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Il presente contributo analizza, alla luce della più recente giurisprudenza della Corte dei Conti, la possibilità per l’ente locale di contrarre un contratto di finanziamento per il pagamento della garanzia ex art. 207 TUEL a favore del concessionario inadempiente rispetto al mutuo sottoscritto per la realizzazione di un’opera pubblica.


1. Premessa

La Corte dei Conti, Sezione delle Autonomie, con deliberazione n. 15/SEZAUT/2024/QMIG del 29 luglio 2024, che costituisce pronuncia di un orientamento generale, è intervenuta su una questione interpretativa complessa, sulla quale non si registrano precedenti specifici e che si è posta a valle di altre deliberazioni di talune Sezioni Regionali di Controllo, le quali avevano trattato della medesima questione.

In particolare, la questione giuridica da risolvere è se ed a quali condizioni un ente locale possa legittimamente stipulare un contratto di finanziamento per fare fronte all’obbligazione pecuniaria derivante dall’escussione di garanzia dal medesimo rilasciata ex art. 207 D.lgs n. 267/2000 (“Tuel”) a favore di concessionario resosi inadempiente a pagamento delle rate di un mutuo sottoscritto per la realizzazione di un’opera pubblica (nella specie si trattava d’impianti sportivi).

Giova al riguardo ricordare che il divieto, posto dall’art. 207 del Tuel, di assumere garanzie fideiussorie nei confronti di terzi per finalità diverse dall’assunzione di mutui è riconducibile al generale divieto posto alle regioni ed agli enti locali, ex art. 119 Cost., di ricorrere all’indebitamento per spese diverse da quelle d’investimento. Infatti, il rilascio di una garanzia fideiussoria espone l’ente al rischio di escussione in caso d’insolvenza del debitore ed è pertanto assimilata dal legislatore ad un’ipotesi d’indebitamento e, come tale, limitata ad operazioni d’investimento comportanti futuri vantaggi per la collettività[1].

Sul regime delle garanzie rilasciate dagli enti locali ex art. 207 Tuel la Corte dei Conti si è pronunciata più volte e si è pronunciato altresì l’Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli Enti locali, costituito presso il Ministero dell’Interno, mediante atto d’indirizzo adottato ex art. 154, comma 2, Tuel[2].

Occorre sin da subito evidenziare che la Sezione Autonomie della Corte dei Conti, meglio direzionando l’orientamento che si era andato formando in talune deliberazioni di sezione regionali di controllo della medesima Corte dei Conti di cui si dirà di seguito, in estrema sintesi afferma che:

  1. il subentro dell’Ente Locale al debitore originario di una passività finanziaria a seguito dell’escussione della garanzia rilasciata ex art. 207 Tuel è considerato un investimento ai sensi dell’art. 3, comma 18, lett. g) e h), della legge n. 350/2003, e viene trattato come trasferimento in conto capitale;
  2. nel caso in cui l’ente è tenuto ad assumere il residuo debito garantito, le obbligazioni risultanti possono essere quindi considerate legittimo indebitamento ai sensi dell’art. 119, settimo comma, della Costituzione, anche se questo indebitamento non deriva da una acquisizione diretta di fondi da parte dell’ente, ma è una conseguenza delle garanzie fornite;
  3. pertanto, se gli oneri finanziari sopravvenuti sono coperti tramite un mutuo, questa operazione non viola la «golden rule» posta dall’articolo 119, comma 7, della Costituzione, a condizione che venga effettivamente realizzato un incremento del patrimonio pubblico destinato a scopi sociali;
  4. nei termini sopra indicati è da ritenere legittima la contrazione di un nuovo debito per estinguere il debito risultante dall’escussione, senza violare l’art. 119 della Costituzione, a condizione che l’opera venga completata (se non lo è ancora) e acquisita al patrimonio dell’ente, in quanto, seppure in modo indiretto, l’assunzione del nuovo mutuo è stata effettivamente finalizzata ad investimento;
  5. infine, l’ente locale che ricorre all’indebitamento per estinguere un debito garantito:
    1. deve limitare l’assunzione del mutuo al solo debito residuo senza includere penali o interessi di mora, che rappresenterebbero nuovo indebitamento non giustificato dalle disposizioni sopra richiamate;
    2. deve verificare che il nuovo mutuo riduca il valore finanziario totale della passività, facendo ricorso al metodo del valore attualizzato, comparando il valore attualizzato delle rate residue del mutuo originario con quelle del nuovo mutuo[3].
    3. deve, infine, rispettare la previsione dell’art. 10, secondo comma[4], della legge n. 243/2012, quale parametro interposto dell’art. 119, ultimo comma, Cost., in forza del quale il piano di ammortamento della operazione di indebitamento non può avere una durata superiore alla vita utile dell’investimento.

Per meglio comprendere il portato precettivo dei principi di diritto espressi dalla Sezione Autonomie può essere utile ripercorrere la vicenda che ha portato all’insorgenza della questione interpretativa di cui trattasi.

