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Le novità sul concordato nella liquidazione giudiziale nel nuovo correttivo al Codice della crisi #finsubito prestito immediato


Il Codice della crisi ha mantenuto inalterata la possibilità, già prevista dalla legge fallimentare, di addivenire alla chiusura della procedura liquidatoria dell’imprenditore insolvente mediante la proposizione di un concordato, presentato dal debitore o da un terzo, che consenta la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti.

Pur preservandone la struttura e i tratti salienti, il terzo correttivo al Codice della crisi è intervenuto innovando alcuni aspetti non marginali dell’istituto, onde favorirne l’utilizzo e le possibilità di successo.

In primo luogo, colmando una lacuna normativa del Codice, che pure disciplinava la possibilità di assoggettare le imprese facenti parte di un gruppo ad una liquidazione giudiziale unitaria, è stata introdotta una disciplina positiva per la specifica ipotesi del concordato nella liquidazione giudiziale di gruppo: è ora consentito, nelle ipotesi di apertura di una procedura di liquidazione giudiziale unitaria ai sensi dell’art. 287CCII, di presentare la proposta concordataria con unica domanda, con più domande tra loro coordinate o con domanda autonoma, ferma restando l’autonomia delle rispettive masse attive e passive. La scelta sulle modalità di presentazione della domanda non è però interamente rimessa alla libertà del proponente, dal momento che la domanda unica o le domande coordinate devono contenere l’illustrazione delle ragioni di maggiore convenienza, in funzione del migliore soddisfacimento dei creditori delle singole imprese, rispetto alla scelta di presentare una domanda autonoma. Saranno quindi gli organi della procedura, chiamati ad esprimersi sulla convenienza della proposta (e quindi in prima battuta il comitato dei creditori, eventualmente sostituito dal giudice delegato nelle ipotesi dell’art. 140 co.4 CCII) ad effettuare una prima valutazione sulla congruità della modalità della presentazione della domanda, mentre il curatore, nel proprio parere, dovrà necessariamente esprimersi anche su tale aspetto, onde consentire la massima informazione ai creditori ai fini del voto.

Il terzo correttivo è inoltre intervenuto sulla disciplina riguardante l’ipotesi di presentazione di più proposte concordatarie da parte di soggetti diversi: l’originaria previsione codicistica attribuiva al comitato dei creditori il potere di scegliere quella da sottoporre all’approvazione dei creditori, mentre ora è previsto che tutte le proposte siano sottoposte all’approvazione dei creditori, salvo che il curatore e il comitato dei creditori, congiuntamente, ne individuino una o più maggiormente convenienti. Resta invece confermata la possibilità che, su richiesta del curatore, il giudice delegato possa ordinare la comunicazione ai creditori di una o di altre proposte tra quelle non scelte, ritenute parimenti convenienti. Conseguentemente, nell’ipotesi in cui siano sottoposte al voto più proposte di concordato, sarà approvata quella che ha conseguito la maggioranza più elevata dei crediti ammessi al voto e, in caso di parità, la proposta presentata per prima.

Non trascurabili cambiamenti sono stati apportati anche alla fase dell’omologazione del concordato nella liquidazione giudiziale. In primo luogo, è ora previsto un termine di dieci giorni, decorrenti dalla comunicazione dell’approvazione, per presentare mediante ricorso la richiesta di omologazione del concordato da parte di colui che lo ha proposto; le eventuali opposizioni devono invece essere proposte con memoria difensiva nel termine fissato dal tribunale con decreto, comunque non inferiore a quindici giorni e non superiore a trenta giorni.

A prescindere dalla presenza o meno di opposizioni, il tribunale è comunque chiamato a verificare la regolarità della procedura e l’esito della votazione mentre, se sono state proposte opposizioni, deve vagliare anche il contenuto delle stesse, eventualmente assumendo i necessari mezzi istruttori richiesti dalle parti ovvero disponendoli d’ufficio, anche delegando uno dei componenti del collegio.

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Di particolare utilità è anche la precisazione per cui, nelle ipotesi di cram down già previste dall’art. 241 co. 5 CCII, e precisamente quando un creditore appartenente ad una classe dissenziente contesti la convenienza della proposta, il tribunale è tenuto ad omologare il concordato quando ritiene che il credito possa essere soddisfatto in misura non inferiore a quanto potrebbe ottenere “nel caso in cui la liquidazione giudiziale proseguisse”; tale ultima specificazione appare senz’altro più precisa e circoscritta rispetto al precedente riferimento alle “alternative concretamente praticabili”. 

