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La Corte dei conti europea ha pubblicato oggi a Lussemburgo una relazione in cui ha esaminato il funzionamento del Dispositivo Ue per la ripresa e la resilienza (Rrf), ovvero il fondo per il finanziamento dei Piani nazionali di ripresa post-Covid (Pnrr), concludendo che non è chiaro, come rivendicato alla Commissione europea, il suo contributo all’azione per il clima e alla transizione verde dell’Unione.

Il fondo Rrf è lo strumento temporaneo varato nel maggio 2020 per aiutare gli Stati membri a riprendersi dagli effetti della pandemia di Covid 19; al febbraio 2024, ha a disposizione 648 miliardi di euro.

La transizione verde è uno dei pilastri del dispositivo.

Gli Stati membri dovevano destinare almeno il 37% delle loro assegnazioni nazionali all’azione per il clima.

La Commissione ha valutato che questo obiettivo era già stato conseguito e superato nella fase di pianificazione, dato che si era raggiunto il 42,5% (ossia 275 miliardi di euro) dei fondi dell’Rrf.

Nella sua relazione, la Corte avverte che questi contributi potrebbero essere sovrastimati di almeno 34,5 miliardi di euro, oltre a presentare ulteriori problematiche.

La Corte ha inoltre rilevato debolezze nei traguardi e obiettivi delle azioni pertinenti per il clima, nella rendicontazione delle spese effettivamente sostenute e nella compatibilità ambientale di alcuni progetti etichettati come “verdi”.

La Corte ricorda che i fondi dell’Rrf sono erogati sulla base dell’avvenuto e certificato raggiungimento di traguardi parziali e obiettivi finali (“milestones” e “targets”), invece che in risposta alle spese effettivamente sostenute, e constata che questo modello di finanziamento e il relativamente breve calendario di attuazione dell’Rrf hanno fatto sorgere dubbi sul fatto che tutte le somme pianificate per l’azione per il clima vi contribuiscano effettivamente.

“L’Rrf costituisce un grande investimento in tutta la Ue e, se appropriatamente attuato, dovrebbe accelerare fortemente il conseguimento degli ambiziosi obiettivi climatici dell’Ue.

Tuttavia, soffre attualmente di un elevato livello di approssimazione nei relativi piani, nonché di discrepanze tra la pianificazione e la pratica; ed in ultima analisi fornisce poche indicazioni circa la misura in cui il denaro sia impiegato direttamente per la transizione verde”, afferma in una nota Joëlle Elvinger, membro della Corte responsabile della relazione.

In pratica, secondo la nota della Corte, “il contributo all’azione per il clima delle misure finanziate dall’Rrf non è sempre individuato con precisione”.

Per calcolare la percentuale dei fondi pianificati per l’azione per il clima, la Commissione europea utilizza la formula del ‘coefficiente climatico’.

Alle misure che si valuta apportino un contributo sostanziale all’azione contro i cambiamenti climatici viene attribuito un coefficiente del 100%; alle azioni che apporterebbero un contributo positivo, non marginale, viene attribuito un coefficiente del 40%; e ai fondi apportanti un contributo nullo o insignificante viene dato un coefficiente dello 0%.

“Tuttavia – spiega la nota della Corte -, per molte misure non si aveva una netta distinzione”, e si è constatato che “in alcuni casi i contributi agli obiettivi climatici sono stati sovrastimati”.

Per di più, è emerso che “alcuni progetti etichettati come verdi mancavano, a ben guardare, di un nesso diretto alla transizione verde”.

Per evitare tali casi, la Corte raccomanda alla Commissione, nel futuro, di “valutare più dettagliatamente e precisamente i progetti pertinenti per il clima”.

Inoltre, la Corte spiega che “per raggiungere i valori-obiettivo di spesa a favore del clima, i Paesi forniscono stime dei costi nei rispettivi piani nazionali, che sono verificate da subito, ma non dopo l’attuazione.

I costi effettivi di qualunque misura dell’Rrf possono differire notevolmente da quelli stimati; in altre parole, non si ha piena contezza dei fondi spesi per l’azione per il clima”.

Per evitare queste discrepanze, la Corte raccomanda “di potenziare i collegamenti tra futuri strumenti e obiettivi climatici e di raccogliere e pubblicare tutte le informazioni relative ai fondi spesi”.

La Commissione europea ha già risposto con una lunga nota in cui respinge tre delle raccomandazioni della Corte dei conti, e ne accetta parzialmente altre due.

 

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