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VITERBO – “Da 50 anni muoviamo l’Italia”. Nella Tuscia anche da un po’ di più. La Fita CNA compie mezzo secolo e nella sede romana dell’Associazione ha avuto i più che meritati festeggiamenti. Ma un pizzico di quella festa ha origine da Viterbo: è da qui che è arrivato il primo presidente nazionale, Giovanni Menichelli. E infatti alla cerimonia c’erano anche figli: a loro è stato consegnato un riconoscimento in memoria del padre.

“Quella della Fita – dice Attilio Lupidi, segretario della CNA di Viterbo e Civitavecchia – è una realtà importante, che a livello nazionale conta 18.500 imprese. E il nostro territorio ha dato, e continua a dare, un grande contributo alla causa degli autotrasportatori”.

Un salto indietro di 60 anni. Il primo congresso provinciale della Fita si svolse al teatro dell’Unione, il 20 giugno del 1965. Come raccontano Danila Corbucci e Adriano Calabrini nel libro “Le lotte unitarie degli artigiani viterbesi, 1956-1986”, la storia della nascita della Fita e della Tuscia sono legate indissolubilmente. “Il 20 settembre 1974 – si legge – nasceva ufficialmente la Federazione italiana trasportatori artigiani”. Giovanni Menichelli “nel 1974 aveva 57 anni e un’esperienza quasi trentennale nel mondo dell’autotrasporto e del relativo associazionismo. Per cui fu scelto come presidente della CNA Fita. La sede veniva fissata in via Tevere 44, nel quartiere Salario di Roma”.

Da lì, Viterbo è rimasta in prima linea. Come quando, l’11 giugno del 1983, accolsero sempre al teatro dell’Unione una delegazione degli esuli cileni, tra cui il pittore Sebastian Matta, che su un muro scrisse: “I camionisti questa volta dalla parte giusta”, in riferimento alla caduta del governo di Salvador Allende e alla successiva dittatura di Augusto Pinochet. In quell’occasione, il presidente Menichelli si espresse così: “Oggi i trasportatori, giunti in questa città dell’Alto Lazio da tutte le regioni d’Italia, vogliono affrontare un principio fondamentale”. Ovvero che non si può prestare il fianco alle forze antidemocratiche. “Ecco perché le bandiere del Cile e dell’Italia sono, su questo palco, unite”.

“Il premio consegnato ai figli di Menichelli – conclude Lupidi – sono il giusto riconoscimento al lavoro che il loro padre in tanti anni ha svolto, spendendosi a favore dell’intera categoria”.

 

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