La novità forse più dirompente prevista dal correttivo in subiecta materia è però costituita dall’introduzione, anche nel concordato nella liquidazione giudiziale, del cd. cram down fiscale e contributivo, rispondendo sul punto a pressanti esigenze emerse nella prassi giudiziaria e richieste da più voci. In particolare, è previsto che il tribunale omologhi il concordato anche in caso di voto contrario da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, quando il voto è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze previste dalla legge e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente di cui all’articolo 240 co. 4, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o dei predetti enti è conveniente rispetto all’alternativa della prosecuzione della liquidazione giudiziale. In questo senso la novella legislativa appare orientata a tutelare le aspettative del debitore, stabilendo il principio secondo cui, a parità di prospettive di soddisfazione dei creditori, la soluzione concordataria debba senz’altro prevalere sulla liquidazione.

Pertanto, di fronte all’opposizione o all’inerzia dell’Erario o degli enti previdenziali, è possibile – in presenza delle condizioni indicate – addivenire comunque all’omologazione del concordato nonostante il voto negativo o la mancata adesione di suddetti creditori.

Una volta intervenuta l’omologazione del concordato, il decreto del tribunale che la dispone produce i suoi effetti dalla data di pubblicazione, evitando che la presentazione del reclamo possa rappresentare un ostacolo all’esecuzione del concordato e, una volta diventato definitivo, i giudizi di opposizione e impugnazione dello stato passivo pendenti dinnanzi al tribunale si interrompono. È comunque fatta salva la possibilità, ora espressamente disciplinata, della loro riassunzione, sia da parte del proponente che nei suoi confronti: in tal caso, il relativo giudizio proseguirà sempre secondo il procedimento di cui all’art. 207CCII davanti al medesimo giudice, che provvederà sull’accertamento del credito o della causa di prelazione.

Il decreto che dispone l’omologazione del concordato è ora reclamabile non solo nelle ipotesi in cui vi siano state opposizioni, come già disposto dalla formulazione originaria del codice, ma anche nel caso in cui opposizioni non ne siano state proposte: è stato infatti eliminato il riferimento al “decreto non reclamabile” previsto dalla disciplina previgente per tali ultime ipotesi, potendosi ormai ritenere il reclamo al decreto di omologazione un vero e proprio strumento generale di impugnazione.

Nell’ambito del giudizio di reclamo è stato poi introdotto un termine decadenziale per le parti resistenti, che ora devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata dalla corte d’appello ed eleggere domicilio nel comune in cui questa ha sede.

Sempre con riferimento al giudizio di reclamo, vi è l’innovativa previsione di un meccanismo di inibitoria attraverso il quale la corte di appello può sospendere l’efficacia esecutiva sia del decreto emesso dal tribunale e oggetto di reclamo, sia del decreto emesso dalla stessa corte di appello allorché sia stato proposto ricorso per cassazione. In particolare, è stabilito che proposto il reclamo o il ricorso per cassazione, la corte di appello, su richiesta di parte o del curatore, possa, quando ricorrono gravi e fondati motivi, sospendere in tutto o in parte o temporaneamente la liquidazione dell’attivo, oppure inibire, in tutto o in parte o temporaneamente, l’attuazione del piano o dei pagamenti.

Il decreto emesso dalla corte di appello a definizione del reclamo produce i propri effetti dalla data della pubblicazione e non più dalla scadenza dei termini di impugnazione, ed è quindi immediatamente esecutivo, al pari di quanto stabilito per il decreto di omologazione emesso dal tribunale. È in ogni caso espressamente prevista, in caso di riforma o cassazione del decreto di omologazione, la salvezza degli atti legalmente compiuti in esecuzione del concordato e dei provvedimenti ad essi collegati.

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Infine, con riferimento alla fase esecutiva del concordato e in analogia con quanto previsto dall’art. 118 co.7 CCII in tema di concordato preventivo (per il quale era già stata prospettata la possibilità di una sua applicazione analogica al concordato nella liquidazione giudiziale), è stato espressamente previsto che, nel caso di cessione di uno o più beni compresi nella liquidazione giudiziale, eseguito il trasferimento e riscosso interamente il prezzo, il giudice delegato ordini la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo.

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