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Con la ripartenza dell’anno accademico si torna a parlare del problema degli alloggi universitari a Milano. Alcuni universitari raccontano a Fanpage.it le loro esperienze, al limite del grottesco: dal letto in cucina all’appartamento fantasma.

I film americani ci hanno abituato all’idea romantico-bucolica dei genitori che risparmiano una vita per mandare i figli al college. In Italia, nel 2024, la maggior parte delle famiglie non può permettersi nemmeno questo: studia chi può e soprattutto dove può.

Milano, da questo punto di vista, è la città più proibitiva d’Italia, con il prezzo medio di una stanza singola, secondo l’ultimo report di Immobiliare.it, che supera i 600 euro, per arrivare spesso, come raccontato a Fanpage.it da diversi studenti, a sfiorare i mille euro se non ci si vuole allontanare troppo dalle zone universitarie.

L'ultimo report di Immobiliare.it, in collaborazione con Udu, sulla residenzialità universitaria

L’ultimo report di Immobiliare.it, in collaborazione con Udu, sulla residenzialità universitaria

Udu: “Milano non è una città per studenti”

“Pur essendo una città con diversi atenei – osserva Ivan Zeduri, coordinatore dell’Unione degli universitari (Udu) di Milano – quella meneghina non è una città per studenti“. O almeno non per studenti non ricchi: “Il problema abitativo riguarda tutta la popolazione e ovviamente colpisce significativamente ragazzi e ragazze che spesso non hanno una loro entrata stabile e devono appoggiarsi al reddito delle famiglie”.

Sempre più universitari – continua Zeduri – abbandonano la ricerca di un alloggio e optano per il pendolarismo, come ho fatto e sto facendo io, oppure scelgono un’altra sede universitaria più a buon mercato. Nell’ultimo anno, ce lo dice il report nazionale redatto anche grazie alla nostra collaborazione da Immobiliare.it, la richiesta di stanze singole è calata dell’1 per cento, a fronte comunque di un aumento dei canoni per le stesse del 3 per cento”.

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Asia: “Un’esperienza che non rifarei”

Asia, nome di fantasia, racconta a Fanpage.it di essere arrivata a Milano dal centro Italia per studiare. “La ricerca di una sistemazione è stata un incubo – ricorda -. Trovare anche solo delle persone che rispondano per gli affitti è un miracolo, andare a vedere le stanze anche, perché spesso e volentieri richiedono dei soldi ancora prima di vedere la stanza. In pratica ti chiedono di bloccarla con un anticipo ancora prima di sapere in che condizioni è e se non accetti spariscono, non te la fanno nemmeno vedere”.

“Io – continua la studentessa – stavo per gettare la spugna: ho trovato una sistemazione quando ormai mi ero rassegnata a non venire a Milano. In ogni caso le stanze singole non le ho nemmeno prese in considerazione, ho guardato le doppie o le triple, perché per mantenermi a Milano in una cameretta tutta per me i miei genitori dovrebbero darmi qualcosa come mille euro al mese solo per l’alloggio, non me la sento di chiedere loro questo sacrificio”.

Aurora: “Il posto letto era in cucina”

Chi invece ha dovuto trovare un compromesso è Aurora Tavasci Marras, che ci racconta: “Studio a Milano, ma la sistemazione che ho trovato è a Lodi, degli amici di famiglia si sono offerti di ospitarmi e mi ritengo fortunata, visto che le sistemazioni che avevo visto prima di arrivare a questa erano al limite del vergognoso”.

Una in particolare è rimasta impressa nella memoria di Aurora: “A Lambrate mi era stato proposto un posto in un letto a castello situato in cucina e da dividere con un’altra ragazza. Non avrei avuto nessuna privacy e soprattutto nessun ambiente per studiare”.

Non è andata molto meglio la volta successiva: “Un signore mi ha fatto vedere una sistemazione in appartamento con altre sette ragazza – racconta Aurora -, i due bagni erano ricavati nei corridoi e i letti nelle camere avevano solo venti centimetri di distanza l’uno dall’altro. E questo per 550 euro al mese, escluse le spese, che spesso sono altri 100-200 euro”.

