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Antonio Loiacono

Nelle ultime ore, si sono concretizzate novità non proprio incoraggianti riguardo alla tanto attesa riforma delle pensioni. Nonostante le aspettative di molti lavoratori che auspicavano cambiamenti significativi, la questione sembra essere stata nuovamente relegata in secondo piano dal governo. Durante il vertice di maggioranza tra Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani, è stata confermata l’intenzione dell’esecutivo di focalizzarsi sulla riduzione delle imposte, il sostegno ai giovani ed alle famiglie, incentivi per la natalità e misure a favore delle imprese che assumono, riproponendo alcune iniziative già avviate nel 2023. Tuttavia, la riforma delle pensioni per l’uscita anticipata dal lavoro non è stata inserita tra le priorità della prossima legge di bilancio.

Le misure attuali, come Quota 103, APE Sociale e Opzione Donna, sono ormai prossime alla scadenza, ed il governo dovrà presto decidere se rinnovarle. Nel frattempo, la Lega ha rilanciato l’idea di Quota 41, che permetterebbe di andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età. Tuttavia, la versione ridotta proposta da Salvini, basata sul calcolo contributivo dell’assegno, sembra anch’essa essere ostacolata dalla carenza di risorse.

Il governo ha dichiarato che la priorità sarà data al taglio del cuneo fiscale ed a possibili modifiche all’iperammortamento, misure costose che assorbiranno gran parte dei fondi disponibili. I tecnici del Ministero dell’Economia stanno esplorando vari modi per reperire risorse, inclusa la possibile eliminazione di alcuni bonus fiscali significativi. La legge di bilancio, che Meloni ha definito “ispirata alla prudenza ed al buon senso”, peserà sulle casse dello Stato tra i 20 e i 25 miliardi di euro, destinati agli interventi considerati essenziali. Tuttavia, con i vincoli imposti dal Patto di Stabilità, i margini di intervento saranno ridotti al minimo.

Questa situazione, purtroppo, non rappresenta una sorpresa per chi segue da vicino la politica economica italiana. Ancora una volta, la questione delle pensioni sembra essere rimandata, sacrificata sull’altare di altre priorità economiche. È una scelta che, se da un lato può apparire pragmatica, dall’altro rischia di esasperare ulteriormente il malcontento di chi, dopo anni di lavoro, vede continuamente allontanarsi la possibilità di un pensionamento anticipato dignitoso.

La gestione delle risorse pubbliche sarà cruciale nei prossimi mesi, ed il governo dovrà trovare un delicato equilibrio tra le esigenze di bilancio e le aspettative dei cittadini. Tuttavia, la sensazione è che, ancora una volta, le promesse di una riforma delle pensioni si siano scontrate con la realtà dei conti pubblici, lasciando molti lavoratori con l’amaro in bocca.

 



 

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