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Nel 2024 la distribuzione del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) per le università statali si conclude senza il classico vincitore che riesce ad aggiudicarsi più risorse dell’anno precedente. Stavolta a primeggiare sono i sei atenei che riescono a strappare almeno un pareggio. La conferma arriva dalle tabelle allegate al Dm con i criteri di riparto vidimato dalla Corte dei conti ed emanato nei giorni scorsi dalla ministra Anna Maria Bernini.

La doppia scelta contenuta nel decreto, da un lato, di ridurre di 173 milioni la dote totale – che come raccontato più volte su questo giornale nel giro di 12 mesi è passata da 9,2 a 9,03 miliardi, restando comunque sopra ai livelli pre-Covid del 21%, ndr – e, dall’altro, di limitare le variazioni possibili da un esercizio all’altro nel range 0,-4% (anziché poter crescere fino all’8%, come previsto nel recente passato) fa sì che nessuna istituzione accademica possa ricevere un euro in più della volta scorsa. Tant’è che i rettori più fortunati sono i sei che vedono immutato il loro ammontare totale (somma di quota base, premiale, interventi perequativi ed eventuali piani straordinari) di Ffo: vale a dire Ferrara, Foggia, Modena-Reggio Emilia, Napoli Parthenope, Padova e Tuscia.

La distribuzione dell’Ffo 2024

Il confronto da un anno all’altro, rappresentato nel grafico qui accanto ci dice, in primis, che l’intero sistema accademico lascia sul terreno il 2,12% rispetto al 2023. E, in secondo luogo, che a rimetterci di più sono l’università di Macerata (-3,21%), lo Iuav di Venezia (-3,20%) e il tandem Napoli L’Orientale-Urbino Carlo Bo (-3,19%). Tuttavia se dalle variazioni percentuali passiamo al valore assoluto scopriamo che il taglio oscilla dai 978mila euro dell’ateneo veneziano agli 1,9 milioni per quello urbinate passando per gli 1,3 milioni in meno delle realtà partenopea e maceratese. Nessuna sorpresa invece quanto a istituzioni che portano a casa la somma maggiore. Sul podio troviamo i soliti volti noti: in testa Roma Sapienza, con i suoi 530,7 milioni in arrivo dall’Ffo 2024, seguita dall’Ama Mater di Bologna (444,8) e da Napoli Federico II (403,6). Del resto, finché il fondo di finanziamento sarà congegnato in questo modo, e da esso dipenderà in gran parte il pagamento degli stipendi e delle spese di funzionamento. la quota maggiore di fondi andrà inevitabilmente agli atenei in versione XL o XXL.

IL CONFRONTO CON IL 2023

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Le variabili complessive

Se dal risultato ateneo per ateneo risaliamo alle variabili complessive in gioco con il decreto a firma Bernini, lo scenario è quello raccontato sul Sole 24 Ore del 26 agosto scorso. Fermo restando la discesa a 9,03 miliardi della “torta” complessiva e il proposito del Mur di tornare ad aumentarlo nel 2025, le grandezze principali sono le stesse. La quota base ammonta a 4,014 miliardi; di questi 1,619 sono relativi alla spesa storica, che di per sé si trascina da un anno all’altro, e 2,2 miliardi invece ai costi standard per studente (pari al 34% dell’Ffo, al netto degli interventi con vincolo di destinazione). Sempre stazionarie rispetto alle prime versioni del Dm sono tanto la parte premiale (2,4 miliardi) calcolata in base a politiche di reclutamento e valutazione della ricerca quanto la perequazione (136mila euro).

Trova conferma, infine, anche la scelta di concedere ai rettori più flessibilità per pagare gli scatti stipendiali e proseguire nel reclutamento dei ricercatori rispetto alla prima versione del testo con i criteri di riparto dell’Ffo 2024. Ma non finisce qui. A breve è atteso il Dm con la distribuzione dei 50 milioni svincolati dai 200 destinati in origine alla ricerca universitaria per effetto del decreto omnibus (il Dl 113/2024) in via di conversione in legge.

 

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