A corollario, un vano tentativo alla casa dello studente: “Troppo costosa – dice Aurora -, chiedevano una quota di circa 20mila euro all’anno“.

Gaia: “Costretta a dividere il letto con la coinquilina”

Esperienza negativa anche per Gaia (nome di fantasia) nella ricerca di un posto letto a Milano. “Venendo dal Sud – spiega a Fanpage.it -, non potevo certo pensare di fare la pendolare, però ero riuscita a entrare in una facoltà milanese e mi sarebbe spiaciuto molto rinunciare, ma se tornassi indietro non credo sceglierei Milano, non per l’università, in cui mi trovo benissimo, ma per il pessimo rapporto qualità prezzo degli alloggi“.

“Per esempio – continua la ragazza – nel primo appartamento milanese in cui ho abitato io e la mia coinquilina eravamo costrette a dividere un letto matrimoniale, la casa aveva perdite e infiltrazioni, prese della corrente rotte e, appena arrivate, pure le luci erano fulminate”.

Marco e l’alloggio fantasma

Marco Fadini studia e lavora nell’hinterland milanese, per questo, essendo originario di Bergamo, sta cercando un alloggio in città (e periferia). “Fare il pendolare, studiando e lavorando insieme, è diventato insostenibile – spiega -, dopo aver tentato senza successo di accedere a studentati, sto cercando casa insieme a una mia amica”.

“Non vogliamo chissà che – precisa -, ci basterebbero anche due stanze in una casa da condividere con altri, purché la sistemazione sia dignitosa e non chiedano grossi anticipi: una volta ci sono state chieste sei mensilità come caparra, ma per noi è impensabile disporre di tutta quella liquidità”.

“Sto cercando da quattro mesi e sono ancora in alto mare – dice -. Mi sento davvero demoralizzato e a volte mi chiedo se sia il caso di proseguire la ricerca. A deludermi è la mancanza di rispetto: mi è capitato anche di chiamare l’agenzia per chiedere di un appartamento che sembrava fare al caso mio e mi è stato risposto che non esisteva e che le foto pubblicate sul portale erano di una casa che non si trova a Milano”.

Nel 2023 la protesta degli universitari con le tende davanti al Politecnico

Nel 2023 la protesta degli universitari con le tende davanti al Politecnico

Udu: “La nostra protesta inascoltata”

Ci sono più di 200mila studenti a Milano – dice Ivan Zeduri -, ma i posti letto convenzionati per il diritto allo studio universitario coprono soltanto una richiesta su dieci all’incirca. Non ci sono delle strutture residenziali per studenti e questa cosa va poi a scaricarsi quindi sul mercato privato, ma non si tratta di un’emergenza, è un problema strutturale, che va avanti da 25 anni”.

A più di un anno dalla protesta delle tende, dunque, poco sembra essere cambiato: “Eravamo riusciti a ottenere un tavolo di confronto con l’amministrazione comunale – spiega il coordinatore di Udu Milano -, ma non è andato a buon fine. La soluzione del canone concordato non ci vede soddisfatti, anche perché, oltre a non esserci grandi differenze rispetto ai prezzi di mercato, interessa forse il 2 per cento dei canoni di locazione”.

Un problema anche nazionale: “I fondi del Pnrr legati alla residenzialità universitaria sembrano studiati ad hoc per essere richiesti solo dalle università private. A questo si aggiunge che per quest’anno il fondo di finanziamento ordinario è stato tagliato di quasi 200 milioni di euro. Per il bando 338, che finanzia le residenze universitarie, le università italiane hanno chiesto un miliardo, ma il ministero ha stanziato solo 300 milioni”.

L’affondo finale è a Regione Lombardia: “Nella nostra regione non esiste una gestione centralizzata e unitaria per il diritto allo studio nel sistema residenze, quest’ultimo è in mano ai singoli atenei, con il caos normativo e le diseguaglianze che ne conseguono”.



 

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