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VENEZIA – Dal 16 luglio il magnate di Singapore Ching Chiat Kwong sa di essere indagato per corruzione nell’inchiesta sulle presunte mazzette in Comune a Venezia, in relazione all’acquisto di palazzo Papadopoli e alla vicenda dell’area dei “Pili”. Assistito dallo studio Simonetti di Mestre, ha accettato per la prima volta di fornire la sua versione sulla vicenda che, da quasi due mesi, ha scosso la vita politica veneziana.


Mr. Ching, come sta vivendo questo periodo?

«I miei avvocati hanno depositato una memoria per giungere all’archiviazione della mia posizione. Sono stati prodotti documenti che provano come le dichiarazioni di Claudio Vanin abbiano ingannato i pubblici ministeri. Sono in fiduciosa attesa della decisione, ma allo stesso tempo sono pronto ad agire in sede giudiziale per i danni reputazionali che sto continuando a subire a causa di queste false accuse».

Quante volte ha incontrato o si è sentito con il sindaco Brugnaro. Di cosa avete discusso?

«Ho incontrato il sindaco un paio di volte: una volta in Comune ed una volta mi invitò a casa sua. Sono stati incontri molto cordiali, non certo operativi: quando l’ho rivisto era già chiaro che non vi erano le condizioni per sviluppare assieme l’operazione dei Pili».

Non le sembrò strano che il sindaco l’avesse ricevuta in Comune per parlare di un terreno di sua proprietà?

«Sono stato ricevuto in municipio anche dal sindaco di Firenze e dal sindaco di Londra: non c’è proprio nulla di strano. Il sindaco Brugnaro mi aveva parlato anche di altre opportunità nell’area di Venezia: quella dei Pili aveva suscitato il mio interesse perché aveva alcune caratteristiche simili ad una operazione che la Oxley Holding Limited stava portando a termine a Londra. Il fatto che il sindaco fosse il proprietario dell’area, in quel momento, era totalmente irrilevante».

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Quanti contatti e incontri ha avuto con i più stretti collaboratori di Brugnaro, Morris Ceron e Derek Donadini?

«Credo di averli incontrati a pranzo un paio di volte. Anche in questo caso si è trattato di incontri di cortesia, non certo operativi».

Dagli atti dell’inchiesta risulterebbe che i contatti con Brugnaro e il suo staff sono proseguiti per quasi due anni: in tutto questo tempo, oltre alla progettazione, non si è mai parlato di altro?

«Vorrei fare chiarezza: io non ho mai commissionato o autorizzato un approfondimento progettuale perché i contatti, almeno per quanto riguarda il mio gruppo, non sono mai sfociati in vere e proprie trattative. L’operazione dei Pili sarebbe stata una operazione finanziaria molto impegnativa: la mia idea era quella di proporla – ove ve ne fossero le condizioni – al consiglio di amministrazione della Oxley Holding Limited, una società quotata alla borsa di Singapore di cui sono Ceo, ma che ha modelli operativi molto definiti e procedure deliberative molto rigorose. Le condizioni per procedere ad un vero e proprio studio di fattibilità, finanziario e progettuale, non si concretizzarono mai. Avevo chiesto agli architetti che già lavoravano con me per gli immobili in Toscana ed a Venezia di abbozzare un concept nel 2016: si trattava di un’idea generale, molto embrionale, di come avrebbe potuto essere sviluppata l’area. È stato l’unico elaborato che ho commissionato e che ho ricevuto, assieme ad un dossier sulle caratteristiche dell’area. Ogni tanto mi venivano inviate delle analisi di costi/ricavi che muovevano da presupposti non accettabili per la Oxley Holding Limited».

Ha sostenuto che i costi per l’area dei Pili erano troppo alti: quanto era disposto a spendere?

