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La questione finanziamenti pubblici al cinema è sempre complessa. Dopo il mancato sostegno a “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi e quello invece garantito al film di Ginevra Elkann, “Te l’avevo detto”, risultato poi un flop, il caso di “Iddu” di Antonio Piazza e Fabio Grassadonia fa discutere. I registi e il cast, che comprende Elio Germano e Toni Servillo, hanno parlato nella conferenza stampa alla Mostra del cinema di Venezia 2024: “La sceneggiatura non è stata ritenuta meritevole, era già successo a Paola Cortellesi”. Ecco cosa è successo

Capita spesso che i film o le serie sulla mafia e, più in generale, sulla criminalità organizzata mettano in scena lo sfarzo, il lusso ostentato, la ricchezza. I personaggi raccontati nella loro arroganza, il potere che si tramuta in comportamenti eccessivi. Iddu di Antonio Piazza e Fabio Grassadonia, presentato alla Mostra del cinema di Venezia 2024, invece, mantiene i toni più pacati. La mafia che rappresenta è quella che si nasconde, che non passeggia tra gli hotel a cinque stelle ma che sta nelle case piccole, tra gli edifici in costruzione. I protagonisti, i mafiosi, sono usciti dal carcere o latitanti. Iddu racconta la storia di Matteo Messina Denaro (interpretato da Elio Germano), della sua “reclusione” e dello scambio epistolare con Catello Palumbo (Toni Servillo), un ex pezzo grosso che cerca di mettere in piedi un’ultima operazione, supportato dalla polizia, per tentare di salvarsi. La volontà dei registi è quella di rappresentare un boss meno rozzo (ma non meno feroce), dei suoi simili: “Iddu” conosce la Bibbia, il significato dei nomi contenuti nelle Scritture, e quelle conversazioni lasciate su carta dimostrano una certa sensibilità. Ci sono poi i ricordi di suo padre, il boss Gaetano di Cosa Nostra, che riappare nelle vesti di consigliere nella visione quasi allucinata del latitante. Del resto, lui era il “faro” che illuminava la strada del figlio. E Palumbo fa leva proprio su questo aspetto per connettersi al boss. Insomma, una mafia invisibile, che fa dialogare personaggi lontani e che allunga le proprie ombre su tutte le componenti dello stato. Senza però mai abbandonare la propria discrezione. È il primo film dopo l’arresto e la morte di Matteo Messina Denaro, “l’ultimo boss”. Un tema che, come si sa, non smette di riguardare il presente. Eppure, come dichiarato dai registi e da Germano e Servillo durante la conferenza stampa di presentazione alla kermesse del Lido, il film è stato realizzato senza i finanziamenti della regione Sicilia e senza quelli del ministero della Cultura di Gennaro Sangiuliano (in bilico dopo l’affaire Maria Rosaria Boccia). Iddu ha comunque avuto accesso al meccanismo (automatico) del tax credit, ovvero il credito d’imposta, ed è stato sostenuto dal fondo del Lazio dedicato alle coproduzioni internazionali.

Il problema, ovviamente, non è dovuto all’importanza del cast, che può contare su Elio Germano, Toni Servillo, Fausto Russo Alesi e Barbara Bobulova. La questione è un’altra: “La sceneggiatura non è stata ritenuta meritevole, era già successo a Paola Cortellesi”, sono le parole uscite da Venezia. Infatti, anche C’è ancora domani non ebbe accesso ai finanziamenti non automatici, risultando comunque un successo enorme al botteghino. Tempo fa, vi avevamo raccontato come il film di Ginevra Elkann, Te l’avevo detto, nonostante l’ottenimento del sostegno pubblico, fosse stato un flop in termini di incassi. “Le indicazioni ricevute è che dopo i cine-panettoni si cerchi il cine-turismo⁠”, le parole dei registi Piazza e Grassadonia. La questione finanziamenti è sempre complessa e non riguarda solo Iddu, quindi. Ora la riforma del tax credit cambierà ancora lo scenario. Per chi ha fatto parte del progetto di Iddu, però, certe scelte sono difficilmente spiegabili



 

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