2. L’insorgenza della questione interpretativa

Come accennato, l’insorgenza della questione interpretativa, poi risolta dalla Sezione Autonomie della Corte dei Conti con la deliberazione dianzi indicata, si è avuta a valle di talune deliberazioni della Corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo del Piemonte e, segnatamente, la deliberazione Corte Conti Piemonte n.66/2024/PRSE del 22 febbraio 2024 relativa al Comune di Borgaro Torinese e la deliberazione Corte Conti 7 dicembre 2023 n. 95/2023/PRSE relativa al Comune di Ciriè.

In entrambe le predette deliberazioni (relative a fattispecie in cui gli enti locali interessati avevano stipulato un mutuo per fare fronte alle obbligazioni discendenti dall’escussione di garanzie ex art. 207 Tuel rilasciate a favore di concessionari della realizzazione e gestione di impianti sportivi) la Corte dei Conti ha affermato l’asserita violazione dell’art. 119 Cost. da parte degli enti locali e quindi la nullità dei contratti di mutuo.

Più in dettaglio, per entrambi i comuni interessati la Corte dei Conti ha stigmatizzato la scelta discrezionale di non utilizzare le risorse disponibili per fare fronte, in unica soluzione, all’obbligazione derivante dall’escussione della fideiussione.

In dette deliberazioni si afferma anche che nel caso in cui un ente locale subisca l’escussione di una garanzia rilasciata ai sensi dell’art. 207 Dlgs 267/2000 esso sarebbe tenuto a subentrare nel rapporto di mutuo esistente e non potrebbe stipulare un nuovo mutuo perché questa stipula costituirebbe nuovo indebitamento non direttamente connesso ad una spesa d’investimento.

Viene inoltre evidenziato che ai comuni è consentito ricorrere al meccanismo della surroga, contraendo nuovi mutui a condizioni più favorevoli per estinguere con le somme mutuate i finanziamenti in corso. In questo caso non si realizzerebbe – dal punto di vista finanziario – un debito nuovo, ma solo la sostituzione (e riduzione) di un debito già esistente.

Precisa però la Corte dei Conti che l’operazione di surroga deve comunque rispondere a due presupposti: (i) deve necessariamente determinare la sostituzione di un debito di maggiore valore finanziario, derivante dal primo finanziamento, con un debito di minore valore derivante dal nuovo finanziamento a condizioni più favorevoli e (ii) la durata del nuovo mutuo non deve eccedere quella del mutuo precedente.

Applicando tali principi ai due casi di specie la Corte dei Conti ha concluso rilevando che le operazioni realizzate dal Comune di Ciriè e dal Comune di Borgaro Torinese sarebbero nulle perché determinerebbero la violazione dell’art. 119 Cost., come attuato dall’art. 10 della l. n. 234/2012 e dall’art. 202 TUEL.

Il punto di partenza del ragionamento seguito dalla Corte dei Conti nei due casi di specie è il rilievo che entrambi i Comuni avrebbero avuto a disposizione risorse per onorare in unica soluzione le obbligazioni discendenti dalla risoluzione per inadempimento dei contratti di mutuo da parte del mutuatario beneficiario delle fideiussioni rilasciate dagli enti locali. Viene quindi anzitutto censurata la scelta discrezionale e di opportunità svolta dagli Enti Locali ed estranea alla sfera giuridica ed alla disponibilità dell’Ente finanziatore.

Partendo da tale rilievo la Corte dei Conti poi, nella sostanza, evidenzia che nel caso in cui un ente locale subisca l’escussione di una garanzia rilasciata ai sensi dell’art. 207 Tuel esso sarebbe tenuto a subentrare nel rapporto di mutuo esistente e non potrebbe stipulare un nuovo mutuo perché questa stipula costituirebbe nuovo indebitamento non direttamente connesso ad una spesa d’investimento.

In altri termini, nel caso di escussione di una garanzia a favore di terzi rilasciata ai sensi dell’art. 207 Tuel la modalità tecnica corretta sarebbe quella del pagamento in unica soluzione o del subentro mediante accollo e non sarebbe corretto contrarre nuovi mutui a condizioni più favorevoli per estinguere con le somme mutuate i finanziamenti in corso.

Tale affermazione viene però temperata dal rilievo che la giurisprudenza contabile ha affermato (Sez. Controllo Marche delib. 12/2019/PAR) che ai comuni è consentito ricorrere al meccanismo della surroga, contraendo nuovi mutui a condizioni più favorevoli per estinguere con le somme mutuate i finanziamenti in corso. In questo caso non si realizzerebbe – dal punto di vista finanziario – un debito nuovo, ma solo la sostituzione (e riduzione) di un debito già esistente.

Precisa però la Corte dei Conti che l’operazione di surroga deve comunque rispondere a due presupposti:

  1. deve necessariamente determinare la sostituzione di un debito di maggiore valore finanziario, derivante dal primo finanziamento, con un debito di minore valore derivante dal nuovo finanziamento a condizioni più favorevoli; e
  2. la durata del nuovo mutuo non deve eccedere quella del mutuo precedente.

