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Nel panorama imprenditoriale, si possono individuare due categorie che rilevano per l’innovazione e la crescita economica: le start-up e le scale-up. Analizzeremo le differenze tra queste due realtà, con un focus sugli aspetti legali e fiscali che le riguardano. Le start-up sono aziende nelle prime fasi di sviluppo, caratterizzate da incertezza sul modello di business e dall’obiettivo primario di validarne la scalabilità. In questa fase, l’attenzione è rivolta alla sperimentazione, alla ricerca e sviluppo e all’ingresso nel mercato.

Le scale-up, al contrario, hanno già superato questa fase di validazione e dimostrato la capacità di espandersi rapidamente. Sono aziende che crescono a ritmo sostenuto, con incrementi di fatturato e personale pari ad almeno il 20% annuo per tre anni consecutivi.

Se la tua azienda è una start-up, ti trovi nella fase di esplorazione e test del tuo modello di business, cercando di costruire una base solida per una crescita futura. Se invece sei già in fase di scale-up, la tua priorità è gestire l’espansione, con un focus su strutture più formali e su una strategia di crescita sostenibile a lungo termine, nazionale o internazionale.

Modelli di Finanziamento

Nelle fasi di crescita, queste due realità si confrontano con esigenze finanziarie diverse, riflettendo il loro livello di crescita aziendale. Le start-up necessitano di capitali per validare il proprio modello di business, mentre le scale-up mirano a raccogliere risorse per sostenere l’espansione.

Venture capital

Si tratta di un investimento in capitale di rischio, effettuato da fondi specializzati, che cercano di finanziare imprese con elevato potenziale di crescita in cambio di una quota di partecipazione nella società. Il venture capital VC fornisce finanziamenti a coloro che non hanno accesso a crediti bancari tradizionali. In cambio del capitale, i fondi VC ottengono quote di partecipazione nella società, con l’obiettivo di monetizzare il loro investimento attraverso un’exit strategy (ad esempio, una vendita a un acquirente strategico o un’offerta pubblica iniziale, IPO).

L’Italia prevede agevolazioni per investitori in start-up innovative, come le detrazioni fiscali IRPEF e IRES, regolamentate dall’art. 29 del Decreto Legge n. 179/2012. Tuttavia, per esse cedere quote di partecipazione può comportare una perdita parziale di controllo aziendale.

Private Equity

E’ più comune nelle scale-up, ossia aziende che hanno già dimostrato la solidità del proprio modello di business e che mirano a operazioni di espansione o ristrutturazione. Le operazioni di private equity in Italia possono beneficiare della Participation Exemption (PEX), prevista dall’art. 87 del TUIR, che consente di esentare dal 95% della tassazione le plusvalenze derivanti dalla vendita di partecipazioni qualificate. Devono inoltre pianificare la loro strategia di uscita, tenendo conto degli aspetti fiscali legati a un’eventuale IPO o cessione a investitori strategici.

Crowdfunding

Si tratta di una forma di finanziamento collettivo per le start-up nelle prime fasi. Il crowdfunding può assumere diverse forme, come il crowdfunding azionario (dove gli investitori ottengono quote di partecipazione) o il crowdfunding basato su ricompense.

In Italia, il crowdfunding è regolamentato dalla CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa), con un quadro normativo specifico per garantire la tutela degli investitori e la trasparenza delle operazioni. I fondi raccolti possono essere considerate ricavi aziendali soggetti a tassazione ordinaria, salvo eventuali agevolazioni.

Finanziamenti bancari e istituti di credito

Il finanziamento a debito offre il vantaggio della deducibilità degli interessi passivi, che può ridurre il carico fiscale complessivo. Tuttavia, l’assunzione di debiti comporta anche obblighi di rimborso che possono mettere sotto pressione la liquidità dell’azienda, soprattutto in una fase di crescita rapida.

In Italia, la deducibilità degli interessi passivi è soggetta a limiti, con la possibilità di dedurre solo una quota pari al 30% del ROL (Risultato Operativo Lordo), come stabilito dall’art. 96 del TUIR. Questo può rappresentare un vincolo per le aziende che dipendono fortemente dal debito per finanziare la propria crescita.

Differenze tra debito ed equity finance

Mentre il debito permette di mantenere il controllo aziendale, l’equity finance può diluire le partecipazioni degli attuali soci, ma non impone obblighi di rimborso. Il principale vantaggio del finanziamento a debito è la deducibilità degli interessi passivi, che consente di ridurre l’imponibile.

Tuttavia, esistono limiti alla deducibilità, come previsto dall’art. 96 del TUIR, che rende il debito meno attraente in alcuni casi rispetto all’equity finance. Gli investimenti in equity possono beneficiare di specifiche agevolazioni fiscali, come le detrazioni per investimenti in capitale di rischio (art. 29 del Decreto Legge n. 179/2012), che rendono l’equity finance particolarmente attraente per gli investitori privati e istituzionali.

Benefici Fiscali

La normativa italiana offre una serie di agevolazioni fiscali, con l’obiettivo di incentivare lo sviluppo imprenditoriale, la ricerca e l’innovazione. Vediamo quali sono.

Agevolazioni fiscali per le start-up innovative in Italia

Il Decreto Legge n. 179/2012, noto come “Decreto Crescita 2.0”, ha introdotto diversi incentivi fiscali per favorire la nascita e lo sviluppo di imprese tecnologiche. Tra le principali agevolazioni fiscali troviamo le esenzioni dall’imposta di bollo e dai diritti di segreteria per la registrazione nel Registro delle Imprese, nonché riduzioni degli oneri contributivi per l’assunzione di personale qualificato.

