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Molto spesso nel nostro settore ci troviamo a dover fare i conti con la cosiddetta “culpa in eligendo” (letteralmente: “colpa nello scegliere”), ovvero con la responsabilità di colui che sceglie in maniera non oculata il soggetto cui affidare un incarico, un compito, una mansione, un lavoro o servizio in appalto e così via.

 

Gli esempi di questo tipo di responsabilità davvero si sprecano.

 

Con riferimento alla figura del preposto, ad esempio, la giurisprudenza ci dà conto di casi in cui il lavoratore infortunato “era stato destinato dal preposto […], in più occasioni, e non solo in quella in cui si è verificato l’incidente, a mansioni pericolose per le quali non aveva titolo abilitativo né era stato formato” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 29 gennaio 2020 n.3731).

 

Sei mesi fa, con Cassazione Penale, Sez.IV, 15 febbraio 2024 n.6790, la Corte ha confermato la condanna di un datore di lavoro, ritenendo che “il menzionato B.B. – designato dal datore di lavoro quale preposto alla vigilanza sull’osservanza degli obblighi di legge da parte dei lavoratori – fosse persona del tutto priva di specifiche competenze, che si limitava, di fatto, a veicolare, sul cantiere, le direttive afferenti allo svolgimento dei lavori, impartite dall’odierno ricorrente A.A.E. o da suo padre.”

 

In materia di appalti, ancora, con Cassazione Penale, Sez.IV, 13 dicembre 2023 n.49494, la Corte ha considerato “sussistente il profilo di responsabilità colposa contestata, non avendo il A. verificato l’idoneità della impresa affidataria, non essendo sufficiente, in proposito, il mero requisito della iscrizione nel registro delle imprese, ed avendo incautamente deciso di rivolgersi ad una ditta individuale priva di personale dipendente benché i lavori commissionati necessitassero di particolare competenza tecnica”.

 

Potremmo (purtroppo) andare avanti davvero molto a lungo con i numerosi esempi di culpa in eligendo che la giurisprudenza ci fornisce.

 

Tuttavia, ferma restando la culpa in eligendo in capo a chi affida una mansione, un incarico o un ruolo ad un soggetto privo dei requisiti necessari, in questo contributo vorrei trattare una questione in qualche modo a quella “speculare” e che potremmo definire “l’altra faccia della medaglia” rispetto alla responsabilità del soggetto affidante: ovvero la questione relativa alla responsabilità di chi accetta e/o si assume un incarico senza averne le competenze e le capacità.

 

Questo tipo di colpa – giuridicamente parlando – prende il nome di “colpa per assunzione”.

 

Vediamo di cosa si tratta.

 

In termini generali, anzitutto, la Suprema Corte considera la “c.d. colpa per assunzione ravvisabile in chi cagiona un evento dannoso essendosi assunto un compito che non è in grado di svolgere secondo il livello di diligenza richiesto all’agente modello di riferimento – Cass.10 dicembre 2009, n.6215 e 22 febbraio 2012, n.6981).” (Cassazione Civile, Sez.III, 4 luglio – 17 ottobre 2019 n.26311).

 

Ciò detto, per comprendere meglio i connotati che caratterizzano questo particolare tipo di colpa, prendiamo a prestito un esempio dall’ambito sanitario (esempio non privo comunque di ricadute anche sotto il profilo della sicurezza dei terzi e dei colleghi, come si vedrà), per poi passare ad esaminare in maniera molto più specifica le modalità di applicazione di tale figura giuridica ai soggetti previsti dal D.Lgs.81/08 in materia di salute e sicurezza.