Alla luce di tali rilievi quindi la Corte dei Conti conclude che nei due casi esaminati non è possibile inquadrare la stipula del nuovo contratto di mutuo nell’ambito del meccanismo della surroga perché:

  1. il precedente contratto di mutuo era stato già risolto e ciò non consentirebbe di confrontare gli oneri del finanziamento garantito con quelli del finanziamento contratto per estinguerlo perché il valore finanziario delle passività derivanti dal primo contratto è comunque dipendente dal diritto del mutuatario di restituire il capitale secondo le modalità rateali previste dal contratto stesso e tale possibilità era venuta meno (per il debitore principale come per il garante) e si era in presenza di un debito tutto immediatamente esigibile con la conseguenza che le originarie condizioni del contratto di finanziamento cesserebbero di assumere rilievo ai fini della quantificazione dei relativi oneri;
  2. la durata del nuovo mutuo eccedeva quello del mutuo precedente.

Nel caso del Comune di Borgaro Torinese la Corte dei Conti aggiunge che la durata del finanziamento eccederebbe quella della vita utile dell’investimento.

In ultima analisi, la Corte dei Conti si concentra sulla circostanza che i contratti di mutuo originari erano stati risolti per inadempimento del mutuatario e ciò avrebbe impedito sia l’accollo del mutuo originario, sia la ristrutturazione del debito mercè la sostituzione mediante surroga di un mutuo ancora in corso di ammortamento.

Su queste basi la Corte dei Conti conclude rilevando che le operazioni realizzate dal Comune di Ciriè e dal Comune di Borgaro Torinese determinerebbero la violazione dell’art. 119 Cost., come attuato dall’art. 10 della l. n. 234/2012 e dall’art. 202 Tuel.

3. Osservazioni sulla Deliberazione Corte Conti Piemonte n.66/2024/PRSE del 22 febbraio 2024 e sulla Deliberazione Corte Conti Piemonte 7 dicembre 2023 n. 95/2023/PRSE.

3.1. A tenore dell’art. 3, comma 17, della legge n. 350/2003 costituisce indebitamento per l’ente localeil residuo debito garantito dall’ente a seguito della definitiva escussione della garanzia”, mentre non costituiscono indebitamento “le operazioni di revisione, ristrutturazione o rinegoziazione dei contratti di approvvigionamento finanziario che determinano una riduzione del valore finanziario delle passività totali”.

Inoltre, a tenore del successivo comma 18, lett. h, costituiscono spese di investimento quelle relative a “contributi agli investimenti e i trasferimenti in conto capitale a seguito di escussione delle garanzie in favore di soggetti concessionari di lavori pubblici o di proprietari o gestori di impianti, di reti o di dotazioni funzionali all’erogazione di servizi pubblici o di soggetti che erogano servizi pubblici, le cui concessioni o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli investimenti agli enti committenti alla loro scadenza, anche anticipata. In tale fattispecie rientra l’intervento finanziario a favore del concessionario di cui al comma 2 dell’articolo 19 della legge 11 febbraio 1994, n. 109”.

Nei due casi di specie, come detto, il raffronto delle passività totali tra i precedenti mutui ed i nuovi mutui aveva fatto emergere una riduzione delle stesse.

La predetta circostanza secondo cui il raffronto delle passività totali tra i precedenti mutui ed i nuovi mutui faceva emergere una riduzione delle stesse non è stata ritenuta rilevante per la Corte dei Conti, la quale ha sottolineato, sul piano formale, l’intervenuta risoluzione per inadempimento dei precedenti contratti di mutuo e quindi l’irregolarità del raffronto tra le passività totali del rapporto di mutuo originario ormai risolto ed il nuovo rapporto di mutuo.

Al riguardo occorre però interrogarsi, sul piano civilistico, sulla disponibilità degli effetti della risoluzione per inadempimento e sulla possibile reviviscenza del contratto. In dottrina e giurisprudenza si è lungamente discusso sulla possibilità, per l’intimante di diffida ad adempiere, di rinunciare agli effetti risolutori che si producono, a norma del 3° co. dell’art. 1454 c.c., con l’inutile spirare del termine stabilito dal creditore in diffida.

Partendo da tale rilievo, analizzando il fenomeno nella diversa prospettiva dell’autonomia negoziale delle parti, appare chiaro che non è precluso alle stesse – nell’esercizio della propria autonomia – disporre consensualmente degli effetti della risoluzione e convenire la riviviscenza del contatto.

In questa prospettiva risulta dunque formalistica e non pienamente condivisibile l’affermazione – poi nella sostanza superata dalla deliberazione della Sezione Autonomie dianzi richiamata – secondo cui nella specie non potrebbe ricorrere una ipotesi di legittima ristrutturazione del debito pregresso in quanto mancherebbe un contratto di mutuo da ristrutturare.

Peraltro, deve al riguardo evidenziarsi – come chiarito dalla Sezione Autonomie – che costituisce indebitamento dell’ente locale anche “il residuo debito garantito dall’ente a seguito della definitiva escussione della garanzia” e, almeno sul piano finalistico, non appare in contrasto con l’art. 119 Cost. e le previsioni dell’art. 3 della legge n. 350/2003, un’operazione che abbia comunque l’effetto di determinare una riduzione delle passività totali relative al “residuo debito garantito dall’ente” divenuto indebitamento diretto dell’ente ad esito dell’escussione della garanzia.

