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Che si tratti di mercato tutelato, finito una volta per tutte nel cassetto lo scorso luglio, o di mercato libero, le bollette della luce degli italiani sono tra le più care in Europa. Un’analisi fatta nei mesi scorsi da Facile.it sui dati Eurostat ha evidenziato che le bollette dell’elettricità di una famiglia italiana tipo – con un consumo di 2.700 chilowattora – sono costate in media 960 euro, il 23% in più (a parità di consumi) rispetto alla media dei paesi dell’Unione europea. Se si prende in considerazione il prezzo dell’elettricità, le tariffe italiane lo scorso anno sono state le quinte peggiori di tutta l’Ue. Pagano più di noi soltanto Cipro (970 euro in media all’anno), Danimarca (poco meno di mille euro all’anno), Germania e Belgio (1.100 euro all’anno). Va decisamente meglio ad altri paesi europei, come Francia (660 euro), Spagna (645 euro), Grecia (627 euro) e Ungheria, che con 310 euro annui è il paese Ue dove la fornitura di energia elettrica costa meno in assoluto.

Il ruolo degli oneri di sistema

Ma perché in Italia le bollette pesano più che altrove? Secondo Paolo Cazzaniga, esperto dei mercati di energia per Altroconsumo, le ragioni sono almeno due. Innanzitutto, «la presenza degli oneri di sistema, ovvero la componente parafiscale che ancora oggi è presente nella composizione della bolletta elettrica». Si tratta di un contributo versato dai consumatori e che viene utilizzato, fra le altre cose, per finanziare incentivi allo sviluppo delle fonti rinnovabili, la messa in sicurezza del nucleare, la copertura delle agevolazioni tariffarie per il settore ferroviario, il sostegno alla ricerca, le agevolazioni alle imprese energivore e la promozione dell’efficienza energetica. Gli oneri di sistema, spiega Cazzaniga, «pesano per circa il 16%» sull’ammontare complessivo della bolletta. Di recente, una parte di questa voce è stata trasferita alla fiscalità generale, ossia l’insieme delle entrate fiscali che riscuote lo Stato. Ma, avverte l’esperto, la componente parafiscale «rimarrà una voce importante almeno fino al 2030».

E quello del mix energetico

Per quanto riguarda invece il costo della materia prima, a incidere è soprattutto il mix energetico, ossia l’insieme delle fonti energetiche utilizzate per produrre energia elettrica. «Una generazione elettrica che dipende in modo significativo dal gas come combustibile per le centrali, in questi anni di crisi dei prezzi del gas, ha notevolmente impattato», osserva Cazzaniga. Il confronto tra le bollette dei diversi Paesi europei conferma questa ricostruzione. In Francia, dove la maggior parte dell’energia proviene dal nucleare, l’elettricità ha un prezzo molto più basso che in Italia. E lo stesso avviene in Spagna, dove il mix energetico si compone soprattutto di rinnovabili ed energia atomica. In Italia quasi il 50% dell’energia viene prodotta in centrali alimentate a gas. Una percentuale quasi tre volte superiore alla media dei Paesi Ue. In un periodo storico in cui l’invasione russa in Ucraina ha portato il prezzo del gas alle stelle, l’Italia si è ritrovata più esposta di altri Paesi europei. E la crisi dei prezzi, fa notare l’esperto di Altroconsumo, «non è per nulla rientrata».

L’ipotesi di un prezzo unico europeo per l’energia elettrica

Nel 2022, l’Unione europea si è messa al lavoro per riformare il mercato elettrico, con una riforma che – perlomeno nelle intenzioni – dovrebbe fornire una risposta di lungo periodo alla crisi energetica scoppiata negli scorsi anni. Il nuovo pacchetto legislativo è stato approvato in via definitiva ad aprile 2024 e conferisce a Bruxelles il potere di dichiarare una crisi dei prezzi a livello comunitario oppure regionale, consentendo agli Stati membri di adottare misure temporanee per frenare gli aumenti in bolletta. C’è però chi avrebbe voluto spingersi oltre e approvare regole decisamente più ambiziose, per esempio arrivando a un prezzo unico europeo dell’elettricità. Al momento, in Italia tutto ruota attorno al Pun, il Prezzo Unico Nazionale, ottenuto dall’incontro tra domanda e offerta sulla Borsa elettrica italiana. Secondo alcuni osservatori, integrare i diversi mercati europei permetterebbe di avere bollette più basse ma soprattutto di gestire meglio il flusso dell’energia. «L’elettricità in eccesso si potrebbe trasportare più facilmente verso zone in cui si ha una carenza a soddisfare la domanda», fa notare ancora Cazzaniga. Perché si arrivi a un prezzo unico europeo, però, è necessario prima sviluppare le infrastrutture elettriche nazionali e legarle tra loro. Un percorso tutt’altro che scontato e che avrebbe bisogno di diversi anni e grandi investimenti per essere completato.

 

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