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L’analisi/ L’importanza di un nuovo “patto sociale” #finsubito prestito immediato


La convergenza della Confindustria rappresentata dall’impegno del suo presidente, Emanuele Orsini, con il Ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, per prevedere possibili tagli alle agevolazioni fiscali per le imprese – le tax expenditures – al di là del merito, è importante, se si consoliderà ed estenderà, per l’effetto-annuncio che potrebbe avere alla vigilia di una fase difficile e nella prospettiva del piano settennale prescritto dal nuovo Patto di stabilità europeo. Ed è importante, altresì, in vista della formazione di una equilibrata ed equa legge di bilancio. Le materie in discussione sono rilevanti. L’individuazione delle risorse necessarie per la Manovra del 2025 pongono problemi di redistribuzione del carico, con attenzione alle fasce deboli della società e, al contempo, di sostegno all’economia: un bilanciamento non facile, tuttavia cogente. Ora, al di là dei temi in discussione e in evoluzione, i quali riguardano il contributo straordinario delle imprese al Paese – tutto ancora da approfondire nei contenuti e nella durata, nonché nella coerenza con l’ordinamento – un raccordo tra il mondo dell’impresa e il Governo, ferma restando ovviamente la reciproca indipendenza, potrebbe allargarsi a un’ipotesi più ampia in vista di un “patto sociale” che veda la partecipazione di tutte le forze sociali e politiche: le cosiddette parti datoriali, i sindacati, le istituzioni.

Oggi il termine di “sacrifici” è ricomparso nel dibattito pubblico. Comparve nelle cronache dopo una famosa assemblea dell’Eur, nella quale l’allora leader della Cgil Luciano Lama lanciò questo tema come misura per concorrere, anche da parte del mondo del lavoro e della produzione, alla ripresa del Paese, e con la contropartita dell’avvio delle riforme di struttura, allora viste diversamente da oggi, nonché di quello che veniva definito inizialmente (salvo usurarsi successivamente) un nuovo modello di sviluppo. L’ipotesi dei sacrifici ebbe molti sostenitori, ma anche molti critici e, alla fine, non fece strada. Nel 1993 con Carlo Azeglio Ciampi presidente del Consiglio, fu introdotta la concertazione tra le parti sociali e il governo (imprese – sindacati – esecutivo) dopo un periodo durissimo che aveva visto il crollo della lira, il fallimento di imprese pubbliche, il dissesto di banche, la necessità di una pesantissima legge finanziaria. La scelta strategica si fondava, come altre volte abbiamo ricordato, sulla politica dei redditi, di tutti i redditi precisava Ciampi. L’esperimento valse a fronteggiare in qualche modo le conseguenze delle difficoltà economiche, finanziarie e sociali, ma non ebbe seguito nei successivi governi.

Oggi, le condizioni sono completamente diverse. Eppure uno schema trilatero di confronto verso la definizione di obiettivi e mezzi economici e sociali concordati, come quello del ’93, sarebbe ugualmente importante, senza togliere con ciò autonomia decisionale alle parti sociali e istituzionali, in particolare al ruolo del Parlamento. I passaggi e gli obblighi discendenti da accordi in sede europea e da scelte nazionali, a cominciare dalla transizione ecologica e da quella digitale, ma anche dagli impatti economici e finanziari delle due guerre in corso, innanzitutto per il settore energetico, potrebbero trovare in un “patto” della specie, adattato alle condizioni dell’oggi, un importante strumento per realizzare comportamenti coerenti soprattutto nelle specifiche finalità.

Va da sé che un ruolo non secondario svolge la politica monetaria. Nella visione di Ciampi c’erano la politica economica, quella di finanza pubblica, le politiche salariali e del lavoro e appunto la politica monetaria (allora di competenza della Banca d’Italia) che adesso è, invece, esercitata dalla Bce, nella sua autonomia, con riferimento all’Eurozona. E’ comunque necessario che l’esercizio di tale politica assolva il mandato per il conseguimento della stabilità monetaria, ma osservi anche l’impegno, sia pure subordinato ma a questa collegato, del sostegno alle politiche economiche dell’area. Ricordo, per esempio, che in relazione al pur non facile e variamente giudicato accordo di San Valentino sulla scala mobile del 1984, la Banca d’Italia decise un allentamento della politica monetaria, prendendo atto dell’impegno dell’intesa a ridurre gli impatti inflazionistici. Oggi un “patto sociale” potrebbe rappresentare una significativa innovazione e stimolare, pur nel necessario pluralismo sociale e politico, una coesione nell’affrontare questo non facile periodo di trasformazioni e di non comuni sfide.

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