 

In tal senso, la Cassazione ha avuto più volte modo di chiarire che “secondo la giurisprudenza penale di questa Corte il medico specializzando non è presente nella struttura per la sola formazione professionale, né lo specializzando può essere considerato un mero esecutore d’ordini del tutore anche se non gode di piena autonomia; si tratta di un’autonomia che non può essere disconosciuta, trattandosi di persone che hanno conseguito la laurea in medicina e chirurgia e, pur tuttavia, essendo in corso la formazione specialistica, l’attività non può che essere caratterizzata da limitati margini di autonomia in un’attività svolta sotto le direttive del tutore; ma tale autonomia, seppur vincolata, non può che ricondurre allo specializzando le attività da lui compiute; e se lo specializzando non è (o non si ritiene) in grado di compierle deve rifiutarne lo svolgimento perché diversamente se ne assume le responsabilità (c.d. colpa per assunzione ravvisabile in chi cagiona un evento dannoso essendosi assunto un compito che non è in grado di svolgere secondo il livello di diligenza richiesto all’agente modello di riferimento […])” (Cassazione Civile, Sez.III, 4 luglio – 17 ottobre 2019 n.26311).

 

Fatta tale premessa, vediamo ora come si applica questo particolare tipo di colpa in materia penale ai soggetti previsti dalla normativa di salute e sicurezza sul lavoro.

 

Una buona definizione del concetto penalistico di “colpa per assunzione”, con specifico riferimento alle responsabilità dei soggetti previsti dal decreto 81/08, ci viene fornita da una sentenza di qualche anno fa ( Cassazione Penale, Sez.IV, 10 aprile 2017 n.18090), che riconduce tale colpa all’“aver intrapreso un’attività che non si è in grado di svolgere adeguatamente, non avendo le conoscenze o le capacità necessarie (c.d. colpa per assunzione).”

 

Questo tipo di colpa trova la sua ragion d’essere – chiarisce la Corte – nel fatto che “l’esplicare le mansioni inerenti a un determinato ruolo, nel contesto dell’attività lavorativa, comporta la capacità di saper riconoscere ed affrontare i rischi e i problemi inerenti a quelle mansioni,secondo lo standard di diligenza, di capacità, di esperienza, di preparazione tecnica richiesto per il corretto svolgimento di quel determinato ruolo, con la correlativa assunzione di responsabilità.”

 

Di fronte ai riferimenti giurisprudenziali allo “standard di diligenza richiesto”, non dimentichiamo che la definizione di “colpa” che viene fornita dal codice penale inquadra quest’ultima (anche) come “negligenza, imprudenza o imperizia” (colpa cosiddetta “generica”; per approfondimenti sul tema della colpa generica e specifica si veda il precedente contributo “Chi è responsabile penalmente se si verifica un infortunio in azienda?”, pubblicato questo mese su Puntosicuro del 5 settembre 2024 n.5685).  

 

E dunque – secondo la Cassazione – “ne deriva che chi, non essendo all’altezza del compito assunto, esplichi una certa funzione senza farsi carico di procurarsi tutti i dati tecnici e le conoscenze necessarie per esercitarla adeguatamente, nel caso in cui ne derivino dei danni, risponde di questi ultimi (Cass., Sez.4, 6-12-1990, Bonetti).”

 

Analizziamo ora nello specifico – a mero titolo di esempio, tenendo a mente che la colpa per assunzione può conoscere molte altre applicazioni con riferimento ai vari soggetti previsti dal D.Lgs.81/08 – il caso su cui si è pronunciata la Cassazione.

 

La Corte ha confermato la condanna per il reato di omicidio colposo di A.G. – quale amministratore delegato della T. S.r.l. – e di T.B. “in qualità di preposto di fatto e di componente anziano dell’ufficio tecnico della predetta impresa, nonché di delegato ai sopralluoghi per verifica della fattibilità dei progetti”.

 

Il primo (A.G.) è stato ritenuto responsabile perché aveva causato l’infortunio (consistito nella caduta dal tetto di un ingegnere) “omettendo l’effettuazione di qualsivoglia attività di formazione e informazione del personale nonché la predisposizione di idonee procedure connesse alle attività da compiere in ambienti sopraelevati, con pericolo di caduta dall’alto, e omettendo, inoltre, di dare adeguate istruzioni”.

