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Manovra, meno bonus e più sostegno alle famiglie. Giorgia Meloni è stata esplicita: «È finita la stagione dei bonus». Un messaggio politico chiarissimo che il governo dovrà declinare punto per punto entro ottobre, quando nella definizione della legge di bilancio si scoprirà quali saranno dal primo gennaio i bonus che sopravviveranno, quali saranno ridotti e quali invece del tutto eliminati.

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Le priorità

Sostegno alla famiglia e ai ceti medi. Sono le due priorità alla quali il governo lavora in vista della predisposizione della manovra. E per le quali è caccia alle risorse nelle pieghe del bilancio ma anche attraverso uno strumento come quello del concordato preventivo che, nelle intenzioni della maggioranza, verrà reso «ancora più attrattivo», attraverso lo strumento del decreto omnibus, in discussione al Senato.

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Taglio aliquote Irpef

Dipenderà proprio dal gettito che porterà questo strumento il destino del taglio delle aliquote Irpef che il governo vorrebbe fortemente e che viene quantificato tra i 2,5 e i 4 miliardi di euro. Per portare l’aliquota dal 35% al 33% sui redditi fino a 50mila euro – calcola il viceministro Maurizio Leo parlando con l’ANSA – servono 2,5 miliardi, mentre il conto sale a 4 miliardi se il beneficio fiscale viene esteso fino a 60mila euro, ora tassati al 43% nell’ultima tranche di reddito.

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Assegno unico

Ma oltre ai ceti medi si punta anche sul sostegno alla natalità. «L’obiettivo – spiega Leo – è venire incontro alla famiglia. Questo è un tema prioritario». Con una doppia possibilità allo studio: il governo, spiega Leo, vuole «favorire le detrazioni per la famiglia e la natalità. Ci sono diverse strade: o potenziare l’assegno unico o introdurre detrazioni specifiche per i figli, perché adesso la detrazione c’è dopo i 21 anni». Due opzioni allo studio, dunque, per un pacchetto che viene stimato tra i 5 e i 6 miliardi. L’assegno unico potrebbe essere rimpinguato ma è difficile ipotizzare, si spiega dalla maggioranza, l’introduzione di una soglia di reddito che andrebbe a cambiare del tutto la misura di tipo universalistico. Altro discorso, sul quale si starebbe ragionando, invece, è quello di escludere l’assegno dall’Isee per evitare un ricasco su altre possibili agevolazioni. Un’altra strada è invece quella dell’introduzione di detrazioni per scaglioni di reddito. La soluzione, in ogni caso, dipenderà non solo dalla fattibilità tecnica ma anche dalle risorse a disposizione per una manovra viene quotata tra i 23 e i 25 miliardi.

Bonus a rischio

Al momento a correre il rischio è un lungo elenco di sconti ed agevolazioni, con il settore della casa che si preannuncia il più colpito. Gli italiani dovranno probabilmente dire addio al bonus mobili, al bonus verde e al bonus decoder e dovranno fare i conti con il netto ridimensionamento di tutti gli sconti per i lavori edilizi. Ma sul tavolo ci sono anche il bonus psicologo (per il cui rinnovo il mondo parlamentare sì è però già speso) e le carte Cultura o Dedicata a te. Secondo i calcoli di Assoutenti, l’insieme dei crediti legati ai bonus edilizi in vigore da fine 2020 al 2024 ha raggiunto un costo totale di circa 220 miliardi di euro, con un peso virtuale, spalmato sulla collettività, pari a 8.527 euro a famiglia, 3.679 euro a cittadino, neonati compresi. Gli stanziamenti per i bonus non edilizi, invece, si attestano attorno ai 2 miliardi di euro solo nel 2024.

I tagli

Tra quelli che rischiano di sparire l’associazione cita innanzitutto l’ecobonus al 75% riconosciuta per i lavori di riqualificazione energetica degli edifici unifamiliari o nei condomini; il sismabonus fino all’85% per lavori riguardanti misure antisismiche su abitazioni e immobili usati per attività produttive; il bonus verde, la detrazione Irpef del 36% per la sistemazione di aree verdi scoperte degli edifici privati. Il vituperato superbonus subirà invece un netto ridimensionamento, passando dal 70% al 65% e solo per i lavori di condominio approvati entro il 17 febbraio 2023, documentando le spese entro il 29 marzo 2024.

Quali restano

In generale a sopravvivere e a raccogliere tutti gli altri sconti edilizi sarà il bonus ristrutturazioni che però passerà dal 50% su una spesa pari a 96mila euro al 36% su un massimo di 48mila euro. Quanto basta a far scattare l’allarme dei sindacati: ridurre gli incentivi per l’efficienza energetica e per la ristrutturazione delle case, «in totale contraddizione con le stesse politiche europee e relativi fondi», sottolinea la Fillea-Cgil, «sarebbe un errore clamoroso a danno di cittadini, lavoratori e imprese». Tutto da vedere poi il destino del bonus mobili ed elettrodomestici, il contributo fiscale per l’acquisto di arredi e di lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi di classe superiore e meno impattante sull’energia elettrica. Su quest’ultimo nella maggioranza c’è però chi si è già mosso: la Lega lo definisce un incentivo ‘buono e virtuoso’ e per rinnovarlo ha presentato una proposta di legge che il primo firmatario Alberto Gusmeroli spera possa essere assorbita nella manovra. Situazione simile per il bonus psicologo introdotto nel 2022. L’intenzione di rinnovarlo è condivisa ma servono i soldi: l’anno scorso sono stati stanziati 10 milioni che ora andranno nuovamente reperiti. 

Pensioni, il taglio alla rivalutazione

Un taglio alla rivalutazione delle pensioni rispetto all’inflazione sulla scia di quanto accaduto negli ultimi due anni potrebbe valere per il Governo un risparmio di un miliardo: lo calcola la Cgil che in un Report sulle pensioni ha sottolineato come negli ultimi due anni si siano recuperati con la mancata perequazione oltre 10 miliardi. Se poi si considera il complesso dei risparmi che si cumulano sulla base delle misure già attivate nel decennio 2023-2032 dato che quanto perduto non si recupera si arriva a 61 miliardi lordi (36,8 netti). Secondo il Report nel triennio 2023-25 una pensione che era di 1.732 euro netti nel 2022 subirà un taglio complessivo di 968 euro di mancata rivalutazione mentre una pensione che valeva 2.029 euro netti nel 2022 subirà una perdita di 3.571 euro. Una pensione netta di 2.337 euro avrà una perdita da mancata rivalutazione di 4.487 euro mentre per una pensione netta di 2.646 euro la perdita complessiva sarà di 4.534 euro.



 

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