Il progetto è molto ambizioso, e partendo dall’esperienza in Sardegna, potrebbe essere replicato in diverse regioni italiane. Si tratta di Strong Sea Life e punta a recuperare una delle più gravi minacce ambientali dei nostri mari: le reti da pesca abbandonate, responsabili del 10 per cento dell’inquinamento marino.
Il progetto è partito a dicembre del 2021, ha una durata di cinque anni e gode di un importante contributo da parte dell’Unione europea: 2,8 milioni di euro. Capofila è l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), con la collaborazione di istituzioni regionali e cooperative. L’obiettivo è salvaguardare l’ecosistema marino dalle reti che soffocano posidonia e coralli, e intrappolano, fino a ucciderli, pesci, molluschi e crostacei. La zona-chiave per la parte operativa è il Golfo dell’Asinara, in Sardegna, dove sono già state raccolte 4 tonnellate di rifiuti di reti da pesca. <Un risultato più che soddisfacente> commenta Serena Lomiri di Ispra. E aggiunge: <Abbiamo avuto un grande supporto dai pescatori, dai residenti della zona e dal Corpo Forestale).
Dove finisce la plastica delle reti recuperate? Qui il cerchio anti-spreco del progetto si chiude. Quelle che sono in condizioni migliori vengono affidate a una cooperativa di Nuoro, la Desacré, che lavora nel sociale, nelle carceri e con ragazzi disabili, composta da sole donne, e crea braccialetti, borse, agende e anche un abito scultura esposto al momento alla sede del Parco dell’Asinara. Le reti che non sono in condizioni di essere riutilizzate, vengono spedite a un impianto di riciclo che si trova a Pordenone. E qui si realizzano dei pannelli che a loro volta sono utilizzati per fare pavimentazione stradale, panchine, vasi, fioriere.
Il progetto è candidato al Premio Non Sprecare 2024, nella sezione Istituzioni. Per candidare i vostri progetti, seguite le istruzioni fornite qui.
L’immagine di copertina è tratta dalla pagina Facebook dell’azienda
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