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Giurisprudenza altalenante, in Cassazione, sul tema del ruolo delle comunicazioni dovute all’ENEA nell’ambito dell’ecobonus ordinario. Prendendo in considerazione solo il più recente biennio, emerge come la Suprema Corte sia riuscita a pervenire, su tale argomento, a conclusioni esattamente opposte, con singolare, alternata regolarità: disponendo, in un primo momento, con la sentenza pro-fisco (Cassazione n. 34151/2022), che le predette comunicazioni, laddove omesse, determinano il venir meno del beneficio fiscale, in quanto elemento fondante del diritto alla detrazione in capo ai contribuenti che sostengono spese per interventi di efficientamento energetico degli edifici; e poi in un secondo momento, con la sentenza pro-contribuente (Cassazione n. 7657/2024), che tale ruolo dirimente non merita di essere riconosciuto, e che la decadenza dal bonus non può essere legittimamente disposta.

Si noti poi che la sequenza “a corrente alternata” del pensiero del Supremo Giudice non è terminata qui: all’enunciazione della tesi pro-contribuente, nel marzo di quest’anno, è seguita, dopo soli due mesi, la pronta smentita con la sentenza n. 15178/2024, che ha rinverdito la tesi pro-fisco; a cui ha fatto seguito, nuovamente dopo soli due mesi, l’ennesima accoglienza delle ragioni del contribuente con sentenza n. 19309/2024, ad oggi temporaneamente conclusivo della serie.

Merita, a questo punto, soffermarsi sulle ragioni esposte, a favore ora della parte pubblica ora di quella privata, nei filoni giurisprudenziali contrapposti di cui sopra, i cui “capisaldi” si rinvengono, in particolare, nella sentenza n. 34151/2022 e sentenza n. 7657/2024; tenendo presente che le rispettive conclusioni, benché formulate rispetto a un quadro normativo e regolamentare dell’ecobonus più risalente (articolo 1, commi da 344 a 349, L. n. 296/2006 e D.M. 19.2.2007), appaiono assolutamente trasponibili, anche nell’ambito dell’ecobonus attuale, oggi disciplinato in termini di sostanziale continuità rispetto al passato dalla norma primaria dell’articolo 14, DL. 63/2013 e dalle norme regolamentari in tema adempimenti del D.M. “Requisiti” 6.8.2020, n. 159844.

Soffermandoci sull’articolata sentenza n. 34151/2022, alla base dell’accoglimento della tesi erariale (come costantemente ribadita negli atti di prassi: vedasi la circolare n. 17/E/2023 e la guida n. 11 tra quelle dedicate alle agevolazioni della dichiarazione 2024, pubblicata sul sito internet dell’Agenzia delle entrate) si rinvengono tre elementi: in primo luogo, la convinzione che sia la norma fiscale (segnatamente l’articolo 4, D.M. 19.2.2007) a qualificare l’omessa tempestiva comunicazione all’ENEA come causa ostativa alla concessione dell’ecobonus; in secondo luogo, la rilevanza del principio di stretta interpretazione delle norme di favore fiscale, per cui competerebbe al contribuente un più “restrittivo” onere di rendere dimostrazione dei requisiti di spettanza del beneficio di cui fruisce; in terzo luogo, la consapevolezza dell’obbligo comunicativo, “non particolarmente oneroso e ragionevolmente esigibile” per la normale diligenza, sia “indispensabile” ai fini dei controlli.

I tre pilastri sopra citati dell’orientamento pro-Fisco risultano, tuttavia, totalmente smentiti dai successivi ragionamenti di cui alla sentenza n. 7657/2024, come meglio d’appresso. Innanzitutto, sostiene ora la Cassazione che né dal tenore letterale dell’articolo 4, D.M. 19.2.2007 (come testualmente ripreso dall’articolo 6, comma 1, lettera g), D.M. 159844/2020), né dalle successive modifiche, risulta stabilita “alcuna comminatoria espressa di decadenza” dalla mancata tempestiva esecuzione di oneri comunicativi a cui, letteralmente, i contribuenti meramente “sono tenuti”. In secondo luogo, per il nuovo corso della Suprema Corte nessuna decadenza da benefici fiscali può statuirsi, in un caso come quello in esame, in forza del principio di stretta interpretazione delle norme tributarie di agevolazione: e questo perché tale principio, ex articolo 14 delle preleggi, dispone soltanto il divieto di estensione in via analogica dei requisiti soggettivi e oggettivi di accesso a benefici fiscali; e non è idoneo a determinare, in sé, la natura perentoria o meno di un termine (tenuto anche conto del generale principio di tassatività dei termini decadenziali per l’adempimento di un onere).

In terzo luogo, ed infine, la più recente Cassazione nega l’indispensabilità della comunicazione ENEA ai fini dei controlli; affermandone, invece, gli obiettivi eminentemente statistici e di monitoraggio, come anche ribadito dal successivo articolo 16, comma 2-bis, D.L. 63/2013, e riconosciuto dalla risoluzione n. 46/E/2019 dell’Agenzia delle entrate stessa.

È indubitabile che i nuovi argomenti pro-contribuente meritino seria considerazione, anche a fronte dell’accuratezza delle loro formulazioni. E se, da parte della Cassazione, negare tout court rilevanza alle comunicazioni ENEA ai fini dei controlli è forse eccessivo (è pur sempre in base a tali comunicazioni che l’ENEA seleziona le posizioni che controlla, riferendone agli uffici finanziari, ai sensi del D.M. MISE 11.5.2018), viceversa definire più puntualmente i margini di applicazione del principio di stretta interpretazione al campo delle agevolazioni fiscali appare risultato lodevole: perché un conto è interpretare “restrittivamente” le norme di favore fiscale per evitarne l’applicazione analogica a casi diversi da quelli normati; e altro conto è utilizzare tale principio, da parte degli uffici finanziari, come criterio ultimo per concepire in peius oneri e adempimenti a carico dei contribuenti, “restringendo” in questo modo, indebitamente, la via di accesso a benefici, invece, normativamente spettanti.

 

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