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Settimana che vede tutti gli indici pesantemente negativi. Il FTSE MIB perde il 3,1%, il FTSE ITALIA STAR il 5,1% mentre il FTSE ITALIA GROWTH il 2,2%.

L’accelerazione della flessione è arrivata venerdì 6 settembre a seguito della comunicazione del tasso di disoccupazione USA di agosto in lieve decelerazione al 4,2% rispetto al 4,3% di luglio, ma soprattutto dalla variazione degli occupati, decisamente inferiore alle attese (142.000 contro 164.000 attesi), benchè in crescita rispetto alle 89.000 unità di luglio, mese che era stata però caratterizzato da eventi straordinari, come l’uragano Beryl e le conseguenze dell’attacco informatico di giugno contro i concessionari d’auto. La preoccupazione degli investitori davanti ai dati di occupazione deboli è che l’intervento di riduzione dei tassi di 25 bp della Fed atteso per il 18 settembre possa essere tardivo e che l’economia sia quindi destinata a scivolare verso la recessione. Non siamo di questo avviso, considerata sia il 3% di crescita del PIL del 2Q24, ma soprattutto le attese delle Fed di Atlanta per il 3Q24, pari al 2,1%.

A livello di titoli, troviamo nelle prime tre posizioni società del settore utilities che, solitamente, tendono a sovraperformare in fase di riduzione dei tassi di interesse: Enel +2,6%, Hera +2,1% e Terna +1,7%.

In controtendenza Leonardo che subisce una flessione dell’11,4% nella settimana. Gli investitori temono un cambio di rotta nella politica estera del governo tedesco a seguito dei risultati delle recenti elezioni (la bozza di bilancio di Berlino per il 2025 include solo 4 miliardi di euro circa per l’Ucraina rispetto agli 8 miliardi del 2024) e hanno venduto i titoli della difesa, complice anche lo sciopero generale in Israele che potrebbe costringere il governo di Gerusalemme ad accelerare sulla tregua nella striscia di Gaza. Negativa anche STM (-10%). A spaventare gli investitori continua ad essere la revisione al ribasso delle stime per l’intero anno con ricavi previsti nel range di 13,2-13,7 miliardi di dollari rispetto ai 14-15 miliardi di dollari, così come indicato dal ceo del gruppo Chery: “nel secondo trimestre, a differenza delle nostre precedenti aspettative, gli ordini dei clienti nel settore industrial non sono migliorati e la domanda nell’automotive è calata”. Negativa anche Moncler (-9,1%), sui timori degli investitori che le vendite sul mercato cinese segnino il passo a causa delle minore crescita.

Tra le componenti che la Fed monitora molto attentamente per decidere la politica monetaria, troviamo il costo degli alloggi, visto il suo forte contributo all’inflazione. Spesa questa tra le più ingenti per la maggior parte delle famiglie. Riteniamo sia quindi importante capire perché i costi degli alloggi siano rimasti ostinatamente alti. Una delle possibili spiegazioni è che, soprattutto dopo la pandemia, la domanda è cresciuta più rapidamente di quanto le nuove unità siano entrate sul mercato. Utilizzare il divario tra la domanda e l’offerta di alloggi insieme ad altri indicatori principali dei prezzi degli alloggi può aiutare a valutare se l’inflazione derivante da questa componente tenderà a riportarsi verso livelli storicamente normali.

I costi degli alloggi riflettono quanto gli inquilini e i proprietari di casa pagano per i servizi abitativi. Non sorprende che i costi degli alloggi rappresentino una delle spese più grandi che le famiglie devono affrontare e quindi ricevano un peso importante nella costruzione dell’indice dei prezzi al consumo (CPI). Ad esempio, i dati di luglio 2024 hanno mostrato che i servizi di alloggio hanno contribuito per 2,2 punti percentuali ad una lettura CPI di base del 3,2% su base 12 mesi, escludendo i prezzi volatili di energia e cibo.

Nel costruire l’indice dei prezzi al consumo, il Bureau of Labor Statistics (BLS) misura regolarmente i costi degli alloggi, chiamati anche affitti. Il BLS stima anche quanto i proprietari dovrebbero pagare se affittassero la propria casa. I dati suggeriscono che l’inflazione degli alloggi ha risposto lentamente ai tassi di interesse più elevati. Ma altrettanto lentamente risponde alle aspettative di tassi interesse in calo.

