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Testo Unico Edilizia, quanti cambiamenti: come Salva Casa e Superbonus hanno modificato le regole | Articoli #finsubito prestito immediato


L’Edilizia non ha pace e il DPR 380/01 neppure, tanto che – dopo l’ennesima modifica della legge Salva-Casa – la sua originaria definizione di Testo Unico diventa ambigua e fuorviante (anzi non più veritiera), perché unico non è più da un pezzo.

Stiano attenti allora gli operatori perché per avere il panorama completo delle norme occorre dotarsi anche di tutti i collaterali provvedimenti legislativi che ne hanno integrato (ma più spesso snaturato) i contenuti.

L’Autore ne esamina la decadenza del suo ruolo guida, oltremodo inquinata dall’uso improprio che il Legislatore ne ha fatto per introdurre importanti (ancorché inorganiche) innovazioni urbanistiche.


Le origini

Quando il Legislatore nell’ormai lontano 2001 pose mano al riordino della materia edilizia, devastata dalle ripetute modifiche analitiche di fine secolo, aveva avuto il nobile intento di razionalizzare tutta la legislazione vigente in “Materia Edilizia” ordinandola in una successione logica di argomenti, catalogandola in norme di legge e norme regolamentari
in funzione dei contenuti delle disposizioni indipendentemente dalla formula giuridica con cui erano state approvate e depurandola delle scorie inutili e sovrabbondanti (con l’aggiunta di qualche utile norma di completamento).

Quel che ne uscì fu il DPR n. 380/01 (sommatoria ragionata di un decreto legislativo (il 378) e di un DPR (il 379) che fu definito “Testo Unico dell’Edilizia”; titolo che era coerente con il contenuto e con l’intento del Legislatore che aveva inteso istituire un “sito” (un contenitore) in cui collocare le norme dell’Edilizia (e solo quelle) presenti e … future.

Ed era anche il riconoscimento giuridico dell’esistenza di una
materia edilizia”.

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Durante questi primi 23 anni di vita sono stati ben 65 i provvedimenti legislativi – al netto degli avvisi di rettifica – che sono intervenuti per apportare modifiche plurime al testo.

Si dirà che lo si è fatto per adeguarlo ai tempi; sarà anche così, ma sta di fatto che si è totalmente persa l’organicità dell’impianto originario e la sua immediata comprensibilità fondata su di una indubbia coerenza logica (di cui oggi non c’è più traccia).

 

Lo stato attuale

Le modifiche di volta in volta apportate incidenti sul testo originario spesso sono state di tale peso che non hanno modificato solo le disposizioni di singoli articoli ma addirittura hanno comportato l’inserimento di articoli nuovi, codificati con la numerazione bis, ter e addirittura quater. Tanto che oggi – stando solo alla Parte Prima del DPR – sono 11 gli articoli nuovi sui 51 originari (il 20%).

Con questi si è certamente persa l’originaria codifica del “peso giuridico” dei singoli articoli che (modificati sempre con provvedimenti di legge) non portano più quell’utile classificazione che li identificava ora come norma di legge (L) ora come norma regolamentare (R).

Operazione fisiologica, si dirà, esempio di vitalità e funzionalità del Testo Unico che ha saputo adeguarsi nel tempo all’evolversi della materia e che resta pure sempre l’“UNICO” contenitore delle norme in materia edilizia: dunque unico riferimento affidabile per gli operatori del settore, anzi per tutti coloro che si vogliono documentare sulle regole edilizie.

Il fatto è che non è così.

 

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Ad esempio non tutto il Salva-Casa è stato possibile riportare nel testo del DPR 380/01

Basterà guardare alle ultime “revisioni” del DPR 380/01 apportate dal d.l. Salva–Casa (rectius: dalla legge n. 105/2024) per accorgersi che non tutte le modifiche sono state inserite nel corpo aggiornato del DPR, perché l’articolo 2 (inerente le strutture amovibili realizzate in epoca Covid-19) e l’articolo 3 ne restano esclusi e per conoscerne il contenuto occorrerà anche in futuro uscire dal testo del DPR 380/01 e fare riferimento al testo della legge n. 105/2024.

