La bottega gastronomica Le Bontà di una volta di Abramo Cimadamore a Montegranaro #finsubitoagevolazioni

“Diciamo la verità: quando ho aperto sono partite le scommesse su quanto fossi durato. Chi diceva due mesi e chi al massimo quattro”, commenta Abramo Cimadamore, laureato in Giurisprudenza con lode che invece, da quando ha aperto il suo Le Bontà di una volta, di anni ne ha visti passare otto e mezzo. A Montegranaro, paesino della provincia di Fermo sulle primissime colline marchigiane, ha scommesso su una piccola bottega di chicche gastronomiche, che, in quel momento, non sembravano in tanti a cercare. Oggi è ancora lì e le cose vanno bene: c’è molto lavoro, ma il lunedì lo passa a perlustrare le aziende del circondario (ma anche più in là) per aggiungere sempre nuove specialità a bancone. La sua storia.

Abramo Cimadamore, da praticante avvocato ‘gourmet’ a bottegaio

Nato a Fabriano 41 anni fa, Cimadamore è stato uno studente fuori sede sui generis. Per otto anni (prima Scienze Giuridiche e poi il percorso in Giurisprudenza), niente ‘lattine di tonno in scatola’, “ma la spesa la facevo nella migliore bottega del centro storico di Camerino”. Come mai? “Solo perché da sempre ho avuto una grande passione per il mangiar bene, pur non avendo cuochi in famiglia, ma persone che mi hanno trasmesso questi valori”. Abramo inizia il consueto percorso del praticantato e lo porta avanti per due anni; “a un certo punto però ho realizzato che la strada non era quella e ho pensato, perché no, di trasformare il mio interesse per la gastronomia in un’idea commerciale”. Così, parte la ricerca di una sede per il suo negozio.

La sfida di Le Bontà di una volta nel paesino delle Marche

La trova a Montegranaro, cittadina di 12mila abitanti, “che pur trovandosi non lontano dal mare — Civitanova Marche è a 13 chilometri — è totalmente esclusa dai giri turistici. Certo non un vantaggio per un’attività come la mia”, spiega Abramo, “però avevo mio padre con il suo studio medico a poca distanza e la possibilità di ricevere una mano dalla mamma. Dunque mi sono stabilito qui”. Oggi come allora, la bottega Le Bontà di una volta è gestita da lui soltanto, che si occupa sia della selezione dei fornitori quanto del servizio dietro il bancone. “E sai qual è stata un’altra cosa particolare? Che proprio qui davanti c’è il Conad del paese. Insomma, all’inizio non è stato proprio facilissimo”.

I primi clienti sono persone curiose verso una proposta diversa dal consueto alimentari di paese, in un’attività che a quello somiglia non più che per la dimensione e la cordialità. La linea dei prodotti freschi — formaggi, carni, un po’ di ortofrutta — insieme alle conserve, ai vini, le birre, le paste e i salumi, è invece costruita pezzo dopo pezzo in maniera attentissima. “Chi si è interessato subito sono stati tanti insegnanti, maestre, professori qui del paese. Oggi invece vengono anche da fuori Comune; da Fermo, Porto Sant’Elpidio, Civitanova, per trovare cose che altrimenti non si trovano”.

Le selezioni di Cimadamore, tra chicche ultralocali e specialità di altre regioni

L’offerta della Bottega si muove su due filoni: da un lato le specialità super locali a chilometro zero, oppure le tipicità del paese di origine di Cimadamore, Fabriano. Ad esempio il miele di Luca Bianchi (qui un contributo dell’apicoltore sulla crisi del miele italiano), oppure il particolare Salame di Fabriano, “che è l’unico in Italia fatto interamente con carne di prosciutto. Lo prendo solo dai produttori del consorzio”. E ancora, ad esempio, la birra del birrificio agricolo Ibeer di Giovanna Merloni. I formaggi e le carni sono disponibili su prenotazione da un’azienda agricola vicina che lavora in modo non intensivo e seguendo criteri etici ed ecologici precisi, “una prerogativa che cerco in ognuno dei miei fornitori”. 

C’è poi una grande ricerca sui grani antichi, “che ho voluto subito valorizzare, selezionando agricoltori e panificatori di piccole dimensioni che poi mi danno prodotti ottimi dal punto di vista di qualità, salubrità e gusto”. Stesso discorso per le paste marchigiane, le conserve, le confetture e i vini. Infine, “per le cose che non si trovano nelle Marche”, la scelta va su specialità e prodotti di eccellenza da più lontano. Ci sono le nocciole delle Langhe e i capperi di Pantelleria; la ventresca di tonno sottolio del Cantabrico e le grappe e distillati di piccoli produttori del Nord. “Le cose ora vanno bene”, commenta Cimadamore, “e soprattutto da dopo la pandemia le persone hanno iniziato a guardarsi più intorno e capire quante cose buone ci sono. Oltre che riconoscere come il cibo sia fondamentale per vivere bene e in salute”.