3.2. A ben vedere, nelle due delibere qui in analisi la Corte dei Conti sembra affermare che gli Enti locali avrebbero dovuto fare fronte alle obbligazioni discendenti dall’escussione delle garanzie mediante l’utilizzo, in unica soluzione, delle risorse disponibili a bilancio e che, in ogni caso, la rinegoziazione/ristrutturazione dei mutui originariamente contratti dalla concessionaria avrebbe richiesto il preventivo accollo degli stessi.

Sul punto si può osservare che la stessa Corte dei Conti Piemontese ha recentemente osservato che l’accollo di un debito finanziario da parte di un ente locale deve ritenersi ammissibile, rappresentando l’accollo nient’altro che una modalità – rectius: uno strumento contrattuale – di ricorso all’indebitamento, in quanto tale sottoposto alle condizioni e ai limiti previsti per quest’ultimo. Tuttavia, l’accollo del debito deve essere motivato da ragioni di interesse pubblico (ex multis, Corte Conti sez. reg. di contr. Piemonte, delib. n. 15/2016/PAR; n. 385/2013/PAR; Id., sez. reg. di contr. Lombardia, delib. n. 30/2015/PAR) ulteriori e più specifiche rispetto a quelle che riguardano ogni modalità di ricorso all’indebitamento e, in particolare, la stipula di mutui passivi; l’operazione deve, infatti, rispondere a criteri di razionalità economica che la giustifichino in relazione agli effetti concreti che essa produce (cfr. Corte dei conti, sez. reg. di contr. per il Piemonte, delib. n. 76/2023/PAR).

Nel caso di specie, si ribadisce, analizzate dalla prospettiva degli enti locali, le operazioni di stipula dei nuovi mutui rispondono a criteri di razionalità economica ed appaiono giustificate in relazione agli effetti concreti di riduzione delle passività totali a carico degli enti locali che esse hanno prodotto.

Di tal che, come poi chiarito dalla Sezione Autonomie, non appare dirimente che le stesse, dal punto di vista tecnico, non siano state realizzate nel contesto di un’operazione di accollo dei precedenti contratti di mutuo.

Allo stesso modo, non appare dirimente la circostanza che i nuovi contratti di mutuo abbiano una durata più lunga di quelli originari.

3.3. In linea con quanto ora esposto è utile evidenziare, ad esempio, la fattispecie analizzata dalla Corte Conti Lombardia nella deliberazione n. 166/2015/PAR.

In quel caso si discuteva di un accollo di mutui a seguito di escussione di garanzia fideiussoria, cui far seguire una rinegoziazione allo scopo di evitare l’aumento dell’imposizione tributaria ed il sindaco del Comune interessato aveva chiesto alla Sezione di pronunciarsi in merito alla coerenza rispetto alla legge di un’operazione di rinegoziazione nel caso in cui, dall’allungamento del piano di ammortamento e nonostante tassi di interesse passivi oggi particolarmente favorevoli, non fosse possibile garantire una diminuzione delle passività totali.

La Corte dei Conti ebbe a rilevare l’irregolarità di un allungamento del periodo di ammortamentoqualora dall’allungamento del piano di ammortamento e dall’applicazione del tasso d’interesse effettivo non sia possibile garantire una diminuzione delle passività totali. Peraltro, l’affermazione si pone assolutamente in linea con altri precedenti consultivi (Corte Conti SRC Toscana, deliberazione n.27/2011/PAR, Id., Lombardia deliberazione n.1027/2010/PAR: entrambe si soffermano sul concetto di “risparmio” finanziario sotteso alle operazioni di rinegoziazione dei finanziamenti in ammortamento”).

Se ne deduce che non dovrebbe essere precluso l’allungamento del piano di ammortamento qualora comunque sia assicurata una complessiva diminuzione delle passività totali.

3.4. Fermo quanto precede, merita anche rilevare che limitatamente all’operazione del Comune di Borgaro Torinese la Corte dei Conti evidenzia che il periodo di ammortamento supererebbe quello della durata utile dell’investimento.

Più in dettaglio, la Corte dei conti rileva (pag. 19 delib. n. 66/2024) che ammesso e non concesso che si potesse far rientrare l’operazione finanziaria nell’ambito della c.d. “surroga” ex art. 3, comma 17, l. n. 350/2003 nel caso di specie vi sarebbe una violazione dell’art. 10, comma 2, della l. n 243/2012 secondo cui “le operazioni di indebitamento sono effettuate solo contestualmente all’adozione di piani di ammortamento di durata non superiore alla vita utile dell’investimento, nei quali sono evidenziate l’incidenza delle obbligazioni assunte sui singoli esercizi finanziari futuri nonché le modalità di copertura degli oneri corrispondenti”.

Osserva la Corte dei Conti che il punto 4.18 dell’allegato 4/3 al D. Lgs n. 118/2011 prevede i coefficienti di ammortamento delle immobilizzazioni materiali e, nello specifico, che “Ai fabbricati demaniali si applica il coefficiente del 2%, agli altri beni demaniali si applica il coefficiente del 3%. Alle infrastrutture demaniali e non demaniali si applica il coefficiente del 3%”, mentre agli “impianti e attrezzature” si applica il coefficiente del 5%.

