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In un articolo di fine agosto, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente della Valle d’Aosta ha pubblicato sul proprio sito una analisi aggiornata del fenomeno che ha fatto rilevare polveri sottili provenienti dagli incendi canadesi. L’autore, ricercatore presso l’Agenzia, mette in evidenza l’utilizzo di strumenti avanzati per il monitoraggio della qualità dell’aria a terra e delle concentrazioni di polveri lungo l’intera colonna atmosferica, in sinergia con le maggiori reti internazionali.

In Copertina: Foto Arpa Valle D’Aosta https://www.arpa.vda.it/ 

 

Il 21 agosto scorso abbiamo dato notizia dell’arrivo in Valle d’Aosta di polveri sottili provenienti dal Canada. Le concentrazioni di PM10 a terra si sono mantenute al di sotto dei limiti previsti dalla normativa. L’evento, che al momento sembra essere terminato, ha però suscitato molta curiosità nei media tradizionali e sui social network.

A una settimana di distanza, vi offriamo un aggiornamento sulla situazione attuale e un approfondimento per chi desidera saperne di più. Il modo in cui la nostra Agenzia ha prontamente rilevato e quantificato il fenomeno dimostra l’elevata sensibilità dei nostri strumenti di misura e l’efficacia delle tecniche interpretative impiegate.

Che cosa sta succedendo in Canada?

Quello a cui abbiamo assistito non è un fenomeno completamente nuovo. Al contrario, sembra una copia quasi perfetta di quanto accaduto più volte nell’estate del 2023, quando il fumo degli incendi scoppiati in Canada aveva attraversato l’Atlantico, raggiungendo anche la Valle d’Aosta a diverse riprese.

Gli incendi canadesi del 2023 avevano polverizzato ogni record precedente in termini di superficie coinvolta e tonnellate di carbonio rilasciate nell’atmosfera. Per dare un’idea della portata, i 185.000 km² di foresta boreale canadese bruciati l’anno scorso coprono un’area comparabile a quella di stati come il Dakota del nord o la Siria… o, per usare un confronto più vicino, equivalgono a quasi 60 regioni come la Valle d’Aosta messe insieme. Data la rapida propagazione delle fiamme, è comprensibile come, in queste condizioni, la priorità delle autorità canadesi sia quella di salvaguardare la vita delle persone piuttosto che spegnere gli incendi.

Sebbene gli incendi, anche di grandi dimensioni, siano un fenomeno naturale che può contribuire tra l’altro al rinnovo delle foreste, si stima che la loro frequenza e portata stiano aumentando a causa del cambiamento climatico, che induce ondate di calore e prolungati periodi di siccità. Inoltre, è stato rilevato che in Canada quasi 200 incendi del 2023 sono rimasti attivi durante l’inverno. Questo ha portato a parlare di “incendi-zombie”, capaci di propagarsi sotto il suolo e la neve, persino nelle dure condizioni invernali canadesi a -40°C, per poi tornare in superficie e riattivarsi con l’arrivo della primavera.

Il 2024 non sembra essere da meno. Si colloca già tra i cinque anni peggiori di sempre per gli incendi, e va tenuto presente che la stagione, iniziata prima del solito, non è ancora terminata. Gli stati di Alberta e British Columbia continuano a essere devastati dalle fiamme. In particolare, Jasper, una delle città situate nelle Rocky Mountains canadesi, è stata distrutta per il 40%.

Il fenomeno visto dallo spazio e dai modelli

Incendi di queste dimensioni possono generare nubi spettacolari, simili a quelle dei temporali, chiamate pirocumuli e pirocumulonembi. Queste nubi possono crescere fino a raggiungere diversi chilometri di altezza, arrivando a sfiorare la corrente a getto, il “torrente” d’aria che scorre da ovest a est attorno al nostro pianeta. Le particelle sottili sollevate dagli incendi, una volta in atmosfera, possono rimanere sospese per settimane, e venire trasportate dalle correnti atmosferiche a migliaia di chilometri dal punto di origine.