«Non ho mai detto che i costi fossero troppo elevati. Ho sempre affermato che l’idea di sviluppo dell’area della proprietà era inconciliabile con il modello di business della Oxley Holding Limited: la proprietà voleva valorizzare immediatamente l’area, mentre Oxley, invece, non acquista le aree da sviluppare. Per queste tipologie di operazioni all’estero, Oxley opera in joint venture condividendo i rischi con il proprietario dell’area: noi progettiamo, costruiamo e vendiamo sul terreno del partner e, alla fine delle vendite, i profitti vengono divisi con la proprietà secondo una percentuale decisa all’inizio della operazione a seguito di una valutazione del valore dell’area, una valutazione eseguita da uno stimatore internazionale, ovviamente. Non certo da Claudio Vanin».

È vero che il sindaco le chiese un anticipo a fondo perduto di 10 milioni per l’area dei Pili?

«Francamente non ricordo: è un particolare assolutamente insignificante».

Le fu detto qualcosa da Brugnaro o dai suoi collaboratori per convincerla ad acquistare l’area dei Pili? Le furono fatte promesse o assicurazioni in merito alla possibilità di edificazione residenziale e commerciale e di aumento degli indici di edificabilità?

«A me non venne fatta nessuna promessa: le ripeto, non abbiamo mai avviato una trattativa. Ho semplicemente ricevuto alcune proiezioni preliminari dei potenziali costi e ricavi dell’operazione: tali proiezioni, tuttavia, prevedevano tutte l’acquisto dell’area da parte di Oxley. Il problema non erano i numeri (peraltro tutti da verificare) che mi venivano sottoposti, ma lo schema operativo che presupponevano. Da quello che ho compreso solo molto dopo, Claudio Vanin ad un certo punto ha avviato una interlocuzione diretta con la proprietà dell’area, ipotizzando con loro anche qualche soluzione progettuale: queste attività sono state intraprese da Claudio Vanin di sua iniziativa senza alcuna indicazione da parte di Oxley».

Le fu chiesto di inserire nei progetti per l’area un palazzetto dello sport? Chi formulò la richiesta?

«L’idea del palazzetto dello sport mi venne presentata come uno dei desideri della proprietà dell’area, così come uno dei miei desideri era quello di realizzare un grande casinò. Per quanto mi riguarda si è sempre trattato di ipotesi, di idee preliminari, di visioni, non di trattative d’affari».

In quale momento ha saputo che l’area dei Pili è fortemente inquinata? Brugnaro o i suoi collaboratori glielo dissero? 

«Il primo report che mi è stato inviato, nel 2016, indicava che l’area era stata già bonificata. In nessuna delle proiezioni di costi di sviluppo che mi sono state inviate era previsto un euro di costo per le bonifiche».

Fino a quando sono proseguiti i contatti e gli incontri con Brugnaro e il suo staff? Ci sono stati contatti e incontri anche dopo il 2018?

«Per quanto mi riguarda, avendo compreso che la strada della joint venture non era percorribile, l’operazione era già tramontata a fine 2017. Assai prima che la cosa uscisse sui giornali».

Ha mai conosciuto o incontrato l’assessore Renato Boraso?

«Non l’ho mai sentito nominare sino a quando non ho saputo di essere stato coinvolto da Claudio Vanin in questa indagine».

Che ruolo ha avuto Luis Lotti nella gestione della vicenda relativa all’area dei Pili? Quale mandato aveva ricevuto da lei?

«Controllare i cantieri, tenere i rapporti con gli uffici pubblici ed informarmi sulle opportunità che si presentavano».

Claudio Vanin racconta in maniera dettagliata ai pm le fasi della trattativa e della progettazione per l’area dei Pili: per quale motivo inventarsi tutto?

«Ho depositato all’ambasciata di Singapore una denuncia per calunnia contro Claudio Vanin. Una denuncia nella quale – documenti alla mano – si dimostra che Claudio Vanin ha manipolato la realtà ed ha somministrato alla autorità aiudiziaria una storia artefatta. La storia personale di Claudio Vanin – di cui sono venuto a conoscenza troppo tardi – spiega perfettamente le ragioni per cui l’ha fatto. Diversamente, io sono un uomo d’affari rispettato in tutto il mondo, sottoposto ai rigorosissimi standard di integrità previsti dalla Borsa di Singapore».