Un altro incentivo importante riguarda le detrazioni fiscali per gli investitori. Le persone fisiche possono ottenere una detrazione IRPEF del 30% sull’importo investito, fino a un massimo di un milione di euro, mentre le persone giuridiche possono beneficiare di una deduzione IRES del 30%, fino a un massimo di 1,8 milioni di euro (art. 29 del Decreto). Inoltre, per l’assunzione di personale altamente qualificato sono previsti sgravi contributivi, con l’obiettivo di incentivare l’occupazione e favorire l’acquisizione di competenze.

Crediti d’imposta per ricerca e sviluppo

Coloro che investono in attività di ricerca e sviluppo possono beneficiare di un credito d’imposta del 20% delle spese sostenute, fino a un massimo di 4 milioni di euro annui, secondo quanto stabilito dalla Legge di Bilancio 2020. Questo incentivo mira a promuovere l’innovazione tecnologica e la competitività delle imprese italiane, in particolare nei settori ad alta intensità di ricerca.

Per quanto riguarda l’innovazione tecnologica (non direttamente legata alla ricerca), le imprese possono usufruire di un credito d’imposta del 6% sulle spese ammissibili, che sale al 10% se gli investimenti sono orientati alla transizione ecologica o alla digitalizzazione 4.0.

Patent box: agevolazioni fiscali per i beni immateriali

Il Patent Box, introdotto in Italia nel 2015 e aggiornato nel 2021, consente una deduzione del 110% delle spese di ricerca e sviluppo connesse allo sfruttamento di beni immateriali, come brevetti, marchi e software. Questo regime agevolativo è particolarmente utile per coloro che basano la propria competitività su innovazioni tecnologiche e proprietà intellettuale.

Benefici Fiscali per le Scale-up

Possono accedere a ulteriori benefici fiscali volti a favorire la crescita e l’espansione internazionale.

Super e Iper Ammortamento

Il Super Ammortamento e l’Iper Ammortamento sono strumenti chiave per incentivare gli investimenti in beni strumentali e tecnologie avanzate. Introdotti dalla Legge di Bilancio, questi incentivi consentono di maggiorare il valore dell’investimento ai fini dell’ammortamento:

  • Il Super Ammortamento consente una maggiorazione del 30% per investimenti in beni strumentali.
  • L’Iper Ammortamento, specifico per beni legati all’Industria 4.0, può raggiungere una maggiorazione fino al 270%.

Queste misure sono particolarmente vantaggiose per coloro che desiderano modernizzare il proprio parco macchine o digitalizzare i processi produttivi.

Zone Economiche Speciali (ZES)

Le Zone Economiche Speciali (ZES) offrono agevolazioni fiscali per le aziende che si insediano in aree specifiche del Paese. Le imprese localizzate in queste zone possono ottenere una riduzione dell’IRES fino al 50% per i primi 7 anni, oltre ad agevolazioni sugli investimenti in beni strumentali e immobiliari.

Crediti d’imposta per la formazione 4.0

Coloro che investono in formazione possono accedere a crediti d’imposta specifici per supportare l’aggiornamento delle competenze dei dipendenti. Il Credito d’Imposta per la Formazione 4.0 prevede una detrazione fino al 50% delle spese sostenute per attività di formazione su tecnologie abilitanti come big data, cloud computing, cybersecurity e intelligenza artificiale.

Tassazione agevolata per exit strategy

La pianificazione di una exit strategy è fondamentale per le scale-up che intendono attrarre investitori e massimizzare i profitti derivanti dalla vendita o quotazione in borsa. In Italia, le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate sono soggette a tassazione agevolata, grazie al regime della partecipation exemption (PEX), che permette di esentare dal 95% della tassazione i proventi derivanti da tali operazioni (art. 87 del TUIR).

Sostenibilità e della responsabilità sociale d’impresa (CSR)

Le pratiche sostenibili e la Responsabilità Sociale d’Impresa (CSR) stanno assumendo un ruolo centrale, non solo per motivi etici ma anche per i vantaggi fiscali e reputazionali che ne derivano.

In Italia, il Decreto Legislativo n. 254/2016 obbliga le grandi aziende a includere nei bilanci informazioni su ambiente, diritti umani e diversità. Sebbene le start-up e scale-up non siano soggette a questo obbligo, l’adozione di pratiche di sostenibilità può comunque migliorare l’accesso a capitali orientati verso investimenti responsabili e ridurre il carico fiscale. Ad esempio, crediti d’imposta fino al 40% sono previsti per investimenti in tecnologie green e progetti legati all’economia circolare.

Gestione delle plusvalenze nella fase di exit

La fase di exit è un momento cruciale, soprattutto nel caso di vendita della società o quotazione in borsa (IPO). Una corretta pianificazione delle plusvalenze derivanti da queste operazioni è fondamentale per massimizzare il ritorno sugli investimenti.

In Italia, il regime della Participation Exemption (PEX) permette di esentare dal 95% della tassazione le plusvalenze realizzate dalla cessione di partecipazioni qualificate, a condizione che la partecipata risieda in un Paese non considerato a fiscalità privilegiata e che le partecipazioni siano detenute da almeno un anno.

A livello internazionale, vari Paesi offrono regimi fiscali favorevoli per le exit. Negli Stati Uniti, esistono agevolazioni specifiche per le IPO e le vendite a lungo termine. Il Regno Unito prevede l’Entrepreneurs’ Relief, che riduce l’aliquota sulle plusvalenze per i fondatori, mentre Singapore esenta completamente le plusvalenze dalla tassazione, rendendola una giurisdizione particolarmente attraente per questo tipo di operazioni.

 

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