Questo fenomeno è ben noto alla comunità scientifica e può essere previsto con l’aiuto di modelli di qualità dell’aria a larga scala. Ad esempio, l’animazione fornita dal servizio di monitoraggio atmosferico Copernicus (CAMS) ci ha permesso di anticipare l’arrivo delle polveri in Europa.In ARPA Valle d’Aosta integriamo queste informazioni nei nostri modelli a scala più dettagliata e le utilizziamo per interpretare meglio le nostre misurazioni e per offrire un’interpretazione completa  e interconnessa col il contesto globale dei fenomeni osservati sul nostro territorio.

 

L’animazione del modello CAMS mostra l’evoluzione del pennacchio di fumo degli incendi e il suo trasporto verso l’Europa (fonte: Copernicus Atmosphere Monitoring Service). I colori più intensi indicano concentrazioni maggiori di polveri sottili su tutta la colonna atmosferica. Mappe come questa permettono di prevedere l’arrivo delle polveri con alcuni giorni di anticipo. 

La portata di questo fenomeno, inoltre, è stata tale da renderlo visibile persino dallo spazio. Il pennacchio di fumo è stato seguito dagli strumenti (radiometri) a bordo di diversi satelliti. Le immagini seguenti mostrano l’estensione del fumo sull’Atlantico e sull’Europa nei giorni che hanno preceduto l’arrivo in Valle d’Aosta.

Questa mappa è stata ottenuta dal radiometro satellitare MODIS, con un’elaborazione che consente di identificare le polveri sottili presenti in atmosfera. Le polveri sono rappresentate con una scala di falsi colori che varia dal giallo (basse concentrazioni) al rosso (alte concentrazioni). È evidente l’arrivo di un “arco” di polveri che si estende dal nord Africa alla penisola scandinava. L’immagine è stata ottenuta dal sito https://worldview.earthdata.nasa.gov

La mappa mostra le concentrazioni di monossido di carbonio, un gas prodotto dagli incendi, misurate dal satellite AIRS. Grazie alla tecnologia infrarossa, queste rilevazioni sono meno influenzate dalla presenza di nubi rispetto alla figura precedente. L’arrivo della nube di fumo sopra la Valle d’Aosta è indicato con una freccia.

Su gran parte dell’Europa la nube di fumo è rimasta in alta quota senza raggiungere il suolo, manifestandosi con sottili velature nel cielo e colori insoliti. A testimonianza dell’interesse suscitato anche tra le persone comuni ci sono le numerose fotografie condivise sui social media in vari paesi europei.

 

Il fenomeno in Valle d’Aosta rilevato da ARPA

In ARPA Valle d’Aosta utilizziamo un insieme di strumenti avanzati per monitorare la qualità dell’aria a terra e per esplorare tutta l’atmosfera sovrastante. Ad esempio, siamo in grado di determinare la concentrazione di polveri e di alcuni gas lungo l’intera colonna atmosferica, informazioni cruciali per la qualità dell’aria, lo studio del cambiamento climatico e le variazioni dell’ozono stratosferico. Tra i nostri strumenti spiccano i fotometri, dispositivi che, misurando la luce proveniente dal sole e dal cielo, calcolano la quantità e le caratteristiche delle polveri in atmosfera.

Questi strumenti operano in sinergia con reti internazionali come quella americana, AERONET, della NASA e la giapponese Skynet.

Proprio grazie a queste tecnologie, la mattina del 21 agosto abbiamo rilevato un cambiamento significativo: chi ha alzato gli occhi al cielo e verso le montagne avrà notato un’aria più torbida e i raggi del sole visibili attraverso una sorta di foschia, segnali inequivocabili della presenza di polveri sottili sospese nell’atmosfera. Nella figura successiva, si può osservare come il fotometro abbia registrato un improvviso aumento della torbidità dell’aria (quantificata attraverso lo “spessore ottico dell’aerosol”) tra il 20 e il 21 agosto, indicando chiaramente l’arrivo delle polveri.