In che periodo e da chi fu informato che i palazzi Donà e Papadopoli erano in vendita?

«Tra le opportunità di investimento in città che il sindaco mi presentò nel corso del primo incontro, presso il municipio, c’erano anche Palazzo Donà e Palazzo Papadopoli: valutai quegli immobili come degli investimenti miei personali, non per la Oxley Holdings Limited. Dopo l’incontro, diedi indicazioni ai professionisti con cui all’epoca collaboravo di approfondire la opportunità».

Chi si occupò per suo conto della trattativa per l’acquisto di palazzo Papadopoli? 

«Non vi fu alcuna trattativa. Sapevo che il bene era in vendita e che occorreva formulare una proposta di acquisto per avviare una asta pubblica. Ho ricevuto alcune stime e mi sono attenuto alle valutazioni più prudenti: l’esperienza di Palazzo Donà e le difficoltà che avevamo incontrato in quell’immobile sconsigliavano ogni ottimismo».

Nell’incontro con il sindaco Brugnaro si parlò specificamente di palazzo Papadopoli? Cosa le dissero il sindaco e i suoi più stretti collaboratori?

«Nulla di particolare, semplicemente che era la sede della polizia».

Che ruolo hanno avuto Luis Lotti e l’architetto Fabiano Pasqualetto nella compravendita di palazzo Papadopoli?

«Luis mi ha assistito, come sempre, nelle pratiche burocratiche. L’architetto Pasqualetto ha redatto una delle stime che mi sono state inviate ed ha redatto una elaborazione preliminare delle potenzialità dell’edificio. Per il resto abbiamo seguito le procedure: mi sono aggiudicato l’immobile ad un asta pubblica offrendo il minimo previsto. Evidentemente nessun altro lo ha considerato un buon affare».

Claudio Vanin sostiene di aver versato una somma di denaro all’allora assessore Boraso per ottenere una riduzione del prezzo di vendita del palazzo: quando è venuto a conoscenza di tale circostanza?

«Lo scorso luglio, dai miei avvocati».

Lei ha dichiarato di non aver mai dato mandato di pagare alcuna somma: per quale motivo Vanin avrebbe dovuto pagare a titolo personale?

«Mi pare di aver compreso che Vanin e Boraso avessero rapporti personali e d’affari. Il resto sono solo parole di Claudio Vanin, una persona che ha ingannato gli inquirenti e che dovrà rispondere delle calunnie che ha fatto nei miei confronti».

Cosa pensa di fare di palazzo Papadopoli: quali sono i suoi progetti?

«Sono molto deluso. Mi sento abbandonato, lasciato da solo a difendermi dalle accuse infamanti di una persona priva di qualunque credibilità. Non è certo quello che un investitore istituzionale si aspetta quando decide di investire in uno stato straniero. Sono venuto in Italia più di dieci anni fa e a tutt’oggi amo l’unicità della cultura, della storia e del design italiano. Auspico che la giustizia italiana proteggerà un leale ed onesto investitore straniero da persone senza scrupoli che cagionano danni attraverso accuse menzognere. Tutto questo va avanti da sei anni e diversi esposti sono stati presentati contro Claudio Vanin, che è ancora libero di girare liberamente calunniandomi e danneggiandomi. Sono sicuro che la legge proteggerà gli innocenti ma tutto questo sta durando da troppo tempo. A volte mi chiedo se ho preso la decisione sbagliata ad investire in Italia ma, alla fine, la risposta che mi do è sempre la stessa: l’Italia è unica, la continuo ad amare come quando arrivai per la prima volta a Firenze e mi manca ogni volta che mi trovo all’estero. Continuerò ad investire se, sulla mia strada, incontrerò validi progetti».



 

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