E non sono disposizioni da poco perché (ad esempio) all’articolo 3:

  • il comma 4-bis (innovando sostanzialmente la previgente normativa) prevede la sanabilità delle violazioni paesaggistiche ante 11 maggio 2006 ed integra espressamente i commi 4, 5, 5-bis e 6 dell’articolo 36-bis del DPR 380-01,
  • così come il comma 2, integra i commi 1-bis, 2-bis, 3-bis dell’articolo 34-bis e, in parte i commi dell’articolo 34-bis e, ancora,
  • il comma 1 integra il comma 1-bis dell’articolo 34- bis del DPR 380/01.

L’articolo 2 poi riguarda la possibilità di sopravvivenza delle opere ex Covid-19.

Se ne deduce immediatamente che il corpo delle norme edilizie del DPR 380/01 va integrato (letto in combinato disposto) almeno con gli articoli 2 e 3 della legge n. 105/2024 (per l’articolo 2-bis facciamo venia visto che si riferisce ad un caso molto particolare (le zone devastate dalla catastrofe del Vajont).

 

A proposito delle opere ex Covid-19

Il richiamo che la legge 105/2024 all’articolo 2 fa alle opere ex Covid-19 ci rammenta che dette opere sono state disciplinate originariamente dall’articolo 264, co.1, lett. f) del d.l. 19.05.2020, n. 34 (poi convertito il legge 17.07.2020, n.77) e, da ultimo, dalla legge 11.06.2021, n. 87 – articolo 11-terdecies, co. 1 – (che ha convertito il d.l. 22.04.2021, n. 52) il quale, oltre a prevederne l’eccezionalità della realizzazione, ne disponeva la rimozione al 31.12.2021 (e comunque al cessare della situazione di emergenza).

In altri termini queste opere – di evidente impatto edilizio e urbanistico (ancorché previsto temporaneo) – sono da sempre state estranee e collaterali al Testo Unico dell’Edilizia, introdotte con un provvedimento omnibus che di edilizio specifico aveva poco.

Si dirà che l’eccezionalità e la contingenza del caso hanno giustificato una disciplina edilizia eccezionale tramite uno strumento incongruo (e questo è vero), però – come si vede – gli effetti hanno inciso sull’uso del territorio (alias urbanistica ed edilizia) tanto da indurre il Legislatore a dare oggi diposizioni in merito per renderle organiche e permanenti. Come si suol dire “a volte ritornano” (evidentemente quelle strutture precarie e temporanee non sono state rimosse, ma di questo riparleremo a tempo debito).

Ma non è stato neppure il primo caso e neppure l’unico in cui il Legislatore ha operato al di furori della “materia di competenza”.

Ci sono illustri precedenti.

 

Il cappotto cambia le distanze

Già nel 2014 il d.lgs. n 102 (all’articolo 14, co. 6 e 7) aveva inciso sulla modalità di calcolo delle distanze e delle altezze degli edifici qualora fossero conseguenti alla realizzazione di un “cappotto termico”, con previsione di esonero, più o meno articolato, dello spessore del muro; modalità poi in parte riviste, ma di fatto confermate in deroga al criterio canonico di calcolo, nell’articolo 13 d.lgs. n. 73/2020 (con questa norma addirittura lo spessore di un muro dipende dalla riduzione della trasmittanza per cui un parametro metrico può variare nel tempo in funzione di un parametro energetico! Ovvero: il principio di relatività applicato all’edilizia. (v. InGenio 26/01/2021 : “Per il “cappotto” norme edilizie tagliate su misura).

 

La soluzione energetica cambia la categoria delle opere

A partire dal 2022 con l’articolo 9, co. 1 del d.l 1.03.2022 n.17 (poi l. 27.04.2022, n. 34: “Semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione di interventi di efficienza energetica e piccoli impianti a fonti rinnovabili”) che ha modificato l’articolo 7-bis, co. 5 del d.lgs. n. 28/2011
(introdotto nel 2014 con l’articolo 31 del d.l. n.91) si disponeva che “gli impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici …. ecc., ecc. ….” fossero considerati interventi di “manutenzione ordinaria” (!) con una serie di altre agevolazioni ed esoneri anche dai vincoli paesaggistici. Definizione poi estesa anche agli impianti eolici fino a 20 kW dal d.l. 2 dal d.l. 24.02.2023, n. 13.

