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Il fisco italiano festeggia l’aumento delle entrate tributarie nei primi 7 mesi del 2024, portandosi a 19 miliardi in più contro i previsti 16,4 miliardi, alimentando l’ottimismo sulla cornice finanziaria che darà forma alla manovra di bilancio 2025.

Al dicastero dell’Economia il ministro Giancarlo Giorgetti predica cautela: «nessun tesoretto. La cifra è vicina a quella prevista. Quindi siamo prudenti». Ma il buon andamento dei conti potrebbe aprire spazi utili per ampliare la coperta ancora corta delle risorse per la legge di bilancio. Il quadro sarà chiaro solo una volta ultimato il Piano strutturale di bilancio, atteso in consiglio dei ministri per metà mese, chiamato a rispettare gli impegni con l’Unione europea circa il rientro dal deficit di bilancio nei prossimi 7 anni e la riduzione del debito pubblico italiano di 3.000 miliardi di euro.

Da partiti, ministeri e categorie salgono le pressioni sul ministero Giorgetti perché non dimentichi le tante emergenze che affannano il Paese, dai problemi della sanità alla crisi dell’editoria al superamento dei provvedimenti a termine finanziati di anno in anno o al superamento delle odiose differenze di trattamento come la pressione fiscale gravante sui fondi pensione privatizzati delle categorie ordinistiche che, caso unico in Europa e a differenza dei milioni di iscritti Inps, vedono i rendimenti annuali maturati dai contributi versati tassati al 26% grazie ad una norma voluta dal governo di Matteo Renzi, che finisce con il gambizzare i montanti pensionistici e, conseguentemente, l’erogazione delle pensioni contributive, che alla fine saranno tassate con l’Irpef.

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Nei primi sette mesi il fisco italiano festeggia le entrate tributarie erariali salgono a quota 328,4 miliardi, 19,2 miliardi in più rispetto al 2023 (+6,2%). Il contributo maggiore viene dalle imposte dirette (14 miliardi in più, +7,8%); quelle indirette salgono di 5,17 miliardi (4%). Un contributo arriva anche dalla lotta all’evasione, che nei 7 mesi frutta 2 miliardi in più (+32%).

L’effetto delle autoliquidazioni degli autonomi, l’incremento Irpef legato all’aumento degli occupati e quello dell’Ires spinto dagli utili di banche e società petrolifere – alla faccia dei provvedimenti una tantum della tassazione fallita degli extraprofitti – hanno generato flussi di entrate consistenti, tanto che quelli del solo mese di lubglio evidenziano entrate totali per 70,6 miliardi (+14,7% rispetto al 2023): corrono soprattutto le imposte dirette (+21,4%), con l’Irpef a +7,2% e il boom degli incassi Ires (+103,4%); quelle indirette sono pressoché stabili (+0,2%).

Entro i prossimi 10 giorni, Giorgetti dovrà definire il Piano strutturale di bilancio da inviare a Bruxelles contenente le traiettorie di rientro attese da Bruxelles, che potrebbe indicare il ritorno sotto la quota del deficit al 3% del in un paio d’anni (al 2,9% nel 2026). Spazio anche a rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale e la riduzione a tre degli scaglioni fiscali, con la possibilità di portare a 60.000 euro la soglia dello scaglione centrale, magari con la limatura dall’attuale 35 al 33% del prelievo fiscale, oltre all’innalzamento fino a 100.000 euro dell’attuale tetto di 85.000 della “flat tax”.

 

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