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Fmi: Dazi auto cinesi danneggiano l’Ue. La cura dei tagli colpisce i Ministeri. Bonus casa ridotti, torna il nero. Che c’è sui giornali #finsubito prestito immediato


Fmi: “Dazi sulle auto cinesi danneggiano l’Ue”. Ministeri chiamati a tagli per miliardi di euro. Il calo dei bonus casa fa tornare il rischio del nero. La rassegna Energia

I dazi sulle importazioni di auto elettriche dalla Cina danneggeranno i Paesi dell’Ue. A dirlo è il Fondo monetario internazionale, che nel suo ultimo report, intitolato «Una ripresa al di sotto del pieno potenziale europeo», stima che Italia, Francia e Germania in cinque anni perderebbero lo 0,18 percento del Pil con dazi aggiuntivi del 25 percento e lo 0,46 percento con dazi aggiuntivi del 100 percento. Dopo anni di emersione del sommerso nel settore dei lavori edili torna prepotentemente il fenomeno del nero. La riforma dei bonus porterà diverse riduzioni sugli sconti, che per le prime case potrebbe scendere dal 50 al 36%, mentre per le seconde dal 36 al 30 per cento. Un calo che rischia di aumentare il ricorso da parte degli italiani a strade alternative, dopo che gli alti incentivi hanno creato un grande contrasto di interessi tra le parti coinvolte in queste operazioni, secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore. La cura dei tagli intrapresa dal governo per finanziare la nuova Legge di Bilancio investe anche i ministeri. Il Ministero dell’Economia e del Made in Italy dovranno risparmiare rispettivamente 2,2 miliardi e oltre 1,1 miliardi, 43% delle riduzioni complessive. Il Ministero dei Trasporti dovrà trovare il modo di ridurre la spesa di 825 milioni, mentre quello dell’Università poco più di 700 milioni. La rassegna Energia.

AUTO ELETTRICA, FMI: DAZI CINESI DANNEGGIANO UE

“L’impatto in Europa del passaggio all’auto elettrica nei prossimi cinque anni sarà peggiore per i tre grandi “big” (Italia, Francia e Germania), se verranno imposti dazi all’ingresso delle auto cinesi nel mercato Ue. La valutazione viene dal Fondo monetario inter
nazionale, nell’Economic Outlook dedicato all’Europa e dal titolo poco incoraggiante, «Una ripresa al di sotto del pieno potenziale europeo», presentato giovedì dal direttore del Dipartimento europeo, Alfred Kammer. L’Fmi ricorda che gli obiettivi climatici dell’Ue prevedono una rapida transizione verso l’elettrico e che attualmente solo il 15 percento delle vendite totali in Europa sono «fully electric». Questo, in un settore sempre più dominato dai produttori cinesi. Gli economisti Fmi prevedono che la quota di mercato cinese in Europa aumenti di 15 punti percentuali entro cinque anni. Una situazione che è «parallela all’esperienza giapponese negli Stati Uniti negli anni ’70», sebbene a un ritmo relativamente più veloce. L’etichetta coniata è «EV-shock scenario». L’impatto di questo «shock da auto elettrica» sul Pil europeo «è piccolo nel complesso, ma significativamente eterogeneo tra i Paesi. Grandi Paesi come Germania, Francia e Italia subirebbero una perdita di produzione cumulativa di circa lo 0,15 percento del Pil dopo cinque anni». (…). A trarre vantaggio dalle più economiche auto elettriche cinesi sarebbero in definitiva i Paesi Ue che non hanno una grande base di produzione auto”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“I risultati sarebbero però peggiori in termini di Pil con l’imposizione di dazi alle EV cinesi. (…) Nella regione combinata di Germania, Francia e Italia, le perdite di Pil per cinque anni sono valutate appunto dello 0,15 percento senza dazi, dello 0,18 percento con dazi ag
giuntivi del 25 percento e dello 0,46 percento con dazi aggiuntivi del 100 percento”, continua il giornale.

ENERGIA, BONUS CASA PIU’ BASSI E RISCHIO NERO

Dopo anni di emersione del sommerso nel settore dei lavori edili torna prepotentemente il fenomeno del nero. La riforma dei bonus porterà diverse riduzioni sugli sconti, che per le prime case potrebbe scendere dal 50 al 36%, mentre per le seconde dal 36 al 30 per cento. Un calo che rischia di aumentare il ricorso da parte degli italiani a strade italiane, dopo che gli alti incentivi hanno creato un grande contrasto di interessi tra le parti coinvolte in queste operazioni, secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore.

“Risparmiare subito l’Iva da inserire in fattura (al 10% per le ristrutturazioni) e la ritenuta all’11% sul bonifico incassato. E, in un momento successivo, le imposte sui redditi. Avendo davanti sconti fiscali che, soprattutto per le seconde case, hanno un’attrattiva più facile da pareggiare rispetto al passato; anche perché saranno falcidiati dalla nuova tagliola per le spese detraibili. Le imprese attive nell’edilizia e i loro committenti si troveranno a breve ad affrontare questo scenario. Con esiti facilmente pronosticabili. Il disegno di legge di Bilancio, appena atterrato in Parlamento, dopo anni di prepotente emersione del sommerso nel settore dei lavori edili, fa tornare di attualità il tema del nero (si veda «Il Sole 24 Ore del Lunedì» del 21 ottobre). Se nel recente passato i livelli di sconto erano tali da avere reso fortissimo il contrasto di interessi tra le parti coinvolte in queste operazioni, ora gli sconti si abbassano e molti potrebbero cercare strade alternative”, si legge su Il Sole 24 Ore.

