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Ultim’ora news 9 settembre ore 20


Se è troppo presto per parlare di risiko tra le fondazioni di origine bancaria, certamente si tratta di un passo in quella direzione. L’articolo 10 del ddl semplificazioni all’esame del Senato si appresta a rilanciare la partita delle fusioni tra gli enti. Una partita aperta a fine 2022 con la prima manovra licenziata del governo Meloni che, in un pacchetto di emendamenti ad hoc, aveva previsto un credito d’imposta pari al 75% delle erogazioni previste nei progetti di fusione con un importo massimo di sei milioni di euro l’anno.

Scopo del provvedimento era puntellare tutte quelle realtà che – complice in alcuni casi la crisi delle banche di cui erano azioniste – si erano negli anni ritrovate in gravi difficoltà nel redistribuire i contributi sui relativi territori di appartenenza. La legge di bilancio 2023 inseriva tra i beneficiari della misura le fondazioni bancarie che tra il 2017 e il 2021 avevano ridotto le erogazioni di almeno il 30% rispetto al quinquennio precedente e nel 2021 registravano un patrimonio contabile non superiore a 50 milioni di euro.

La norma affidava all’Associazione delle Fondazioni e delle Casse di Risparmio (Acri) la stesura e il successivo invio all’Agenzia delle Entrate dell’elenco delle fondazioni incorporanti, le quali avrebbero ricevuto il bonus in base all’ordine cronologico di presentazione della domanda. Il 18 dicembre 2023, il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, aveva poi firmato il provvedimento che fissava termini, modalità e procedure applicative del credito d’imposta riconosciuto alle fondazioni incorporanti.

I dubbi dell’Acri e le modifiche

L’incentivo messo in campo era tuttavia da subito sembrato perfettibile all’Acri, soprattutto sotto il profilo delle previsioni legate all’accesso al credito di imposta. La ragione? In assenza di indicazioni puntuali – sottolineava l’associazione delle Fondazioni e delle Casse di Risparmio – lo sconto fiscale avrebbe potuto esaurirsi all’inizio di ogni anno, anche a fronte di progetti di integrazione ancora in alto mare.

Per questa ragione la proposta di modifica messa nero su bianco nell’ultimo ddl semplificazioni si pone nella direzione di vincolare l’accesso al credito di imposta all’autorizzazione dell’atto di fusione, ovverosia il passaggio notarile che certifica il deal. Così modificata, la norma dovrebbe ora assicurare un utilizzo più mirato del bonus scongiurando al contempo l’effetto «click day».

I precedenti

In attesa della spinta da parte della politica, il comparto ha iniziato nel frattempo a far registrare qualche movimento interessante: negli ultimi anni, in particolare, si è assistito a qualche operazione esplorativa in direzione di un consolidamento. Nel 2019 la Fondazione di Cuneo si è fusa con Bra, mentre la Fondazione Banco Napoli ha incorporato CariChieti, in forte difficoltà dopo la risoluzione nel 2015 della Cassa di Risparmio di Chieti. Più recente il matrimonio della piccola Fondazione Cassa di Risparmio con la Banca del Monte di Lugo nella Fondazione Monte di Bologna e Ravenna.

Il vertice dell’Acri – prima sotto la guida di Francesco Profumo e oggi sotto quella del presidente di Cariplo, Giovanni Azzone – spinge ora su un’accelerazione del processo per creare enti più solidi in grado di servire i territori: si vedrà se il perfezionamento dell’incentivo fiscale favorirà il processo. (riproduzione riservata)

 

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