La logica di base della politica monetaria suggerisce che quando i tassi di interesse salgono, la domanda rallenta e i prezzi scendono. Tuttavia, anche l’offerta di alloggi diminuisce quando i tassi di interesse salgono. Ad esempio, tassi di interesse più elevati alimentano costi di costruzione più elevati, principalmente attraverso i costi di finanziamento, e quindi riducono i rendimenti derivanti dall’affitto di unità di nuova costruzione. Ciò significa che tassi di interesse più elevati possono esercitare forze opposte sugli affitti, creando una tensione tra un’offerta inferiore e una domanda inferiore di alloggi. I contratti di locazione vengono inoltre negoziati meno frequentemente rispetto ai prezzi di altri beni e servizi. In termini netti, i prezzi degli affitti alla fine rallentano, ma lo fanno in modo più graduale rispetto ai prezzi di altri beni e servizi la cui offerta è meno sensibile ai tassi di interesse.

Per esaminare domanda e offerta nei mercati immobiliari, iniziamo con l’Housing Vacancy Survey del Census Bureau, che fornisce informazioni mensili sulla spesa per alloggi delle famiglie. La variazione nella formazione netta cumulata delle famiglie può essere interpretata come una ragionevole misura proxy della domanda di alloggi. L’indagine fornisce anche dati sull’offerta di nuovi alloggi attraverso una misura delle nuove unità abitative di proprietà privata cumulative che sono state completate. Il divario tra queste due serie fornisce informazioni sullo stock di alloggi rispetto alla domanda. Maggiore è il divario, più la domanda supera l’offerta, rendendo più difficile la diminuzione degli affitti.

L’analisi dei dati evidenzia che le formazioni di nuclei familiari e le nuove unità abitative completate e immesse sul mercato crescono ad un ritmo simile. La crisi finanziaria globale ha visto la creazione di nuovi nuclei familiari rallentare rispetto ai completamenti. E questo è in parte dovuto all’invecchiamento della popolazione, ai maggiori costi degli alloggi e agli effetti ciclici dei tassi di disoccupazione più elevati durante la crisi. In vista della pandemia di COVID-19 e con la crisi finanziaria ormai alle spalle, la formazione delle famiglie e la crescita dei completamenti hanno iniziato a livellarsi. Tuttavia, dalla pandemia, è emerso un divario considerevole tra domanda e offerta di alloggi che ha probabilmente esercitato una pressione al rialzo sugli affitti. Questo divario tra la formazione delle famiglie e le unità completate fornisce un buon barometro per la direzione verso cui potrebbero dirigersi gli affitti e quindi l’inflazione complessiva.
Ci sono inoltre almeno altri due indicatori che si dimostrano utili per analizzare dove si stia dirigendo l’inflazione degli alloggi. Abbiamo notato che uno squilibrio tra domanda e offerta di alloggi dovrebbe riflettersi negli affitti richiesti. È quindi naturale considerare quanta offerta di alloggi aggiuntiva si prevede che entri online nel prossimo futuro e analizzare come si prevede che cambieranno gli affitti richiesti per i nuovi contratti di locazione.

Il Census Bureau fornisce dati sulle varie fasi delle nuove unità di costruzione residenziale, tra cui quelle autorizzate da permessi di costruzione, autorizzate ma non avviate, avviate e in costruzione. Riteniamo che l’ultima categoria sia particolarmente utile perché è un buon indicatore delle unità che saranno online entro un periodo di 12 mesi. Più unità sono disponibili, minore è la pressione sugli affitti. Dall’analisi risulta inoltre che quando i canoni richiesti per i nuovi contratti di locazione sono aumentati vertiginosamente durante la pandemia, anche i costruttori hanno reagito e le nuove unità in costruzione sono aumentate vertiginosamente.

Tuttavia, per capire dove potrebbero dirigersi gli affitti, è utile concentrarsi su una terza componente, ovvero gli affitti sui nuovi contratti di locazione. Questi affitti offrono una finestra su come i rinnovi dei contratti di locazione potrebbero essere modificati nei mesi successivi. Il BLS ha recentemente iniziato a fornire un indice trimestrale sui nuovi affitti. Questo indice misura i prezzi che gli inquilini dovrebbero affrontare se cambiassero unità abitative ogni periodo.
Il risultato finale dell’analisi evidenzia che l’inflazione degli alloggi, che come abbiamo visto è una componente importante dell’inflazione CPI core, ha rallentato negli ultimi mesi. Utilizzando un semplice modello che sfrutta le misure dell’equilibrio tra domanda e offerta, riteniamo che l’inflazione degli alloggi continuerà a diminuire nei prossimi mesi. E questo contribuirà ad esercitare una pressione al ribasso sull’inflazione complessiva, sebbene l’entità e la velocità di questo aggiustamento nell’inflazione siano ancora altamente incerte.

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