In discontinuità peraltro con la precedente disposizione della legge n. 10 del 1991Norme per l’attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e delle fonti rinnovabili di energia” che all’articolo 26, al comma 1, secondo periodo, affermava cheGli interventi di utilizzo delle fonti di cui all’articolo 1 in edifici e impianti industriali non sono soggetti ad autorizzazione specifica e sono assimilati a tutti gli effetti alla manutenzione straordinaria di cui agli articoli 31 e 48 della legge 5 agosto 1978, n. 457. …

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E ancora (sempre al comma 1, terzo periodo) che “… negli edifici esistenti (e cioè tutti n.d.r.) e negli spazi liberi annessi …” impianti solari e pompe di calore … destinati alla produzione di acqua calda e aria … è considerata estensione dell’impianto idrico-sanitario già in opera”.

La coerenza non è di casa. Una definizione tecnica non può variare e opere di “manutenzione straordinaria” diventare “ordinarie” a seconda del fine perseguito (v. InGenio 20/05/2022: “Fotovoltaico ed edilizia libera: l’illogica formulazione della norma”).

 

Il SuperBonus cambia tutto: categoria delle opere e atti abilitativi

Nel 2020 con l’articolo 119, co. 13-ter del d.l. n. 34, tutta una serie di interventi tesi al miglioramento energetico con il Bonus-110 sono stati tout court classificati manutenzione straordinaria statuendo che la procedura di abilitazione era una C.I.L.A esonerata però dalla verifica dello stato legittimo (la cosiddetta C.I.L.A.S.). In un solo colpo si è inciso sia sulla definizione della tipologia di opere che sul procedimento abilitativo! In totale autonomia rispetto al DPR 380/01 e in dispregio dei principi che ne reggono la logica.

Per incentivare la ripresa economica si sono chiusi entrambi gli occhi sulla legittimità implicitamente consentendo interventi potenzialmente abusivi (con finanziamenti pubblici).

Ometto per brevità tutta una congestionata serie di “anomalie” specifiche introdotte sulle procedure dei Bonus edilizi che abbiamo ripetutamente commentato su questa Rivista (v. InGenio 02/06/2021: “Semplificazione e Superbonus: rose … e spine dell’ultimo decreto-legge e 28/06/2021: Superbonus 110, Semplificazione, Sanatoria: lo scenario prossimo venturo).

 

Motivazioni settoriali, contingenti e incongrue

Anche qui si dirà che l’eccezionalità della fattispecie motivava una trattazione specifica (e derogatoria), ma questa giustificazione appare superficiale e sommaria; per raggiungere obiettivi specifici non c’è bisogno di alterare i cardini fondanti di una materia inducendo confusione sul lessico e sui concetti di base, sia che si tratti di obiettivi temporanei e transitori (i Bonus edilizi) sia, a maggior ragione, che si tratti di obiettivi strategici come la transizione ecologica, il contenimento energetico o la rigenerazione urbana.

Di tutte queste normative collaterali di cui si è detto non c’è stato recepimento nel DPR 380/01, ma hanno vissuto (e in parte ancora vivono) separatamente in un tripudio di settorialità per materia.

Alla salute della uniformità di linguaggio e procedure cui tendevano gli sforzi dello stesso Legislatore quando redigeva il Glossario dell’Edilizia libera, l’Allegato “A” al d.lgs. n 222/2016 e l’Intesa Stato-Regioni per le Definizioni Tecniche Uniformi.

Così l’edilizia ha perso la dignità di materia tecnica (oggettiva), piegata ad interpretazioni funzionali agli obiettivi di altri settori – certamente nobili e anche condivisibili – che però potrebbero essere raggiunti senza strapazzare nozioni che, in quanto tecniche hanno (o, quantomeno, dovrebbero avere) una loro obiettività e soprattutto condivisione generalizzata.

 

Un’annotazione a chiarimento

La puntuale e analitica elencazione dei precedenti legislativi che hanno introdotto le norme dianzi commentate non ha voluto essere una stucchevole esibizione nozionistica, ma la documentata dimostrazione di quanto poco ci sia di “tecnico” in tali norme, e quanto invece di finalità momentanee (e per di più volubili) sempre motivate con l’affanno dell’urgenza e indifferibilità. Una sorta di “leggi ad personam”.

