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Resistenza sugli alberi | il manifesto #finsubito prestito immediato


La lotta per difendere gli alberi si perde nei secoli. Nel 1730 Amrita Devi, una donna della comunità Bishnoi in India, abbracciando gli alberi si oppose ai soldati che volevano tagliarli, seguita dalle sue figlie e dagli altri abitanti. Il loro sacrificio (furono massacrati a centinaia), ispirò le donne Chipko (in hindi significa abbraccio), che negli anni ‘70, aggrappandosi ai tronchi, contrastavano la deforestazione. Dall’India alla California, Julia Butterfly Hill dal 1997 al 1998 restò su una sequoia per protestare contro la deforestazione. Un esempio che rimbalzò in tutto il mondo, dando vita a forme di protesta “in quota”. La più lunga e duratura fu nella foresta di Hambach, in Germania, dove dal 2012, i giovani accorsero per impedire alla miniera di carbone di espandersi, arrampicandosi su centinaia di alberi e creando zone autonome e autogestite. Ma solo negli ultimi anni la lotta per salvare gli alberi è diventata “urbana”.

A PARIGI nel 2022 Thomas Brail arboricoltore e scalatore, stette per tre mesi arrampicato su un albero, salvando così i 42 alberi attorno alla Torre Eiffel. Più recentemente Extinction Rebellion ha utilizzato questa modalità di resistenza pacifica. Come Cosimo del Barone Rampante di Calvino, a Vicenza, dalla fine di aprile attiviste e attivisti si sono arrampicati sugli alberi del Bosco urbano Lanerossi per difenderlo dal taglio dovuto ai cantieri della Tav. A Bologna questa estate il Comitato Besta è riuscito a salvare il parco Don Bosco, grazie ai giovani appollaiati sugli alberi, nonostante l’intervento violento della polizia con motoseghe azionate a pochi centimetri dei ragazzi. Una sorte diversa per il parco “Chico Mendes” sempre a Bologna (sindacalista brasiliano assassinato nel 1988 per la sua lotta a difesa degli alberi) disboscato per i cantieri del lotto zero del Passante di Mezzo (ampliamento della tangenziale). Corsi e ricorsi storici.

A REGGIO EMILIA i ragazzi di XR continuano a difendere un boschetto urbano (dove verrà costruito un supermercato), mentre a Gallarate sono stati brutalmente cacciati e gli alberi abbattuti. Si abbatte per costruire nuovi parcheggi, centri commerciali, scuole (senza ristrutturare le esistenti) per riqualificare le piazze, per ampliare strade e per una rincorsa al rischio zero. Il tutto usando fondi pubblici, per lo più europei (Pnrr) in contrasto con il principio do not significant harm.

In 40 anni non ho mai visto una mattanza così. Progetti faraonici, frettolosi messi lì solo per accaparrarsi soldi pubblici, con alberi che diventano ostacoli Daniele Zanzi

«In 40 anni non ho mai visto una mattanza così – racconta sconcertato Daniele Zanzi, ambientalista e agronomo, uno dei maggiori esperti nel campo – Progetti faraonici, frettolosi messi lì solo per accaparrarsi soldi pubblici, con alberi che diventano ostacoli. Le perizie si concentrano a ricercare i difetti, che è inevitabile trovare in ogni essere vivente». Gli alberi sono ormai considerati oggetti di arredo, da cambiare se non sono più di moda. Ma la gente non ci sta e (in)sorge: dai residenti agli studenti, dai pensionati ai giovani arrampicatori. Gli operai vengono mandati di notte per evitare le proteste, spesso scortati dalla polizia.

La difesa degli alberi si fa non solo dall’alto degli alberi ma anche nei tribunali. Le recenti sentenze del Tribunale di Torino e di quello di Piacenza faranno giurisprudenza con gli alberi necessari alla salute e al benessere psico-fisico dei cittadini.
Lungo tutta la riviera adriatica è strage di pini, erroneamente considerati pericolosi. A Lido di Savio, 50 pini sani e di grandi dimensioni saranno a breve abbattuti. «La cosa paradossale è che tutte queste azioni sono chiamate forestazione urbana, cioè si eliminano le alberature storiche sostituendole con nuovi alberelli, che spesso non sopravvivono al primo anno per siccità e mancanza di cura» denuncia il comitato “Salviamo i pini”.

Secondo Mario Bencivenni, storico attivista di Italia Nostra Firenze «chi ci ricava è tutta la filiera dei vivai e delle ditte che in esternalizzazione, al massimo ribasso e senza alcun controllo pubblico, abbattono e ripiantano».
A Cuneo è imminente l’abbattimento dei 10 maestosi cedri di piazza Europa. Tanti i comitati che si sono coalizzati per salvare il parco. «Il progetto di riqualificazione è finanziato con 3,3 milioni di euro dal Piano Periferie che dovrebbero essere destinati alla valorizzazione delle periferie ma si usano per tagliare grandi alberi in città». I cittadini si sono rivolti alla presidenza del Consiglio dei ministri, ma senza successo. Spesso si abbattono alberi con semplici “valutazioni a vista”, nonostante il Consiglio di Stato abbia dichiarato che siano necessarie perizie tecniche strumentali. A Catania questa estate a causa di tagli e potature in periodo di nidificazione (vietate dal regolamento comunale, dalle leggi regionali e nazionali) sono caduti nidi e trovati morti piccoli pulli.

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ANCHE AD ARGENTA, in provincia di Ferrara, in queste settimane stanno abbattendo alberi di alto fusto nel parco Melvin Jones, per costruire una scuola peraltro in zona a rischio di esondazione, vicino al Reno e anche qui i residenti si ribellano. Stanno nascendo anche nei piccoli paesi azioni di guerriglia verde, con i cittadini armati di piccone che liberano gli alberi dal cemento che li soffoca, creando aiuole tutto intorno. Una disobbedienza civile che in Svizzera avviene da anni (con l’associazione “spacca asfalto”).
Oltre ai fondi Pnrr anche la crisi climatica ha dato paradossalmente una brusca accelerazione al taglio di alberi in città, con la rincorsa del rischio zero (dal pericolo di caduta per vento forte). Ma è un corto circuito perché senza alberi le città saranno ancora meno resilienti ai cambiamenti climatici.

Secondo Marco Dinetti della Lipu: «Oltre a mitigare le isole di calore, assorbire CO2, far da filtro alle polveri sottili, assorbire i rumori, ospitare la biodiversità, gli alberi con le loro radici trattengono il terreno, favoriscono la graduale infiltrazione delle acque nelle falde idriche e quindi riducono il rischio di frane o allagamenti in città. I grandi alberi sono ovviamente più utili dei piccoli. È bene sapere inoltre che molti alberi malati, potrebbero essere curati attraverso le tecniche oggi disponibili».
Secondo gli esperti i benefici ecosistemici di un albero adulto saranno compensati solo dopo 20-30 anni dalla piantumazione di piccoli alberelli. Insomma proprio quando il pericolo dell’emergenza climatica incombe, tagliamo l’ultimo ramo dove siamo seduti.



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