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Ultim’ora news 18 settembre ore 20


Torna la pace tra Confindustria e governo. Il duplice debutto di Emanuele Orsini e Giorgia Meloni all’assemblea di Confindustria ha ricordato il valzer di Burt Lancaster e Claudia Cardinale nel finale del Gattopardo di Luchino Visconti. Rappresentazione plastica di una ritrovata sintonia tra Palazzo Chigi e Viale dell’Astronomia dopo gli attriti tra Carlo Bonomi e gli ultimi esecutivi, eccezion fatta per quello a guida Draghi.

Ad aprire le danze è stato Orsini che, dopo aver lodato gli straordinari risultati messi a segno dalle imprese italiane in un triennio contrassegnato da pandemia e instabilità geopolitica, è andato dritto al punto: «Da 18 mesi la produzione industriale ha il segno meno». Per agevolare il «cambio di passo» nella fase più critica della quinta rivoluzione industriale le imprese aprono al dialogo col governo, al quale Orsini avanza una serie di richieste.

Le richieste di Confindustria

Sul lavoro: «Il cuneo fiscale va reso permanente perché le retribuzioni sono al di sotto della media Ue ma il costo del lavoro è più elevato». Sulla politica energetica, dove servono «scelte coraggiose» a partire dal ritorno al nucleare e dall’abiura di un Green Deal «impregnato di troppi errori che mettono a rischio l’industria»: «La decarbonizzazione inseguita anche a prezzo della deindustrializzazione – ha affondato – è una débâcle».

Sul rilancio dell’Unione del mercato dei capitali di cui «si parla invano da dieci anni». E, ancora, sugli investimenti: continuare con Industria 5.0, finanziare la crescita in modo deciso con aliquote premiali sull’Ires per gli utili reinvestiti e stop all’Irap per le società di capitali. Senza tralasciare l’AI, su cui è in corso un dibattito etico «che rischia di diventare un grande freno, quando invece serve accelerare sulle sperimentazioni industriali sull’AI applicata».

Immancabile, data la concomitanza con la stagione di bilancio, l’appello a tenere la «barra dritta sui conti pubblici» e inserire nel piano strutturale di bilancio «serie politiche industriali e incentivi agli investimenti».

La risposta di Meloni

Per la replica Meloni si affida a una citazione di Città dell’Uomo, testamento spirituale di Adriano Olivetti: «La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti». «Dobbiamo essere soddisfatti dei risultati raggiunti in questi anni difficili – spiega – gli indicatori macro restituiscono la fotografia di un’Italia che supera la crisi meglio di altri Paesi: il merito non è del governo, ma delle imprese». Nel 2023, spiega, l’Italia cresce più del doppio della media Ue: dinamica che rende l’obiettivo di pil al +1% alla portata.

Di fronte a questi risultati, ha detto Meloni, «non ci accontentiamo: vogliamo aumentare la produttività del lavoro dando una spinta a pil e crescita dei salari». Avanti tutta, dunque, col mantra della manovra ispirata «a buon senso e serietà», con le «non molte risorse a disposizione» messe al servizio di imprese e famiglie con figli. E, soprattutto, basta a «bonus per ristrutturare seconde e terze case, e ai redditi di cittadinanza per chi può lavorare: la stagione dei soldi gettati dalla finestra per avere consenso facile è finita». E poi massima attenzione alla messa a terra del Pnrr e delle riforme, dal premierato all’autonomia fino alla giustizia.

Per il resto Meloni si mostra in totale accordo con Orsini: dal Green Deal («la transizione non può significare smantellare filiere, correggeremo lo stop ai motori endotermici nel 2035»), al nucleare («servono tutte le tecnologie in uso»), passando per l’AI: «Un moltiplicatore straordinario, ma va governata».

Il valzer termina con una stretta di mano, preludio delle misure «a costo zero» che Confindustria si avvia a presentare al governo per dare alle imprese più certezza del diritto e meno burocrazia. La musica è finita, gli amici se ne vanno. Al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il compito di far quadrare il bilancio con le promesse e le richieste. (riproduzione riservata)

 

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