Su questi presupposti la Corte dei Conti rileva che “escluso il carattere demaniale della piscina, ne deriva che la stessa può essere qualificata o come bene immobile generico, o come infrastruttura o come impianto; nei primi casi, il coefficiente di ammortamento fa presumere una vita utile massima di trentaquattro anni, mentre per gli impianti e attrezzature tale periodo si riduce a venti anni. Posta la fine dei lavori all’anno 2007, e quindi l’utilizzo dell’impianto ampliato a decorrere dal 2008, come riferito dall’Amministrazione in proposito, nell’ipotesi di vita utile massima di anni trentaquattro, quest’ultima avrebbe termine massimo all’anno 2042. Il finanziamento contratto dal Comune di Borgaro T.se a giugno 2021 ha invece una durata di venticinque anni, con un’estinzione prevista all’anno 2046, dal che emerge una violazione del precetto di cui all’articolo 10, comma 2, del D. Lgs n. 243/2012”.

A tale riguardo è utile però osservare che ai sensi del comma 5 dell’art. 10 del D.lgs. 243/2012criteri e modalità di attuazione del presente articolo” avrebbero dovuto essere disciplinaticon decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare d’intesa con la Conferenza unificata” e che successivamente la Corte Costituzionale, con sentenza 11 ottobre – 6 dicembre 2017, n. 252 , ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera c), della legge 12 agosto 2016, n. 164nella parte in cui, nel sostituire l’art. 10, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione), non prevede la parola «tecnica», dopo le parole «criteri e modalità di attuazione» e prima delle parole «del presente articolo»” e l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera c), della legge n. 164 del 2016nella parte in cui, nel sostituire l’art. 10, comma 5, della legge n. 243 del 2012, prevede «, ivi incluse le modalità attuative del potere sostitutivo dello Stato, in caso di inerzia o ritardo da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano»“.

Inoltre, gli impianti sportivi di proprietà comunale sono infrastrutture che appartengono al patrimonio indisponibile di un’Amministrazione Pubblica in quanto destinati al soddisfacimento dell’interesse della collettività, ex art. 826, ultimo comma, Codice Civile (ex multis, TAR Campania, Napoli, sez. II, sentenza n. 5703 del 14.09.2022).

Si aggiunge che le infrastrutture sportive di regola comprendono altresì spogliatoi, bagni ed altre volumetrie a corredo ed appaiono complessivamente qualificabili, quanto all’ammortamento, secondo i principi contabili richiamati dalla Corte dei Conti ed in particolare secondo il principio contabile il punto 4.18 dell’allegato 4/3 al D. Lgs n. 118/2011, tra i fabbricati civili ad uso abitativo, commerciale o istituzionale per i quali si applica il coefficiente del 2% e non quello del 5% che è limitato ai soli “impianti ed attrezzature”.

4. Il deferimento alla Sezione delle autonomie, ai sensi dell’art. 6, comma 4, del decreto legge 10 ottobre 2012 n. 174, della questione interpretativa.

Ponendosi nel medesimo solco tracciato con le deliberazioni dianzi indicate, con deliberazione n. 250/2024/QMIG, adottata nelle camere di consiglio del 15 e 29 maggio 2024, la Sezione regionale di controllo per il Veneto, nell’ambito delle verifiche sul bilancio di previsione 2021-2023 e sul rendiconto 2021 del Comune di Arzignano – ai sensi dell’art. 1, commi 166 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, ha sottoposto al Presidente della Corte dei conti la valutazione circa l’opportunità di deferire alla Sezione delle autonomie, ai sensi dell’art. 6, comma 4, del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, o alle Sezioni Riunite in sede di controllo, ai sensi dell’art. 17, comma 31, decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, la seguente questione di massima ai fini dell’adozione di una pronuncia di orientamento generale: «se sia da considerarsi o meno spesa di investimento la sottoscrizione da parte di un Ente locale di un mutuo per far fronte all’escussione di una fideiussione, qualora il soggetto garantito avesse, a sua volta, sottoscritto un mutuo per realizzare un’opera pubblica su incarico del medesimo Ente fideiussore e si fosse, poi, reso inadempiente nel pagamento delle rate ed eventualmente a quali condizioni».

A tale riguardo la Sezione regionale di controllo per il Veneto premette che, a suo avviso, la spesa in questione non può essere qualificata come “spesa d’investimento” facendo leva sul disposto dell’art, 3, comma 17, l. n. 350/2003 nella parte in cui prevede che: costituisce “indebitamento, agli effetti dell’art. 119, sesto comma, della Costituzione, … il residuo debito garantito dall’ente a seguito della definitiva escussione della garanzia” perché tale disposizione si limiterebbe ad escludere l’immediata rilevanza del rilascio della garanzia ai fini del rispetto dell’art. 119, ultimo comma Cost.

