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In Consiglio dei ministri si è discusso anche delle modifiche al Codice della crisi d’impresa previsto dal decreto legislativo 12 gennaio 2019, numero 14, giunto al quarto tagliando. L’obiettivo annunciato dell’esecutivo è agevolare gli accordi tra imprese e fisco, negoziare il debito tributario e previdenziale (con il divieto di azioni verso i debitori e le transazioni fiscali, impedendo che il Fisco dica «no» alle ristrutturazioni aziendali), accorciare i tempi e diminuire i costi delle procedure, garantire la continuità aziendale e infine evitare il ricorso alle aule dei tribunali. Il provvedimento protegge gli imprenditori, allentando il potere del sistema finanziario sulle aziende attraverso dei correttivi: l’obiettivo è vietare la revoca automatica dei fidi, rendere più complesso il taglio delle linee di credito e delle segnalazioni a «sofferenza», in grado da sole di distruggere le aziende. Tra le modifiche alla Parte Prima, Titolo II, Capo I del decreto viene previsto ad esempio «il trasferimento dell’azienda o di rami di essa (…) preservando, nella misura possibile, i posti di lavoro».

Tra le novità c’è anche la possibilità del finanziamento esterno alle imprese in difficoltà, sulla stregua del «vecchio» concordato in bianco. Altra significativa garanzia è quella introdotta al comma cinque dell’articolo 12. «La notizia dell’accesso alla composizione negoziata della crisi e il coinvolgimento nelle trattative – è la modifica proposta dall’esecutivo – non costituiscono di per sé causa di sospensione e di revoca delle linee di credito concesse all’imprenditore né ragione di una diversa classificazione del credito». «Nel corso della composizione negoziata – si legge ancora nel provvedimento – la classificazione del credito viene determinata tenuto conto di quanto previsto dal progetto di piano rappresentato ai creditori e della disciplina di vigilanza prudenziale, senza che rilevi il solo fatto che l’imprenditore abbia fatto accesso alla composizione negoziata. L’eventuale sospensione o revoca delle linee di credito determinate dalla applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale deve essere comunicata agli organi di amministrazione e controllo dell’impresa, dando conto delle ragioni specifiche della decisione assunta. La prosecuzione del rapporto non è di per sé motivo di responsabilità della banca e dell’intermediario finanziario».

Vantaggi anche per i crediti dei professionisti: le prestazioni professionali richieste dal debitore per il buon esito dello strumento, sorte durante la procedura di liquidazione giudiziale o controllata oppure successivamente alla domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza, con le modifiche al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza godranno per intero di ogni garanzia.

Nelle precedenti modifiche, al nuovo comma 2 bis dell’articolo 23 sulla conclusione delle trattative è già stata introdotta la facoltà per il debitore di perfezionare, nel corso della composizione negoziata e in base agli accordi sulla ristrutturazione dei debiti, un’intesa transattivo a saldo e stralcio con l’Agenzia delle Entrate, una sorta di transazione fiscale alleggerita con l’ok del Tribunale, previa attestazione di convenienza e di veridicità da parte di due professionisti indipendenti.

D’altronde, secondo i dati diffusi nei giorni scorsi dall’Osservatorio nazionale sulla crisi d’impresa e Unioncamere, nel 2022 e 2023 i concordati preventivi e le liquidazioni coatte amministrative sono diminuiti mentre le procedure di composizione negoziata sono cresciute numericamente (da 499 casi del 2022 ai 594 del 2023, nel 2024 si viaggia verso i mille casi, siamo a 470 nel primo semestre), ma quelle con esito positivo restano meno del 20%, mentre le liquidazioni giudiziali nel 2024 potrebbero superare gli 8.000 casi. Cresce anche la grandezza media delle aziende che fanno ricorso alla composizione negoziale (le società di capitali sono l’80%, quelle individuali sono solo il 5%.

 

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