diMassimiliano Del Barba
Presentato lunedì al Made di Milano il nuovo strumento di consulenza per le Pmi lombarde che avrà una dotazione iniziale di 6 milioni di euro. Sono 116 i progetti già attivati
Milano – Il passaggio dal 4 al 5.0 del Piano che un tempo si chiamava Calenda — dal nome del ministro che ebbe il merito di tornare, dopo una lunga pausa, agli interventi strutturali di politica economica — fra le altre cose ha sancito il definitivo abbandono, in Italia, di una visione per così dire emozionale dell’innovazione, secondo cui l’idea, il prodotto o il servizio potessero scaturire da una disruption su modello californiano.
«Non è così e siam qui per dimostrare che l’innovazione, in Lombardia, è una filiera e si può costruire» ha detto il professor Marco Taisch, ordinario al Politecnico e soprattutto presidente del «Made», il Competence Center di Milano che ieri ha ospitato la presentazione al tessuto imprenditoriale regionale di «Mia», acronimo che sta per Innovation Manufacturing Alliance, network finanziato da Bruxelles e facente parte della rete degli European Digital Innovation Hub, poli di innovazione digitale riconosciuti dalla Commissione europea e nati per assicurare la transizione digitale dell’industria, con particolare riferimento alle Pmi.
Una alleanza, in altre parole, nata per mettere a terra e indirizzare i fondi di Industria 5.0 e del Pnrr evitando le ridondanze e gli sprechi partendo proprio dalla condivisione di esperienze e informazioni delle associazioni di categoria che rappresentano le diverse declinazioni del tessuto economico lombardo. «Dall’introduzione del piano Industria 4.0 nel 2017 a oggi — ha detto il presidente della rete dei Digital Innovation Hub lombardi Stefano Poliani, sollecitato dall’editorialista del Corriere della Sera, Massimo Sideri —, abbiamo incontrato oltre diecimila aziende e completato qualcosa come 700 assessment. Ne è emerso che le imprese hanno intrapreso un percorso di digitalizzazione e lo hanno fatto con concretezza e serietà. Cosa le limita? Ristrettezze economiche e mancanza di competenze».
La nuova alleanza — fra i sottoscrittori oltre al «Made» anche Confindustria, Cna, Confartigianato, Confcommercio, Intesa Sanpaolo, Afil e i cluster lombardi di Scienze della vita e Aerospazio — vuole rispondere proprio a questa istanza attraverso l’erogazione di servizi sviluppati ad hoc per l’innovazione dei prodotti e dei processi produttivi aziendali in ottica Industry 4.0, nonché l’accesso alla finanza pubblica. Attiva da circa sei mesi, «Mia» ha per ora una dotazione di 6 milioni di euro (ma potrebbe crescere) e ha già aperto le porte a 216 Pmi realizzando 116 progetti.
Abbandonata la logica degli aiuti a pioggia, l’approccio nell’utilizzo delle dotazioni di «Mia» vuole essere volutamente sartoriale. «A ogni azienda — ha proseguito Taisch — viene infatti offerta la possibilità di scegliere le tipologie di servizio più utili al raggiungimento dei propri obiettivi partendo da un audit preliminare che fotografa la situazione e individua necessità e possibili strumenti e processi da attivare, per proseguire poi con altre azioni come il “Test Before Invest”, la consulenza vera e propria, la formazione e l’accesso al credito».
Tema, quest’ultimo, sul quale si è speso anche Luca Felletti, Responsabile Finanziamenti agevolati di Intesa Sanpaolo, assicurando la presenza e l’appoggio della banca: «Contesto — ha detto — è la parola chiave: il denaro c’è e vincono le imprese che sanno entrare nelle filiere più innovative e internazionalizzate».
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