Viene anche escluso che la qualificazione del nuovo indebitamento come indebitamento finalizzato a fare fronte a “spese d’investimento” possa discendere dal collegamento negoziale tra il mutuo stipulato dall’Ente locale ed il mutuo originariamente stipulato dal concessionario per il quale era stata rilasciata la garanzia ex art. 207 TUEL e ciò in quanto “L’eventuale collegamento negoziale fra due contratti di finanziamento non può quindi assumere rilievo ai fini del rispetto della c.d. golden rule, se non nelle particolari ipotesi in cui lo stesso legislatore ha previsto che alcune operazioni – non produttive di tali effetti sul piano patrimoniale – siano considerate ex lege quali spese di investimento o escluse dal perimetro di applicazione della norma.

Ugualmente viene negato che possa avere rilievo, ai fini del rispetto delle previsioni dell’art. 119 Cost., che la durata utile dell’investimento sia maggiore del periodo di ammortamento del nuovo mutuo.La circostanza, infatti, che la scadenza dell’ammortamento non superi la durata del nuovo finanziamento non è sufficiente di per sé a legittimare l’operazione, tenuto conto della (diversa) finalizzazione delle risorse finanziarie in esame”.

In questa medesima prospettiva viene anche negato che la stipula del nuovo mutuo possa essere ricondotta all’ipotesi della surroga in quanto il precedente rapporto (tra il soggetto mutuante e la società) era stato risolto per iniziativa del finanziatore in seguito all’inadempimento del soggetto finanziato; inoltre, la nuova operazione non determinava una riduzione del valore finanziario delle passività totali. In ultimo, in caso di surroga si è ritenuto che la durata del nuovo mutuo non possa comunque eccedere quella del mutuo precedente (Sez. controllo Marche, delib. n. 12/2019/PAR) e, nel caso di specie, il mutuo contratto dall’ente locale aveva una durata più lunga di quello contratto originariamente dal concessionario.

Alla luce di tali principali considerazioni (cui si aggiungono altri rilievi che non è utile qui richiamare), la Sezione ha dunque dubitato della legittimità della stipula del nuovo mutuo da parte dell’ente locale.

Tuttavia, la Sezione precisa anche che nella complessiva valutazione della questione, occorrerebbe considerare che un’alternativa alla stipula del nuovo mutuo avrebbe potuto essere quella di attendere azioni giudiziarie da parte dell’Istituto finanziatore, così da realizzarsi le condizioni per il riconoscimento di un debito fuori bilancio, con conseguente possibilità, ai sensi degli artt. 194 e 202 TUEL, di ricorrere a un nuovo indebitamento. Ciò, tuttavia, avrebbe generato un indubbio aggravio dei costi per l’Amministrazione in ragione del maturare degli interessi.

5. La soluzione interpretativa formulata dalla Sezione Autonomie: sintesi.

Come già illustrato, la Sezione delle Autonomie, a differenza di quanto illustrato criticamente dalle menzionate Sezioni Regionali di Controllo, si è espressa favorevolmente rispetto alla possibilità astratta per gli enti locali di stipulare un contratto di mutuo per fare fronte alle obbligazioni discendenti dall’escussione di garanzia legittimamente rilasciata ex art. 207 Tuel[5].

Merita rilevare che le valutazioni espresse dalla Sezione Autonomie non riguardano il caso singolo dal quale è scaturito il quesito sottoposto dalla Sezione remittente ma sciolgono, su di un piano generale ed astratto, il dubbio interpretativo prospettato in ordine all’ammissibilità dell’indebitamento per provvedere alla spesa derivante dall’escussione di una fideiussione ex art. 207 Tuel.

Come già anticipato, la Sezione Autonomie della Corte dei Conti ritiene che sia ammissibile per gli enti locali contrarre nuovo indebitamento per provvedere alla spesa derivante dall’escussione di una fideiussione, purché siano rispettate, principalmente, le seguenti condizioni:

  1. l’opera pubblica deve essere completata (se non lo è ancora) e acquisita al patrimonio dell’ente, in quanto, seppure in modo indiretto, l’assunzione del nuovo mutuo è stata effettivamente finalizzata ad investimento;
  2.  l’assunzione del mutuo deve essere limitata al solo debito residuo senza includere penali o interessi di mora, che rappresenterebbero nuovo indebitamento non giustificato dalle disposizioni applicabili;
  3. si deve verificare che il nuovo mutuo riduca il valore finanziario totale della passività, facendo ricorso al metodo del valore attualizzato[6], comparando il valore attualizzato delle rate residue del mutuo originario con quelle del nuovo mutuo;
  4. si deve, infine, rispettare la previsione dell’art. 10, secondo comma[7], della legge n. 243/2012, quale parametro interposto dell’art. 119, ultimo comma, Cost., in forza del quale il piano di ammortamento della operazione di indebitamento non può avere una durata superiore alla vita utile dell’investimento.

Nulla viene detto, specificamente, sulla durata del piano di ammortamento del nuovo mutuo. Resta quindi da stabilire se il nuovo mutuo possa, in ipotesi, anche avere durata superiore a quella del mutuo originario.

