L’innamoramento – un po’ masochistico – per l’auto cinese sta per avere una brutta botta. I costruttori cinesi, tanto corteggiati dal governo con le interlocuzioni del ministro Adolfo Urso, invitati a rilevare siti industriali dismessi – solitamente da Stellantis -, potrebbero non arrivare: niente fabbriche in Italia, ordina Pechino.
La questione è delicata. Il primo costruttore a defilarsi sarà, a quanto pare, Dongfeng, già protagonista al Salone Auto Torino e in predicato di trovare casa da quelle parti. Gli emissari della Casa di Wuhan sono stati infatti portati dalla Regione Piemonte a visionare tre siti dismessi in Piemonte, uno dei quali è l‘ex Maserati tuttora in vendita e un altro l’ex Pininfarina in Canavese. Poi c’è BYD, inseguito a lungo ma ben orientato sull’Ungheria, ma si affaccia Chery che vicino a Torino sta cercando il luogo giusto per installare almeno un centro design e ricerca, mentre conferma che nel suo piano c’è una produzione italiana (o forse meglio dire: c’era?). Infine, si sta aspettando l’arrivo della delegazione di Jac, sempre a Torino.
Ma da Pechino – inteso come governo – è arrivato il diktat: niente fabbriche in Italia, nessuna trattativa con altri Paesi europei. Ed essendo praticamente tutte le Case di proprietà statale, è di fatto uno stop. La questione, spiega Quattroruote, è che queste trattative potrebbero interferire con quelle che la Cina sta intrattenendo con l’Unione Europea per la questione dazi. A volerla vedere in un certo modo sembra quasi uno “strumento di pressione” (o un ricatto), del tipo: non esagerato con i dazi, o benefici o meno portiamo altrove la produzione.
D’altra parte, il tempo stringe, visto che la scadenza per l’imposizione di dazi definitivi sulle auto elettriche cinesi (ma c’è anche Tesla per le auto prodotte a Shanghai) è mercoledì prossimo, 30 ottobre. A ricordarlo, questa mattina, è stato il portavoce della Commissione europea responsabile per Commercio e agricoltura, Olof Gill, nella conferenza stampa quotidiana dell’esecutivo europeo, rispondendo alle domande dei giornalisti.
In mattinata si sono susseguiti dialoghi ad altissimo livello tra le due parti: il vice presidente esecutivo della Commissione europea e commissario per il Commercio, Valdis Dombrovskis, ha avuto una videochiamata con il ministro del Commercio cinese, Wang Wentao. I due hanno fatto il punto sui progressi compiuti negli otto cicli di negoziati tecnici e “sulle significative lacune ancora esistenti”. E hanno ribadito il loro impegno politico a trovare una soluzione reciprocamente accettabile, che dovrà essere efficace nell’affrontare la parità di condizioni nel mercato dell’Ue e compatibile con l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc).
Ma il negoziato si basa grandemente sull’indagine anti-dumping compiuta nei mesi scorsi, con alcune Case che hanno offerto collaborazione, piena o parziale, agli inviati dell’Europa e altre che si sono sottratte. I dazi dovranno essere in proporzione alla collaborazione fornita. In Cina, d’altra parte, hanno varato proprie misure anti dumping contro il brandy, la carne di maiale e i prodotti lattiero-caseari. Ma, anche qui, è ancora tutto in divenire.
I costruttori, per parte loro, in qualche modo proseguono le loro trattative. Se BYD prosegue con l’Ungheria, Chery con i marchi Oimoda Jaecoo ha stoppato il progetto dello stabilimento a Barcellona, ma solo provvisoriamente. Leapmotor, invece, è in una situazione tutta particolare, esportando tramite la Leapmotor International di cui è partner al 51% Stellantis. Una joint venture che permette anche la produzione in Europa, ma al momento non è stato comunicato nulla di decisivo.
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