica per scoprire lo stile di vita dei primi abitanti della Toscana, prima che i reperti vengano rimessi in sicurezza in attesa di una musealizzazione definitiva.
IL CONVEGNO
Ci si può legittimamente chiedere se, e fino a che punto, si possa ricostruire una storia del rapporto fra comunità umane e ambiente per un periodo così lungo e privo di fonti scritte. L’archeologia della preistoria e protostoria è oggi divenuta materia multidisciplinare, e oltre al consolidato studio dei contesti di scavo e dei manufatti prodotti dall’uomo dispone di una pluralità di approcci scientifici: dalla geoarcheologia all’archeobotanica, dall’archeozoologia alla archeologia dei resti umani, dall’archeologia biomolecolare all’archeogenetica. Il risultato è un amplissimo spettro di informazioni che consente di ricostruire il mondo delle nostre origini e riportare alla luce – con lo studio di reperti e contesti archeologici, ma anche attraverso analisi di laboratorio su pollini conservatisi per millenni, sui resti di fauna e microfauna e su DNA antico – l’aspetto e lo sviluppo di ecosistemi antichi, della flora e della fauna che li caratterizzavano e di come l’umanità li abbia attraversati, trasformandoli e trasformandosi. Da qui prenderanno le mosse gli interventi del convegno: tra i casi studio, oltre a quello di Poggetti Vecchi, ampio spazio sarà dedicato alle società di cacciatori raccoglitori del Paleolitico e Mesolitico, ma anche alle prime società agricole del Neolitico, che dopo la fine delle glaciazioni furono capaci di produrre cibo oltre che in grado di sostentare comunità di villaggio demograficamente più ampie. Accanto a situazioni di adattamento, resilienza e innovazione vi furono casi di collassi di interi sistemi culturali. Emblematico è quello della società delle Terramare, al centro della Pianura Padana nei secoli centrali del II millennio a.C. L’area, ricca di risorse e dall’economia fiorente, subì nella tarda età del Bronzo, tra il 1200 e il 1150 a.C., una crisi produttiva probabilmente causata da un clima più arido e dall’eccessivo sfruttamento dei suoli. Il cambiamento sfociò nel crollo del sistema economico e sociale, provocando un sostanziale abbandono della pianura. Un impatto drammatico che ebbe conseguenze meno impattanti nelle aree marginali sulle montagne limitrofe, dove l’economia e la consistenza demografica non avevano raggiunto i livelli della pianura. Il caso delle Terramare dimostra che le conseguenze delle modificazioni climatiche sono profondamente correlate ai modelli economici adottati e all’uso del territorio, una lezione che dovremmo tenere presente anche per l’oggi.
Con l’arrivo del primo gruppo di tecnici presso la stazione Mario Zucchelli sul promontorio di Baia Terra Nova, è iniziata la 40ª spedizione italiana in Antartide, che fino a febbraio 2025 vedrà impegnati 140 tra ricercatori, ricercatrici e tecnici in progetti di glaciologia, climatologia, sismologia, geomagnetismo e biodiversità.
Le missioni italiane in Antartide, iniziate il 23 dicembre 1985, sono condotte nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) e gestito dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) per il coordinamento scientifico, da ENEA per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) per la gestione tecnica e scientifica della nave rompighiaccio Laura Bassi.
“Quaranta spedizioni, un traguardo importante che segna anche l’avvio degli studi di fattibilità per diversi interventi di riqualificazione e miglioramento infrastrutturale delle basi italiane antartiche”, dichiara Elena Campana, direttrice dell’Unità Tecnica Antartide dell’ENEA. “Grazie a un finanziamento straordinario messo a disposizione dal Ministero dell’Università e della Ricerca, nei prossimi 10 anni porteremo a termine tutta una serie di interventi per rinnovare e rendere più efficienti sia gli impianti di produzione dell’energia, sia le infrastrutture che ospitano il personale. Quest’anno eseguiremo i rilievi necessari a individuare le soluzioni tecnologiche più idonee all’ambiente estremo polare”.
Inoltre, nel corso dell’attuale campagna presso la stazione Mario Zucchelli sarà realizzato un nuovo osservatorio geomagnetico e potenziato l’impianto fotovoltaico, con l’obiettivo di produrre una quota sempre maggiore di energia da fonti rinnovabili. A Concordia, invece, è previsto il completamento del primo modulo del nuovo summer camp, l’area esterna alla stazione destinata a ospitare ricercatori e tecnici durante le campagne estive.
“È un anno da celebrare quello della 40a spedizione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), visto che si inserisce nella cornice preparatoria dell’imminente “Decade delle Nazioni Unite sulla criosfera”, prevista per il 2025 e nell’importante conferenza dell’Antarctic Treaty Consultative Meeting, che si terrà nel giugno del 2025 a Milano”, afferma Mauro Sclavo, direttore f.f. dell’Istituto di scienze polari del Cnr. “Il Cnr assicura anche nel corso di questa missione il coordinamento scientifico di progetti cruciali per l’avanzamento della conoscenza in diversi settori e da cui ci attendiamo risultati significativi per comprendere sempre meglio le sfide scientifiche del momento, come quella del cambiamento climatico”.
