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Sono ormai settimane che sosteniamo che l’Italia merita, per i fondamentali della sua economia, un rating nettamente migliore e che dovrebbe essere molto più vicino a quello della Francia. Abbiamo sostenuto che una parte troppo rilevante del nostro nuovo debito è spesa per interessi e che, dopo decenni di avanzo primario dal ’92, e una ritrovata serietà nella finanza pubblica, posizione finanziaria netta positiva frutto dei primati dell’export, e buona crescita con il Sud finalmente in prima linea, è ingiustificabile la distanza che ancora separa Italia e Francia nei giudizi delle agenzie internazionali di rating e, di conseguenza, ancora di più lo è il carico differente di interessi che grava sulle due economie per effetto di queste valutazioni incoerenti.

Perfino Le Figaro ha aperto il giornale con un titolo a tutta pagina su due righe: il debito francese sta esplodendo e costa sempre più caro. Venerdì scorso il differenziale di Parigi sui Bund tedeschi è salito a 80 contro i 79 di Madrid e i 57 di Lisbona. Non solo la Francia, dunque, fa peggio di Spagna e Portogallo, ma si colloca a una distanza di 50 punti rispetto agli stessi BTp italiani come non accadeva dai tempi della bufera dei debiti sovrani. Il governatore della Banca di Francia, Francois Villeroy de Galhau, aveva già espresso pressoché in solitudine le sue osservazioni dicendo, in sostanza, che si è sempre detto in Francia che non si poteva penalizzare la crescita e, quindi, si sono rinviati i compiti a casa con il risultato di avere fatto esplodere il debito.

La notizia è che i francesi si svegliano e sembrano scoprire, esagerando con la consueta grandeur, di essere sull’orlo del baratro. La sostanza è che l’Italia ha iniziato davvero a fare i suoi compiti a casa, ha un’economia che regge in un quadro geopolitico sempre più allarmante e detiene una stabilità di governo, ma rimane ancorata a un rating basso che è la tripla B. La Francia non ha fatto i compiti a casa da decenni, ha perso la virtù della stabilità politica efficiente e fa sempre più fatica con la sua economia, ma conserva un rating di doppia A abissalmente superiore al nostro.

Tornando da quest’anno in avanzo primario tutto il nuovo debito pubblico italiano è generato dalla spesa per interessi oggettivamente ingiustificati, la gran parte del nuovo debito pubblico francese è nuova spesa che non si può, non si vuole o comunque non si riesce più a fermare. A questo punto, i casi sono due: o alzano il rating italiano o abbassano quello francese. Non è possibile che ci sia uno scarto così considerevole tra i due Paesi.
Francamente, solo per amore dei fatti, c’è molto di più. Il nuovo piano strutturale di bilancio presentato da Giorgetti per i conti pubblici italiani è ultra-rigoroso con una spesa primaria netta a livelli bassi per i prossimi anni e un deficit che scende di un punto di Pil, 24 miliardi in un biennio, con una correzione sul saldo strutturale di 12 miliardi l’anno che resta praticamente per i prossimi sette.

L’aumento della spesa, dopo anni di corsa post Covid molto meno veloce di quella francese, è rigidamente frenato fino ad essere quasi sostanzialmente azzerato in termini reali e, cioè, calcolato al netto dell’inflazione. Il debito pubblico italiano scende dal 2027, non subito, solo per effetto degli strascichi pesanti del Superbonus del 110 per cento che pesa per due punti l’anno, ma tutto ciò è il costo del passato, non delle scelte di oggi. Come dire: noi italiani oggi la spesa impazzita l’abbiamo messa sotto controllo e continuiamo a frenare il deficit tanto è vero che nel 2024 facciamo il 3,8% contro il 4,3% che prevedevamo ad aprile anche perché le entrate sono andate nettamente meglio del previsto grazie al contributo della nuova occupazione determinata dalla crescita.

Noi anche quest’anno, dunque, abbiamo risultati migliori del previsto e abbassiamo il deficit, loro devono continuare a correggerlo al rialzo. Il debito italiano è ridisceso per effetto della revisione europea degli anni scorsi del Pil al 134,6, poi risale fino al 137,8 per effetto del superbonus, ma sono tutti andamenti dell’economia di un Paese che ha sotto controllo la finanza pubblica, continua a crescere, che lo fa più al Sud che al Nord e quindi aumenta la convergenza, e che vedrà ridiscendere in modo effettivo il suo debito in rapporto al Pil dal 2027. Soprattutto, parliamo di un Paese che, dal secondo trimestre dell’anno scorso al secondo trimestre di quest’anno, ha pagato molti interessi e fatto poco debito mentre la Francia ha pagato pochi interessi e fatto molto debito. Di fronte alla distanza di questi numeri reali dell’economia e alla situazione a parti invertite di stabilità politica, due pesi e due misure nel giudizio dei mercati non sono più tollerabili.



 

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