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in Italia stabile la povertà assoluta, cresce quella relativa #finsubito prestito immediato


In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà, che quest’anno ha per tema  “Porre fine al maltrattamento sociale e istituzionale: agire insieme per società giuste, pacifiche e inclusive” il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha ricordato che «La povertà è una piaga globale che colpisce centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Ma la povertà non è inevitabile. E’ il risultato diretto delle scelte che le società e i governi fanno – o non riescono a fare. Il tema di quest’anno ci ricorda che le persone impantanate nella povertà devono lottare contro la discriminazione sociale e le barriere sistemiche che rendono più difficile l’accesso a servizi e sostegno vitali. Porre fine alla povertà globale – e raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) – richiede che i governi modellino istituzioni e sistemi che mettano le persone al primo posto. Richiede di dare priorità agli investimenti nel lavoro dignitoso, nelle opportunità di apprendimento e nella protezione sociale che offrono una via d’uscita dalla povertà. E ci invita ad attuare pienamente il nuovo Pact for the Future sostenendo uno stimolo agli SDG e riformando l’architettura finanziaria globale per aiutare i paesi in via di sviluppo a investire nelle loro popolazioni. Eradicare la povertà è un fondamento essenziale per società umane e dignitose che non lasciano nessuno indietro. In questo giorno importante, impegniamoci nuovamente a rendere la povertà una vecchia storia».

Ma le statistiche sulla povertà pubblicate oggi dall’Istat ci dicono che la povertà è una storia ancora attuale anche in un Paese sviluppato come l’Italia e che le politiche del governo Meloni – nonostgante la narrazione mediatica di un’Italia che cresce – non solo non sono riuscite a diminuirla, ma stanno fiaccando le politiche necessarie per contenerla.  

Il rapporto Istat rivela che nel 2023 erano in condizione di povertà assoluta poco più di 2,2 milioni di famiglie (8,4%) e quasi 5,7 milioni di individui (9,7%), valori stabili rispetto al 2022. L’Istat evidenzia la crescente ingiustizia sociale e fa giustizia di diverse convinzioni e fake news: «L’incidenza della povertà assoluta fra le famiglie con almeno uno straniero è pari al 30,4%, si ferma invece al 6,3% per le famiglie composte solamente da italiani».

E il rapporto affronta anche il tema del lavoro povero che non viene mai citato nelle scintillanti dichiarazioni governativ: «Nonostante l’andamento positivo del mercato del lavoro nel 2023 (+2,1% di occupati in un anno), registrato anche nei due anni precedenti, l’impatto dell’inflazione ha contrastato la possibile riduzione dell’incidenza di famiglie e individui in povertà assoluta. Nel 2023, la crescita dei prezzi al consumo è risultata, infatti, ancora elevata (+5,9% la variazione dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo, IPCA), con effetti che, tra l’altro, risultano più marcati proprio sulle famiglie meno abbienti (+6,5% la variazione su base annua dei prezzi stimata per il primo quinto di famiglie; cfr. Glossario alla voce Quinti di famiglie). Le spese per consumi di questo gruppo di famiglie, che include anche quelle in povertà assoluta, non hanno tenuto il passo dell’inflazione e, pur in forte crescita in termini correnti, hanno subito un calo dell’1,5% in termini reali della spesa equivalente (su questo aspetto si veda la Statistica report “Le spese per i consumi delle famiglie” del 10 ottobre 2024)».

E mentre il governo si prepara a tagliare aiuti e incentivi, il rapporto fa presente che  «I bonus sociali per l’energia e il gas – seppur fortemente ridimensionati nel 2023 rispetto al 2022 – hanno contribuito a contenere la crescita della povertà; si stima, infatti, che questa misura ne abbia ridotto l’incidenza di quattro decimi di punto rispetto ai sette decimi dello scorso anno».

Su tutto questo potrebbe calare come una mannaia l’autonomia differenziata, visto che «L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si mantiene più alta nel Mezzogiorno (dove coinvolge oltre 859mila famiglie, 10,2%,), seguita dal Nord-ovest (8,0%, 585mila famiglie) e Nord-est (7,9%, 413mila famiglie), mentre il Centro conferma i valori più bassi (6,7%, 360mila famiglie). Tra le famiglie povere, il 38,7% risiede nel Mezzogiorno (41,4% nel 2022) e il 45,0% al Nord (42,9% nel 2022). Il restante 16,2% risiede nel Centro (15,6% nel 2022).  La stabilità dell’incidenza di povertà registrata a livello individuale è frutto di dinamiche territoriali differenti: aumenta per i residenti nel Nord-ovest (9,1% dall’8,2% del 2022), mentre si riduce per chi vive nel Sud (12,0% dal 13,3% del 2022)».

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L’incidenza di povertà assoluta cresce tra i minori:  13,8% e quasi 1,3 milioni di bambini e ragazzi, rispetto al  13,4% del 2022, valore più elevato della serie storica dal 2014, mentre è stabile all’11,8%  – 1 milione 145mila – fra i giovani di 18-34 anni (pari a circa, stabile rispetto al 2022); per i 35-64 enni si conferma al 9,4%, avalore massimo raggiunto dalla serie storica. Sostanzialmente invariata è la povertà assoluta fra gli over 65 (6,2%, quasi 887mila persone).

La situazione è in crescita numerica di individui per la soglia di povertà relativa familiare (pari a 1.210,89 euro per una famiglia di due componenti, valore superiore ai 1.150,00 euro del 2022), per l’Istat. «Nel 2023, le famiglie in condizioni di povertà relativa sono più di 2,8 milioni (10,6%, stabile rispetto al 2022), per un totale di oltre 8,4 milioni di individui (14,5%, in crescita rispetto al 14,0% dell’anno precedente). Rispetto al 2022, l’incidenza di povertà relativa familiare è stabile in tutte le di ripartizioni territoriali, mentre a livello individuale si registrano segnali di peggioramento nel Nord-ovest (10,1%, dal 9,0% del 2022). L’intensità della povertà relativa si attesta al 20,5%, in linea con il valore del 2022 (20,7%). Le dinamiche da segnalare riguardano l’aumento dell’intensità in tutto il Nord (sia nel Nord-est che nel Nord-ovest, dove è pari a 19,4% e 19,9%, rispettivamente), e al Centro (20,2%), mentre il Mezzogiorno segnala una riduzione che porta i valori dell’intensità al 20,9%».

E il rapporto sfata anche il mito delle piccole comunità felici: i comuni più piccoli fino a 50mila abitanti e diversi dai comuni periferia dell’area metropolitana mostrano il valore povertà relativa più elevato (11,9%), a eccezione del Mezzogiorno, dove anche i comuni centro dell’area metropolitana presentano i valori di incidenza più elevati (20,9%).

La classificazione delle famiglie in povere e non povere, ottenuta attraverso la linea convenzionale di povertà relativa, può essere articolata ulteriormente con l’utilizzo di soglie aggiuntive, corrispondenti all’80%, al 90%, al 110% e al 120% di quella standard. Nel 2023, le famiglie “sicuramente” povere (con livelli di spesa mensile equivalente sotto la linea standard di oltre il 20%) sono pari al 4,6% (stabile rispetto al 2022), con valori più elevati nel Mezzogiorno (9,0%). Quelle “appena” povere (spesa inferiore alla linea di non oltre il 20%) sono il 6,0% e raggiungono il 10,7% nel Mezzogiorno. Tra le “appena” povere, il 3,3% presenta livelli di spesa per consumi molto prossimi alla linea di povertà (inferiori di non oltre il 10%); nel Mezzogiorno sono il 6,0%.



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