Nel silenzio della deliberazione sul punto è opinione di chi scrive che se le ulteriori condizioni risultano rispettate (e, in particolare, quella sulla durata utile dell’investimento) e se, quindi, il nuovo mutuo – quale che sia il relativo periodo di ammortamento – consente comunque una riduzione del valore finanziario delle passività totali (riduzione che va verificata, come detto, attraverso il metodo del valore attualizzato delle passività), allora tale nuovo mutuo potrebbe anche legittimamente avere una durata del periodo di ammortamento maggiore di quella del mutuo originario.

In ultima analisi, la Sezione Autonomie, attraverso una molto articolata illustrazione del portato precettivo delle disposizioni di legge rilevanti, conclude, in estrema sintesi, che “il subentro al debitore originario di una passività finanziaria a seguito dell’escussione della garanzia è considerato un investimento ai sensi dell’art. 3, comma 18, lett. g) e h), della legge n. 350/2003, e viene trattato come trasferimento in conto capitale. Questa soluzione normativa consente di integrare tali operazioni nel bilancio dell’ente tramite la regolazione contabile delle sopravvenienze passive”.

In altri termini, la Sezione Autonomie ravvisa un collegamento negoziale tra il mutuo originariamente stipulato dal concessionario (e garantito dall’ente locale ex art. 207 Tuel) ed il nuovo debito assunto dall’ente locale per fare fronte alle obbligazioni pecuniarie discendenti dall’escussione di tale garanzia a seguito dell’inadempimento del concessionario rispetto al primo contratto di mutuo. Osserva la Corte che “la fattispecie complessa deve essere considerata in maniera unitaria, essendo strettamente collegati i rapporti finanziari assunti dal concessionario per l’esecuzione dell’opera e la garanzia prestata dall’ente locale” ed aggiunge anche che “sebbene in linea generale non sia consentito contrarre mutui per finanziare debiti, sussista una connessione logica tra la fideiussione rilasciata per l’investimento – se la stessa è stata prestata nell’assoluto rispetto delle condizioni indicate dall’art. 207 del TUEL – e il mutuo, necessario per estinguere il residuo debito in caso di escussione della garanzia”.

Attraverso questo percorso argomentativo la Sezione Autonomie supera i rilievi, sollevati nelle predette deliberazioni di Sezioni Regionali di Controllo, volti ad evidenziare che nel caso in cui un ente locale subisca l’escussione di una garanzia rilasciata ai sensi dell’art. 207 Dlgs 267/2000 esso sarebbe tenuto a subentrare nel rapporto di mutuo esistente e non potrebbe stipulare un nuovo mutuo perché questa stipula costituirebbe nuovo indebitamento non direttamente connesso ad una spesa d’investimento. Viene in altri termini superata la pretesa necessità di accollo del debito contratto dal concessionario e la rilevanza della già intervenuta risoluzione, per inadempimento del concessionario, del precedente contratto di mutuo

La Sezione Autonomie, da ultimo, conclude affermando che, nel rispetto delle predette condizioni, è da ritenere legittima la contrazione di un nuovo debito per estinguere il debito risultante dall’escussione di una garanzia rilasciata ex art. 207 Tuel, senza violare l’art. 119 della Costituzione e quindi senza incorrere nella sanzione di nullità dei contratti stipulati in violazione di tale disposizione di legge.

Si tratta dell’affermazione di un principio che è di conforto per l’operatività, talora complessa, degli Istituti bancari che si vedono ad operare con gli enti locali per il finanziamento di opere pubbliche, anche in regime di concessione.

 

[1] Cfr. C. Montanari, “Il rilascio di garanzia fideiussoria: possibilità per gli enti locali”, in Finanza e Tributi, 2007, fasc. 12, pag. 665 e ss.

[2] In particolare, l’Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli Enti locali, si è pronunciato con proprio atto d’indirizzo del 12 luglio 2019 recante: “La disciplina delle garanzie finanziarie prestate da parte degli enti locali in favore di terzi, destinatari di contributi agli investimenti a fini sportivi”, reperibile al seguente link: https://dait.interno.gov.it/finanza-locale/documentazione/atto-di-indirizzo-disciplina-delle-garanzie-finanziarie-prestate-da

[3] Tale prescrizione è da ricondurre alle disposizioni in materia di rinegoziazione dei mutui contratti dagli enti locali. Si ricorda sommariamente l’iter legislativo in materia di rinegoziazione, a partire dalla legge 449/97, che, all’art. 49, comma 15, consentì la possibilità di rinegoziazione con la Cassa Depositi e Prestiti per i mutui contratti prima del 31.12.1996. Con la legge finanziaria 2002 (art.41, comma 2 legge 448/2001) si estende tale possibilità per i mutui contratti successivamente del 31 dicembre 1996, autorizzando gli enti locali a procedere anche alla rinegoziazione dei mutui anche con altri istituti purché si verifichi la riduzione del valore finanziario delle passività a carico degli enti stessi. La legge 266/2005 nell’introdurre nell’art. 1, comma 71 bis della legge finanziaria n. 311/2004 (art. 1, comma 71) interviene nuovamente sulla possibilità di rinegoziazione dei mutui contratti da parte degli enti introducendo un principio cardine che ciò avvenga solo in presenza di condizioni di mercato che rendano tali operazioni vantaggiose, con l’obiettivo principale di ridurre la spesa per interessi a carico della finanza pubblica. Per l’anno 2009 la legge 22 dicembre 2008, n. 203 (art.3, comma 66), nel modificare l’art.1, comma 70 della legge 448/2001, stabilisce che nel ricontrattare i mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996 si richiedono condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti stessi (Lombardia deliberazione 5 febbraio 2009 n. 27).