 

Analogamente, del secondo (T.B.) è stata confermata la condanna in quanto aveva causato tale infortunio “omettendo di controllare l’effettiva consistenza della superficie del tetto e quindi la calpestabilità dello stesso”.

 

Entrambi, quindi, per colpa “consentivano e comunque non impedivano che il dipendente R.M., dopo essersi portato sul tetto di una costruzione, mediante il carrello elevatore, vi scendesse e sostasse, senza alcun presidio anticaduta, spostandosi sullo stesso e precipitando al suolo, a seguito del cedimento di una lastra.”

 

Il tema della colpa per assunzione riguarda qui, in particolare, la figura di T.B. il quale, ricorrendo in Cassazione, ha lamentato il fatto che “egli stesso non aveva ricevuto alcuna adeguata formazione e non era titolare di alcuna posizione di sovraordinazione gerarchica rispetto agli altri colleghi, i quali operavano tutti in totale autonomia”, facendo altresì presente che “la persona deceduta aveva conoscenze tecnico-scientifiche ben superiori a quelle del ricorrente, che è soltanto un perito industriale e non un ingegnere”.

 

Nel rigettare tale argomentazione e confermare la condanna del ricorrente, la Corte ha chiarito che “ove il T.B. non si fosse sentito preparato a svolgere tali funzioni, proprio perché non specificamente formato, non avrebbe dovuto assumerle.

In tali casi, infatti” come già abbiamo visto sopra –l’addebito di colpa consiste proprio nell’aver intrapreso un’attività che non si è in grado di svolgere adeguatamente, non avendo le conoscenze o le capacità necessarie (c.d. colpa per assunzione).” 

 

In questo specifico contesto, poi, “l’omissione di ogni pur minima cautela, prima di consentire ai colleghi di accedere al tetto, rende irrilevante, ai fini della sussistenza del reato, il fatto che il T.B. stesso non avesse ricevuto alcuna specifica formazione in merito ai rischi inerenti alle operazioni da svolgere.”

 

Infine, secondo la Suprema Corte, con riferimento ai citati “standard di diligenza, di capacità, di esperienza, di preparazione tecnica”, nello “stabilire quale sia il parametro a cui rifarsi per valutare la prevedibilità […] il punto di riferimento è la figura del c.d. agente modello, non inteso come l’uomo medio, in quanto la pretesa della sua diligenza deve essere rapportata al tipo di attività da svolgere ed all’onere […] di informarsi sui rischi della sua attività.”

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

 

Corte di Cassazione Penale, Sez. 4 – Sentenza n. 3731 del 29 gennaio 2020 – Ribaltamento del muletto all’interno della centrale elettrica. Responsabilità dell’ente

 

Corte di Cassazione Penale, Sez.IV – Sentenza n.6790 del 15 febbraio 2024 – Infortunio durante lo smontaggio di un elevatore. Apprendista designato preposto: risponde il datore di lavoro se il preposto è inidoneo.

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV – Sentenza n. 49494 del 13 dicembre 2023 (u.p. 8 novembre 2023) – Pres. Di Salvo – Est. Miccichè – P.M. Romano – Ric. omissis.  – L’obbligo del committente di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’appaltatore non può risolversi nel solo controllo dell’iscrizione nel registro delle imprese ma richiede una verifica della concreta capacità ad eseguire i lavori appaltati.

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV – Sentenza n. 18090 del 10 aprile 2017 (u. p. 12 gennaio 2017) –  Pres. Romis – Est. Di Salvo – Ric. T.B. e A.G.. – Il soggetto che accetta le funzioni di preposto e di fatto le svolge è responsabile, in concorso con il datore di lavoro, per l’infortunio occorso a un lavoratore dipendente pur in mancanza della specifica formazione prevista dal d. lgs. n. 81/2008.

 

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