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“In prospettiva, poi, le cose potrebbero anche peggiorare, come si vede chiaramente dal percorso definito per le detrazioni casa nei prossimi anni. Anche se non è detto che queste percentuali vengano confermate, chi sta programmando interventi che potrebbero sforare nel 2026 deve essere consapevole delle riduzioni in arrivo: per le prime case, infatti, lo sconto potrebbe scendere dal 50 al 36%, mentre per le seconde il taglio potrebbe portare l’asticella ancora più in basso, dal 36 al 30 per cento.(…)i limiti reddituali da cui scattano le decurtazioni sono stati fissati da oltre 75mila euro. Ma i nuovi panieri non supereranno mai i 14mila euro per redditi fino a 100mila euro e gli 8mila euro per quelli al di sopra. Naturalmente si tratta dei due picchi in presenza di nuclei familiari più numerosi, ossia con più di due figli a carico”, continua il giornale.

“Questo lascia presagire che i bonus edilizi, a cui fanno da presupposto lavori e costi ingenti soprattutto in caso di manutenzioni straordinarie o di ristrutturazioni, siano destinati poi ad occupare tutto o quasi il plafond. Anche perché, a leggere bene il testo del Ddl di bilancio (articolo 2, comma 9), le nuove spese sostenute dal 2025 dovranno essere imputate per singola rata del piano di ammortamento. (…) Intanto tra gli addetti ai lavori i primi dubbi cominciano a serpeggiare, ad esempio, sulla priorità con cui bisognerà far confluire le spese detraibili nel paniere e se il singolo contribuente avrà o meno piena possibilità di scegliere tra quelle che hanno una percentuale. Questioni che rischiano di rendere difficilmente preventivabile l’effettivo risparmio fiscale e portare a preferire il certo dello sconto immediato di un pagamento in nero”, continua il giornale.

ENERGIA, TAGLI AI MINISTERI PER BILANCIO

“Impegnativa in termini generali, proporzionale alla dimensione dei singoli bilanci nelle sue manifestazioni particolari, la cura dei tagli imposta dalla legge di bilancio ai ministeri resta tutta da misurare nelle sue conseguenze operative. Che dipenderanno da come ogni amministrazione riuscirà a gestire un conto che in tre anni vale 7,7 miliardi di euro, di cui 2,64 sul 2025: cifra molto complicata da raggiungere con un semplice sfoltimento degli eventuali “sprechi” presenti ancora in tanti rami della Pa o limitandosi a ridurre la spesa per l’«amministrazione generale», che infatti copre una quota molto minoritaria dei tagli. Anche perché non siamo all’anno zero, e il nuovo giro di forbici arriva ad accelerare un processo che è stato avviato nel 2022 ed è arrivato quest’anno a chiedere 1,2 miliardi (e 1,5 il prossimo). Come nelle puntate precedenti, lo stesso ministero dell’Economia che ha concepito i tagli è anche inevitabilmente il più colpito. A Via XX Settembre la richiesta triennale arriva a 2,2 miliardi; e con gli oltre 1,1 miliardi chiesti al ministero delle Imprese e del made in Italy i due dicasteri economici per eccellenza sono chiamati a sopportare da soli il 43% dei tagli complessivi. (…) Perché anche alle Infrastrutture guidate da Matteo Salvini, che alla vigilia della manovra aveva annunciato incontri con Giorgetti per «difendere il budget del ministero», arriva una richiesta da quasi 825 milioni; poco sopra i 700 milioni si ferma la tagliola prevista per il ministero dell’Università mentre la dieta chiesta al Viminale sfiora i 610 milioni”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“A casa propria, il ministero dell’Economia decide di sfoltire soprattutto il programma intitolato ad accertamento e riscossione delle entrate, con un taglio da 536 milioni in tre anni da leggere insieme ai 75 milioni abbondanti chiesti alla Guardia di finanza. Ma il dazio è consistente anche per gli «incentivi alle imprese», che perdono 420 milioni nello stesso arco temporale, e per voci come la «ricerca di base e applicata» (380 milioni)”, continua il giornale.

“Pesante il taglio per il ministero delle Imprese e del made in Italy, che dovrà contribuire alla spending per 1,13 miliardi nel triennio: 366 milioni nel 2025, 376 milioni nel 2026 e 388 milioni nel 2027. A essere penalizzata è quasi interamente la missione “Competitività e sviluppo delle imprese” (1,10 miliardi nel triennio) e in particolare, al suo interno, il programma “Incentivazione del sistema produttivo” (circa 560 milioni). (…) Non necessariamente però saranno queste misure a essere definanziate, perché il ministero potrà proporre modifiche al Tesoro e riequilibrare i tagli agendo in misura maggiore su voci o incentivi ritenuti inefficaci o dal basso tiraggio, cercando anche di sfruttare il prossimo decreto legislativo in attuazione della delega di riordino degli incentivi. Decreto che – dopo il primo, appena esaminato dal consiglio dei ministri, che prevede la creazione di un Codice unico per la parte procedurale – sarà chiamato a sfoltire il quadro delle agevolazioni”, continua il giornale.



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