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La rendicontazione della sostenibilità alla luce degli ESRS: novità e sviluppi futuri #finsubito prestito immediato


Soft skills, si avvicina il primo evento relativo al progetto di Confprofessioni Nord-est per gli studi professionali – appuntamento a Mestre (VE) il prossimo 15 novembre “Pensare, implementare e gestire nuovi servizi professionali” – per adesioni: https://apriformazione.eu/corsi-in-programma/pensare-implementare-e-gestire-nuovi-servizi-professionali/. Vediamo di anticipare qualche tematica.

La sostenibilità e le tematiche ambientali, sociali e di governance stanno assumendo una portata sempre più rilevante anche in ambito corporate.

Lo dimostra la crescente richiesta degli stakeholders di integrare nelle politiche strategiche aziendali i cd. fattori ESG, ossia un’ampia gamma di criteri utilizzati per valutare l’impatto di un’azienda nell’ambito ambientale (Environment), sociale (Social) e di governance (Governance).

Gli ESG svolgono oggi un ruolo strategico fondamentale, poiché rappresentano uno strumento chiave nel reporting aziendale della sostenibilità, che consente agli stakeholder di prendere decisioni più informate e razionali. Attraverso questi criteri le aziende dimostrano infatti trasparenza e responsabilità, elementi essenziali per costruire fiducia e successo nel tempo.

La maggiore attenzione al tema della sostenibilità e degli ESG ha spinto dunque il legislatore internazionale ed europeo ad adottare molteplici quadri normativi, tra questi i nuovi standard tecnici europei ESRS (European Sustainability Reporting Standard).

Gli ESRS si articolano nella fattispecie in 12 standard: due trasversali “cross cutting” di ambito generale con cui si definiscono i concetti fondamentali (ESRS 1 Prescrizioni generali) e si stabiliscono le informazioni che devono essere obbligatoriamente fornite dall’impresa sulla governance degli ambiti di rendicontazione, sulla strategia, sulla gestione di impatti, rischi e opportunità e su metriche e obiettivi (ESRS 2 Informazioni generali), nonché dieci ESG tematici, di cui cinque ambientali (E1 Cambiamenti climatici, E2 Inquinamento, E3 Acque e risorse marine, E4 Biodiversità ed ecosistemi, E5 Uso delle risorse ed economia circolare), quattro sociali (S1 Forza lavoro propria, S2 Lavoratori nella catena del valore, S3 Comunità interessate, S4 Consumatori e utilizzatori finali) e uno di governance (G1 Condotta delle imprese).

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Gli ESRS sono stati approvati dalla Commissione su parere tecnico fornito dall’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) con il Regolamento delegato 2023/2772/UE del 31 luglio 2023. Essi sono a tutti gli effetti parte integrante della Direttiva 2022/2464/UE cd. CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), riguardante la rendicontazione societaria di sostenibilità, che modifica l’obbligo di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario per le imprese di grandi dimensioni introdotto dalla Direttiva 2014/95/EU cd. NFRD (Non-Financial Reporting Directive).

La CSRD rappresenta quindi un’evoluzione normativa della NFRD espressamente voluta dal legislatore allo scopo di rafforzare e ampliare il quadro europeo di rendicontazione della sostenibilità.

Gli standard ESRS si applicano dal 1° gennaio 2024 o successivamente in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea e prevedono l’applicazione degli stessi dall’esercizio finanziario 2024 con prima dichiarazione di sostenibilità nel 2025 per le imprese già soggette alla NFRD mentre in altre grandi società e società quotate extra UE si applicheranno dall’anno finanziario 2025, con prima dichiarazione di sostenibilità nel 2026.

Anche le PMI quotate (comprese le PMI quotate extra UE), le istituzioni creditizie piccole e non-complesse, imprese di assicurazione e imprese di riassicurazione captive saranno tenute all’adozione degli ESRS a partire però dall’anno finanziario 2026, con la prima dichiarazione di sostenibilità nel 2027, riconoscendo loro la facoltà di prorogare tuttavia gli obblighi di rendicontazione per due anni fino al 2028.

Dal 1° gennaio 2028 si aggiungeranno infine alla lista le società non UE con attività significative nell’UE.

Diverso è lo scenario pensato dallo standard setter per le PMI non quotate, per le quali ha cucito un principio volontario ad hoc basato su tre moduli (modulo base, modulo narrativo: politiche, azioni e obiettivi e modulo partner commerciali), che indirizza quest’ultime verso un’economia più sostenibile e inclusiva e le supporta nella gestione delle sfide ESG.

Sebbene le piccole e medie imprese non quotate non rientrino nell’ambito di applicazione della CSRD, queste sono fortemente incoraggiate ad applicare il principio e condividere le informazioni prodromiche al reporting sulla sostenibilità.

Gli ESRS hanno esteso quindi la rendicontazione a un numero più ampio di aziende rispetto a quello previsto dalla NFRD, hanno introdotto nuovi standard europei obbligatori per la rendicontazione della sostenibilità e hanno incluso in via obbligatoria il report nella Relazione sulla Gestione, allo scopo di presentare una disclosure delle informazioni più comprensibile, verificabile e comparabile, riducendo sia i costi di rendicontazione che la discrezionalità dell’impresa stessa.

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I nuovi standard ESRS hanno introdotto complessivamente un importante cambiamento nel quadro normativo, che richiede una veloce e profonda evoluzione organizzativa e culturale. Essi hanno virtuosamente preparato il terreno per nuovi sviluppi e aggiornamenti normativi, per esempio, in ambito di Greenwashing, con la Direttiva 2024/825/UE connessa alla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde (marzo 2024), in ambito di tutela penale dell’ambiente (marzo 2024) e di Ecodesign for Sustainable Product Regulation (aprile 2024), nonchè la Direttiva cd. Corporate Sustainability Due Diligence (maggio 2024) e il Regolamento sul ripristino della natura (giugno 2024).

CSRD e ESRS non puntano soltanto alla creazione di un nuovo e unico sistema di rendicontazione della sostenibilità, ma permettono alle aziende, e quindi indirettamente a tutti gli stakeholders, di diventare protagonisti di questo cambiamento nonché leader del mercato, consentendo loro di contribuire alla realizzazione del Green Deal ed altri ambiziosi obiettivi dell’agenda europea, come l’allineamento agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (SDGs), l’ottenimento di un vantaggio competitivo nell’ambito della transizione sostenibile rispetto al resto del mondo e la neutralità climatica europea entro il 2050.

Questo percorso, che unisce visione strategica e azione concreta, rappresenta oggi più che mai il ponte verso un futuro più sostenibile e prospero, dove la competitività economica da un lato e la sostenibilità dall’altro non sono più in contrasto, ma parte di un’unica missione comune.

Immagine di freepik



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