[4] L’art. 10, comma 2, della l. n. 243/2012 prevede: “In attuazione del comma 1, le operazioni di indebitamento sono effettuate solo contestualmente all’adozione di piani di ammortamento di durata non superiore alla vita utile dell’investimento, nei quali sono evidenziate l’incidenza delle obbligazioni assunte sui singoli esercizi finanziari futuri nonché le modalità di copertura degli oneri corrispondenti”. Cfr. anche Circolare Ministero dell’Economia e Finanze 15/03/2022 n. 15. Tale circolare fornisce informazioni agli enti territoriali circa il rispetto degli equilibri di bilancio ex ante, per gli anni 2022 e 2023, ed ex post, per l’anno 2020, ai sensi degli articoli 9 e 10 della legge 24 dicembre 2012, n. 243

[5] La Corte dei Conti precisa che “l’art. 207 del TUEL (come modificato dall’art. 74, primo comma, n. 45, lett. b), del d.lgs. n. 118/2011, nel testo introdotto dall’art. 1, primo comma, lett. aa) del d.lgs. n. 126/2014), consente agli enti locali, a decorrere dal 1° gennaio 2015, di rilasciare una garanzia fideiussoria solo a favore dei soggetti che possono essere destinatari di contributi agli investimenti finanziati da debito, come definiti dall’art. 3, comma 18, lett. g) e h), della legge n. 350/2003, per la contrazione di mutui destinati alla realizzazione o alla ristrutturazione di opere a fini culturali, sociali o sportivi, su terreni di proprietà dell’ente locale.

La norma consente, inoltre, il rilascio della garanzia a condizione che il progetto sia stato approvato dall’ente locale e sia stata stipulata una convenzione con il soggetto mutuatario che regoli la possibilità di utilizzo delle strutture in funzione delle esigenze della collettività, che la struttura realizzata sia acquisita al patrimonio dell’ente al termine della concessione e che la convenzione regoli i rapporti tra l’ente locale e mutuatario nel caso di rinuncia di questi alla realizzazione o ristrutturazione dell’opera”.

[6] L’attualizzazione rappresenta il processo finanziario che consente di stabilire oggi il valore attuale di un capitale che ha come naturale scadenza una data futura; e tramite l’applicazione di uno sconto si arriva ad identificare un’equivalenza finanziaria tra due capitali che hanno scadenze diverse nel tempo. Per valutare la convenienza economica dell’operazione (e dunque la sua legittimità) occorre attualizzare i flussi finanziari attesi sulla base di una curva dei fattori di sconto coerente con il mercato attuale. Al riguardo cfr. anche l’atto d’indirizzo dell’Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali recante: “Atto di indirizzo ex art. 154, comma 2, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. estinzione anticipata dei mutui e riduzione degli oneri del servizio del debito per gli enti locali” disponibile al link: https://dait.interno.gov.it/documenti/atto_di_indirizzo_estinzione_anticipata_mutui_definitivo.pdf. In tale atto d’indirizzo si ricorda che la circolare del MEF del 28 giugno 2005, esplicativa delle disposizioni di cui alla legge n. 311/2004 in materia di rinegoziazione del debito degli enti locali, fornisce una definizione del concetto di “riduzione delle passività totali” identificandole “come l’insieme delle passività (quote capitale e quote interesse) …” e specifica che la riduzione in predicato deve realizzarsi in relazione “alla singola posizione di mutuo”. Nella circolare, poi, si precisa che la riduzione richiesta “… si considera conseguita se, all’atto dell’operazione, il valore finanziario, cioè la somma dei valori attuali dei flussi della nuova passività (ciascun flusso costituito dalle quote capitale e quote interesse alle relative scadenze) nonché delle commissioni, penali e accessori dovuti per l’estinzione del vecchio mutuo e delle commissioni per l’accensione del nuovo prestito, risulti inferiore alla somma dei valori attuali dei flussi della passività preesistenti che si vuole convertire/rinegoziare”.

[7] L’art. 10, comma 2, della l. n. 243/2012 prevede: “In attuazione del comma 1, le operazioni di indebitamento sono effettuate solo contestualmente all’adozione di piani di ammortamento di durata non superiore alla vita utile dell’investimento, nei quali sono evidenziate l’incidenza delle obbligazioni assunte sui singoli esercizi finanziari futuri nonché le modalità di copertura degli oneri corrispondenti”. Cfr. anche Circolare Ministero dell’Economia e Finanze 15/03/2022 n. 15. Tale circolare fornisce informazioni agli enti territoriali circa il rispetto degli equilibri di bilancio ex ante, per gli anni 2022 e 2023, ed ex post, per l’anno 2020, ai sensi degli articoli 9 e 10 della legge 24 dicembre 2012, n. 243

 

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