Una prima conclusione: il (cosiddetto) Testo UNICO non è più UNICO

Per effetto di questi interventi spot – spuri e gioco forza mal coordinati con l’assetto logico-organico della materia – hanno perso di attualità anche quei provvedimenti dianzi richiamati (il Glossario dell’Edilizia Libera e l’Allegato “A” al d.lgs. 222/2016) mai più aggiornati alle ripetute modifiche successive e pertanto, ad oggi, incompleti o, peggio, ingannevoli e fuorvianti.

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Che ci piaccia o no (e a me non piace) il DPR 380/01 non può più dirsi il Testo UNICO dell’Edilizia
perché per conoscere davvero il panorama della legislazione in materia occorre consultare anche il più ampio spettro delle norme aggiunte con la più disparata motivazione.

 

Ma il DPR 380/01 non parla neppure più solo di Edilizia

A dire il vero già dall’origine il DPR 380/01 aveva sconfinato nell’urbanistica quando, all’articolo 9 (titolato “Attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica”) si era preoccupato di definire l’edificabilità nelle aree con vincolo decaduto, norma di evidente contenuto pianificatorio (in quanto attribuisce indici) e non edilizio in senso stretto.

Invasione di campo che sarebbe anche stata scusabile in via eccezionale per statuire con norma di legge quel che la giurisprudenza del Consiglio di Stato aveva fino ad allora solo “interpretato”.

Ma, in attesa della legge urbanistica di principi il Legislatore si è sentito autorizzato ad usare il Testo Unico dell’Edilizia per ulteriori integrazioni della norma urbanistica.

Nel 2014: Lo ha fatto col d.l. 12 settembre 2014, n. 133, (cosiddetto Sblocca Italia) convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164 con cui ha aggiunto al DPR 380/01:

  • l’articolo 3-bis – introdotto dall’articolo 17, comma 1, lettera b) – che invita gli strumenti urbanistici ad una ricognizione degli edifici “non più compatibiliattribuendo agli stessi la facoltà di disporre forme di compensazione alternative all’espropriazione (più urbanistica di così!)
  • l’articolo 28-bis – introdotto dall’articolo 17, comma 1, lettera q)che prevede il permesso di costruire convenzionato
    alternativo al piano particolareggiato di cui rappresenta una sottospecie semplificata. Anche a voler considerare quest’ultimo rientrante nella materia edilizia non v’ha dubbio che l’articolo 3-bis è di natura pianificatoria
  • l’articolo 23-ter
    – introdotto dall’articolo 17, comma 1, lettera n) – poi modificato ampiamente dall’articolo 1, comma 1, lettera c), numero 01) e 1) del d.l. 29 maggio 2024, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 luglio 2024, n. 105 con cui aveva classificato le destinazioni d’uso urbanisticamente rilevanti.

Nel 2020: Lo ha fatto di nuovo (e in maniera ancor più incisiva) con l’articolo 10, comma 1, lettera m-bis), del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120 che ha introdotto l’articolo 23-quater
il quale dichiara espressamente di avere lo “scopo di attivare processi di rigenerazione urbana, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione”. Tema indiscutibilmente urbanistico.

La rigenerazione urbana
è così stata forzosamente ricondotta (e declassata) a tema edilizio.

Oggi: Anche il Salva-casa si inserisce in questa modalità quando all’articolo 1, lett.c) nuovamente modifica le definizioni di Variazione essenziale dell’articolo 23-ter liberalizzando oltremodo le trasformazioni d’uso (con e senza opere) dichiaratamente deducendone quali siano quelle “urbanisticamente rilevanti”; anzi asserendo essere queste “norme di principio” cui le regioni devono adeguarsi in quanto finalizzate (se stiamo alle dichiarazioni introduttive) a “rilanciare il mercato delle compravendita immobiliare” e, soprattutto, al “riutilizzo del patrimonio edilizio esistente al fine di contenere il consumo di suolo e favorire processi di rigenerazione urbana … (!)”

Al di là di ogni valutazione di merito certo è che dal punto di vista logico-sistematico (ed estetico) la destinazione d’uso – classico tema urbanistico strategico della pianificazione – è stata surrettiziamente
ricondotta ad una tema edilizio
demandandole impropriamente l’onere della Rigenerazione Urbana (ma di questo riparleremo).

In definitiva: Il DPR 380/01 non è neppure più un testo dell’Edilizia, ma un coacervo incompleto di norme ora edilizie ora urbanistiche.

E’ davvero il momento di mettere un po’ d’ordine: concettuale prima e metodologico poi.



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