 

Lo spessore ottico dell’aerosol misura la quantità di radiazione solare attenuata dalla presenza di polveri sottili nell’atmosfera. Un valore più alto indica una maggiore quantità di polveri. La freccia evidenzia l’arrivo delle polveri canadesi sopra la Valle d’Aosta.

Lo stesso fotometro ci fornisce dati sulla concentrazione di vapor d’acqua in atmosfera. In modo inaspettato, questi dati mostrano una repentina diminuzione, probabilmente dovuta al ricambio d’aria stagnante con aria secca tipica degli strati superiori dell’atmosfera.

Il contenuto di vapor d’acqua nell’intera atmosfera, misurato con il fotometro solare di ARPA Valle d’Aosta.

Questa dinamica è confermata dalle misurazioni di un altro strumento, il lidar-ceilometer operante a Saint-Christophe. Grazie all’emissione di un raggio laser che da terra raggiunge i 15 km di quota, lo strumento “radiografa” l’atmosfera, evidenziando la presenza di nuvole e polveri sottili lungo il profilo verticale. Sistemi simili a questi sono presenti in alcune altre regioni italiane, nell’ambito della rete Alicenet.

Nella figura sottostante è chiaramente visibile l’arrivo di uno strato di polveri sottili ad alta quota nella notte tra il 20 e il 21 agosto, successivamente inglobato negli strati inferiori dell’atmosfera e, quindi, nell’aria che respiriamo.

Il diagramma lidar-ceilometer si legge come un “fumetto” (scusate il gioco di parole!), con il tempo che scorre da sinistra a destra. La freccia indica lo strato di polveri sottili che scende rapidamente verso il suolo tra la notte del 20 e il 21 agosto.

Una volta che le polveri raggiungono gli strati atmosferici più vicini al suolo, possono essere misurate direttamente dalla strumentazione a terra. In ARPA abbiamo sviluppato un metodo innovativo che consente di distinguere, in tempo reale e con una risoluzione oraria, le possibili fonti di emissione delle polveri nell’aria e calcolare il loro contributo al PM10 totale. L’algoritmo si basa su una combinazione delle dimensioni delle particelle, misurate da un contatore ottico, e delle loro proprietà ottiche rilevate da un etalometro. Questi strumenti sono ormai diffusi in molte agenzie ambientali italiane, rendendo possibile l’applicazione di questa tecnica matematica anche in altre regioni.

Il 21 agosto, in particolare, è stato registrato un picco di polveri con un diametro medio di circa mezzo micron, una dimensione molto rara in estate ma più comune in inverno, quando una parte rilevante delle polveri sottili si forma all’interno delle goccioline d’acqua nella nebbia tipica della Pianura Padana. La presenza di queste particelle in estate suggerisce, invece, un elevato grado di invecchiamento delle polveri durante il loro viaggio sopra l’oceano. Dall’immagine sottostante, si percepisce inoltre come, dopo un paio di giorni, con la ripresa delle brezze dalla Pianura Padana, le caratteristiche delle polveri presenti vicino a terra siano cambiate: osserviamo particelle più piccole, attorno agli 0.2 micron, tipiche delle polveri estive della Pianura Padana.

Dall’immagine si può intuire, inoltre, come la somma dei contributi di entrambe le fonti si mantenga sempre al di sotto dei 50 µg/m³, il limite giornaliero per il PM10.

Che cosa aspettarci nelle prossime settimane

L’episodio attuale di trasporto delle polveri canadesi verso l’Europa sembra essersi temporaneamente concluso e, in Valle d’Aosta, ha lasciato spazio alle più comuni polveri sottili provenienti dalla Pianura Padana. Tuttavia, data l’estensione degli incendi in Canada e la loro probabile continuazione, non si esclude che si possano verificare nuovi episodi simili nelle prossime settimane.

Sebbene possa apparire una semplice curiosità, questo episodio evidenzia la capacità di ARPA Valle d’Aosta di monitorare in tempo reale fenomeni atmosferici complessi e di garantire un’informazione tempestiva e accurata sulla qualità dell’aria nella nostra regione, distinguendo i contributi delle diverse fonti, siano esse locali o remote.

 

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