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Avanti adagio. L’azienda Italia, nel secondo trimestre di quest’anno, conferma un tasso di crescita dello 0,2%, un risultato che porta il dato “tendenziale”, vale dire rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, allo 0,9%, ad un passo cioè dal traguardo dell’1% previsto dal governo. Ma l’Istat, nei dati diffusi ieri, ha anche rivisto al ribasso la crescita acquisita del 2024, vale a dire quella che si avrebbe se l’economia non registrasse nessuna variazione nei successivi due trimestri. Il dato è stato portato da quota 0,7% a 0,6%. Per carità, è solo un decimale. Ma leggendo con attenzione la nota dell’Istat emerge un quadro in chiaro scuro.

La crescita, infatti, è stata trainata soprattutto dagli investimenti, mentre i consumi delle famiglie risultano praticamente stazioni e quelli delle pubbliche amministrazioni languono. Gli esperti dell’Istat spiegano che la crescita del Pil è dovuta “in lieve parte alle componenti della domanda nazionale” e ricordano che il secondo trimestre del 2024 ha avuto due giornate lavorative in meno del trimestre precedente e una in più rispetto a un anno prima. Invece, più consistente è il contributo positivo fornito della variazione delle scorte, pari a 0,4 punti percentuali, che contrasta quello negativo della domanda estera netta, che sottrae 0,3 punti alla crescita del Pil.

Per quanto riguarda, invece, i settori, a trainare il Paese sono soprattutto i servizi. Male, invece, le cose, per l’agricoltura, silvicoltura e pesca (-1,7%) e per l’industria (-0,8%), dove si è registrato tra l’altro un balzo in avanti dei prezzi alla produzione, dovuto essenzialmente all’incremento dei prodotti energetici e delle bollette. Un quadro con luci e ombre che è stato interpretato in maniera diversa dalle forze politiche e dai consumatori. Per il premier Giorgia Meloni “l’Italia sta crescendo più di altre nazioni europee, nonostante il rallentamento dell’economia mondiale e la delicata situazione internazionale. I dati macroeconomici – dal Pil all’occupazione, dall’export agli investimenti – sono positivi e rappresentano un segnale di grande fiducia”. Diversa invece la lettura da parte dell’Unione Consumatori secondo cui il dato sul Pil trimestrale è “allarmante, il Paese è fermo”.

Il presidente Massimiliano Dona fa notare infatti che “i consumi finali nazionali non crescono sul trimestre precedente e addirittura scendono dello 0,1% sul secondo trimestre 2023”. Sulla stessa linea il Codacons che punta il dito sui “consumi al palo” che rappresentano un “segnale preoccupante” e si affianca nella richiesta che il governo intervenga per sostenere il potere d’acquisto delle famiglie.

 

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