diMassimo Sensini
Dal Covid all’Ucraina il recupero dei fondi stanziati «a garanzia»
Al ministero dell’Economia, impegnato nella difficile ricerca di risorse per la prossima manovra di Bilancio, sostanzialmente a raschiare il fondo del barile, è partita un’operazione quasi disperata. Il recupero delle somme stanziate in passato sul Bilancio dello Stato a copertura di misure che non sono state utilizzate fino in fondo. Un repulisti, insomma. Le misure che non costano, come la possibilità di rimanere al lavoro per i dipendenti pubblici fino a 70 anni su base volontaria, che sta prendendo corpo, non creano problemi. Ma per le altre richieste della maggioranza non c’è grande spazio.
Per il ministro Giancarlo Giorgetti, alle prese con le nuove e più rigide regole europee sulla spesa pubblica, bisogna «rendere più efficiente l’uso del denaro pubblico già investito». Prima dei tagli alla spesa viva, che nessuno dei partiti di maggioranza sembra disposto a fare, ma che saranno necessari, si spunteranno le coperture «eccessive». Strada obbligata, visto che la maggioranza è restia anche a un aumento delle entrate, ma chiede risorse per il rifinanziamento delle misure dello scorso anno, dagli sgravi contributivi a quelli fiscali, le deduzioni alle imprese che assumono, e gli incentivi per la natalità (che costano almeno 15 miliardi di euro). E poi, se ci fosse margine, come concordato ieri, le tasse per il ceto medio e gli autonomi, la sanità, l’adeguamento delle pensioni.
La verifica del Mef sembra stia cominciando a dare esiti positivi. Sulle garanzie che lo Stato ha offerto alle imprese per fronteggiare prima il Covid, poi le conseguenze della guerra in Ucraina, per esempio, è stato messo un sacco di soldi a copertura delle possibili perdite che poi non ci sono state. «Le sofferenze — dice Massimo Bitonci, sottosegretario della Lega alle Imprese — sono intorno al 2%. L’esposizione dello Stato, che era arrivata a 300 miliardi, si è ridotta a 190». Le garanzie effettivamente attivate finora, a metà vita di gran parte dei prestiti, sono meno di 4 miliardi. Di conseguenza, le somme stanziate nel bilancio pubblico a copertura, immaginando in molti casi che tutti i prestiti finissero in default, risultano oggi eccessive.
«Le garanzie pubbliche devono restare, perché senza queste le banche non farebbero mai credito alle piccole e alle micro imprese. Diciamo che i risparmi possono autoalimentare il Fondo di garanzia per le Pmi: vuol dire che il Mef, almeno, non dovrà metterci altri soldi» dice Bitonci. Almeno due o tre miliardi recuperati, dunque. Sempreché il Mef non voglia spingere un po’ di più, visto che alcune garanzie pesano sulla spesa primaria netta, l’aggregato da monitorare, e altre no.
Intanto si delineano il percorso e i contenuti del Piano strutturale di bilancio a sette anni richiesto dalle nuove regole Ue. Il Piano, che dovrebbe prevedere una crescita massima nominale della spesa primaria netta intorno all’1,6% annuo, compatibile con la riduzione del deficit dello 0,5% per il ‘25 e ‘26 (quando sarebbe sotto il 3% del Pil), poi un calo del debito di un punto l’anno, arriverà in Consiglio dei ministri il 17 settembre.
Sarà pubblicato, ma trasmesso formalmente a Bruxelles verso fine mese, dopo le risoluzioni del Parlamento che il governo ha deciso di attendere. Entro il 15 ottobre, tenendo conto anche dell’aggiornamento dei dati sul Pil da parte dell’Istat a fine settembre, il ministro dell’Economia presenterà il Documento programmatico di bilancio, che definirà la dimensione e le misure della legge di Bilancio del prossimo anno, attesa il 30 ottobre.
La procedura di verifica dei numeri alla base del Piano è già partita. Nelle prossime ore l’Ufficio di bilancio dovrebbe comunicare al Mef il via libera sul quadro macroeconomico tendenziale su cui è costruito il Piano. La crescita del Pil all’1% nel ‘24 e di poco superiore nel ‘25 sarebbe per ora confermata, anche se dalla revisione Istat del 23 settembre potrebbe emergere un quadro anche migliore. I margini effettivi di bilancio restano comunque stretti, si profilano altri tagli sulle detrazioni e i bonus fiscali, e la linea di Giorgetti, condivisa ieri nel vertice di maggioranza, resta improntata alla prudenza in vista degli esami di Bruxelles, ma soprattutto dei voti autunnali delle agenzie di rating.
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