Con 24 ore di luce al giorno e una temperatura che varia da 0 a -20 gradi, presso la Stazione Mario Zucchelli, saranno 57 le unità di personale di ricerca e tecnico impegnate con le attività di 9 osservatori permanenti che garantiscono il monitoraggio e l’acquisizione continua di misure di climatologia, sismologia, geodesia, geomagnetismo, fino a osservazioni dell’alta atmosfera e meteorologia spaziale. Alcuni osservatori assicurano il monitoraggio vulcanologico, mentre altri rilevano le modificazioni sulle comunità microbiche, del permafrost e della vegetazione, quest’ultima in notevole incremento negli ultimi anni in Antartide, così come in generale in tutte le aree polari terrestri. Inoltre, presso la Stazione Mario Zucchelli, ricercatrici e ricercatori studieranno il ruolo del ghiaccio marino nel ciclo del mercurio, analizzeranno i laghi supraglaciali, la biodiversità, l’evoluzione, l’adattamento e i meccanismi immunitari degli organismi antartici. Infine, uno dei progetti di ricerca prenderà in esame il microbioma dell’essere umano.
Nella Stazione italo-francese di Concordia, sul plateau antartico a oltre 3 mila metri di altezza e a 1.200 chilometri dalla costa, la campagna estiva partirà i primi di novembre e vedrà impegnate 55 persone di cui metà italiane. Alle attività coordinate dal PNRA si affiancheranno le attività di ricerca in carico all’Istituto polare francese Paul-Émile Victor (IPEV) e all’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Anche quest’anno, a novembre sarà aperto il campo di Little Dome C, a 35 chilometri da Concordia, dove proseguiranno le attività legate al progetto internazionale “Beyond Epica Oldest Ice”, finanziato dalla Commissione europea e coordinato dall’Istituto di scienze polari del Cnr (Cnr-Isp) a cui partecipano per l’Italia anche ENEA e Università Ca’ Foscari Venezia. Presso il campo si svolgeranno attività di carotaggio del ghiaccio attraverso cui il team di ricerca ricaverà dati sull’evoluzione di temperatura e composizione dell’atmosfera, tornando indietro nel tempo di 1 milione e mezzo di anni.
L’arrivo del primo personale PNRA a Concordia coincide con il rientro dei tecnici e ricercatori che hanno trascorso l’inverno antartico presso la stazione. A loro si avvicenderanno da febbraio 2025 fino al novembre successivo, altri 13 winterover (sei francesi, sei italiani e un inglese) che garantiranno il funzionamento della stazione e il proseguimento delle attività di ricerca, anche quando la temperatura esterna scenderà vicino ai -80°C e le condizioni meteorologiche renderanno la stazione irraggiungibile.
Le attività di ricerca della campagna scientifica si svolgeranno anche a bordo della nave Laura Bassi salpata in questi giorni verso la nuova Zelanda, dove arriverà a fine novembre passando per il Canale di Panama, dopo 50 giorni di navigazione. La nave inizierà poi il suo viaggio verso l’Antartide il 9 dicembre con a bordo 28 unità di personale tecnico-scientifico, oltre a un equipaggio navigante di 23 membri, per fare ritorno a Lyttelton il 19 gennaio. A fine gennaio la rompighiaccio partirà nuovamente dalla Nuova Zelanda per la seconda parte della missione in Antartide che terminerà all’inizio di marzo 2025. “Dopo cinque campagne di successo in Antartide, la Laura Bassi giunge quest’anno alla sua sesta missione”, spiega Franco Coren, direttore del Centro Gestione Infrastrutture Navali dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS. “Siamo estremamente soddisfatti delle attività svolte e, grazie ai lavori apportati a bordo e alla collaborazione tra l’equipaggio, il personale tecnico e quello scientifico, abbiamo garantito il massimo supporto alle attività di ricerca oceanografica e geofisica, fornendo un apporto significativo alla comunità scientifica nazionale e internazionale”.
Le Forze Armate partecipano alla spedizione con 17 esperti militari di Esercito, Marina, Aeronautica e Arma dei Carabinieri. Affiancheranno sul campo i ricercatori e le ricercatrici durante tutto il corso della spedizione, rendendo possibili e sicure sia le campagne esterne sia quelle subacquee, ma anche le operazioni aeree grazie alle competenze dei meteo previsori e dei controllori di volo. Inoltre, l’Aeronautica Militare assicurerà grazie al C-130J della 46ª Brigata Aerea i collegamenti tra Christchurch (Nuova Zelanda), la stazione italiana “Zucchelli” e quella statunitense di McMurdo, provvedendo al trasporto di materiali, mezzi e personale. Alle attività parteciperanno anche due componenti del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. (focus\aise) 





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