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PESCARA. Il Superbonus è morto, anzi no. Sono ancora molti in Abruzzo i sopravvissuti della misura anche se per la maggior parte dei residenti la stagione del 110% pieno si è conclusa da tempo lasciandosi alle spalle un mare di polemiche. Il bonus voluto dai 5 Stelle e cancellato dal governo Meloni può essere sfruttato anche ora dagli abitanti delle zone terremotate o alluvionate, come Abruzzo, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Ischia, l’area dell’Etna e dell’Umbria.
E ancora: dalle Onlus, presenti come Organizzazioni di volontariato (Odv) oppure associazioni di promozione sociale (Aps). E può aiutare i cosiddetti esodati del Superbonus, cioè quelle famiglie con basso reddito, alle quali l’esecutivo ha destinato un contributo globale di 16 milioni di euro per concludere i lavori nonostante la riduzione dello sgravio fiscale preceduta dalla scomparsa del meccanismo della cessione del credito.
Per di più è ancora oggetto di discussione la tassa sugli immobili ristrutturati, introdotta a gennaio, a carico di chi, dopo aver concluso i lavori, vuole vendere l’immobile prima di 10 anni. In quel caso, infatti, scatta un’imposta del 26%: vale per chi ha fatto i lavori nell’abitazione con il Superbonus al 110%, al 90% e al 70%. Ma l’Agenzia delle Entrate, poco tempo fa, ha chiarito i casi in cui la tassa non va pagata.
PER CHI ABITA
IN ZONE TERREMOTATE
Nei Comuni colpiti dai terremoti e dalle alluvioni che hanno coinvolto Abruzzo, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Ischia, l’area dell’Etna e dell’Umbria, è ancora applicato il Superbonus rafforzato al 110% per facilitare la ricostruzione fino al 31 dicembre 2025. Per gli abitanti di queste zone è possibile sommare sia lo sgravio – con la possibilità di usufruire dello sconto in fattura e della cessione del credito – sia il contributo per la ricostruzione negli interventi per il recupero degli edifici lesionati.
Il governo ha previsto una dotazione finanziaria di 400 milioni di euro per finanziare questi cantieri. Il contribuente ha però l’obbligo di acquisire e presentare l’asseverazione di un tecnico per le operazioni di efficientamento energetico e per quelle necessarie alla riduzione del rischio sismico.
LE AGEVOLAZIONI
PER IL TERZO SETTORE.
In questo caso bisogna partire da un presupposto: il Superbonus al 110% per il Terzo settore si intendeva tale per Onlus, Associazioni di promozione sociale (Aps) e Organizzazioni di volontariato (Odv) che operano nell’ambito dei servizi sociosanitari e assistenziali, e non per altri Ets. Risultavano escluse, va sottolineato, le Aziende di Servizio alla Persona (Asp). Ma negli ultimi anni sono stati tanti i provvedimenti legislativi che hanno modificato la materia dei bonus edilizi, per arrivare fino al recente Decreto-legge 29 marzo 2024, numero 39 che, in poche parole, ha eliminato la possibilità, per gli Aps, Odv e Onlus di accedere al Superbonus, alla cessione del credito e allo sconto in fattura.
Ma ci sono solo alcune eccezioni che consentono a questi enti di accedere alla cessione del credito e allo sconto in fattura.
ECCO LE ECCEZIONI
DA CONSIDERARE.
Ci riferiamo ai casi in cui, alla data del 30 marzo 2024: è stata già stata presentata la Cila (Comunicazione inizio lavori asseverata) per interventi agevolati dal Superbonus e non effettuati dal condominio; risulta adottata la delibera assembleare che approva l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la Cila, se gli interventi sono agevolati dal Superbonus e sono effettuati dai condomini; è già stata presentata istanza per l’acquisizione del titolo abitativo per interventi agevolati dal Superbonus e che comportano la demolizione e ricostruzione dell’edificio; è già stata presentata la richiesta di titolo abitativo – dove necessario – se gli interventi sono diversi da quelli agevolati dal Superbonus; e infine se sono già iniziati i lavori o è stato sottoscritto un accordo vincolante (non necessariamente con natura di appalto) per la fornitura di beni e servizi oggetto dei lavori ed è stato versato un acconto sul prezzo, se gli interventi sono diversi da quelli agevolati dal Superbonus e per gli stessi non è prevista la presentazione di un titolo abitativo.
IL REQUISITO
DA CUI NON SI SFUGGE.
L’edificio oggetto di intervento, sempre per quanto riguarda il Terzo settore, deve essere qualificato come immobile di categoria B/1, oppure B/2 o D/4, posseduto a titolo di proprietà o di altro diritto reale di godimento (nuda proprietà, usufrutto) o un contratto ad effetti obbligatori (comodato gratuito) aventi data certa anteriore al 1° giugno 2021.
E questi sono tutti presupposti ineludibili.
DA INDIGENTI
A ESODATI.
Sono agevolati anche i possessori di redditi bassi. Per loro non c’è il Superbonus al 110%, ma con oltre 16 milioni di euro il governo ha deciso di aiutare le famiglie che, dopo la riduzione dello sgravio, non avrebbero potuto finire i lavori.
Questo contributo è destinato ai cittadini che rispettino specifici requisiti di reddito e di avanzamento lavori. I soggetti interessati dovranno avere un reddito di riferimento non superiore a 15mila euro l’anno e gli interventi edilizi devono aver raggiunto un avanzamento lavori pari almeno al 60% entro il 31 dicembre 2023, come certificato da apposita asseverazione e già oggetto di opzione per lo sconto in fattura. Le domande per accedere al Fondo indigenti vanno presentate entro il 31 ottobre 2024. Per ogni famiglia il tetto massimo di spesa sarà di 96mila euro.
TASSA SUGLI IMMOBILI
RISTRUTTURATI.
Ma fa ancora discutere la tassa sugli immobili ristrutturati, introdotta a gennaio di quest’anno, a carico di chi ha ristrutturato casa e vuole vendere l’immobile prima di 10 anni.
In quel caso scatta una tassa del 26%: la nuova imposta varrà per chi ha fatto i lavori nell’abitazione con il Superbonus al 110%, al 90% e al 70%. Questo perché, in quanto ristrutturate, le case aumentano il loro valore, generando quindi una plusvalenza nel momento in cui si vendono.
IL CALCOLO
DELLA PLUSVALENZA.
Se si è ricorsi alla cessione del credito o allo sconto in fattura non si tiene conto tra i costi delle spese beneficiate dal Superbonus del 110% se gli interventi si sono conclusi da non più di 5 anni all’atto della cessione; se invece questo termine è trascorso verranno conteggiate al 50% sempre entro il limite temporale dei 10 anni precedenti la cessione.
Se si è scelta la detrazione nella dichiarazione dei redditi, invece, tutte le spese possono essere prese in considerazione. Alle plusvalenze si applica, a scelta del contribuente, l’imposta sostitutiva del 26% o le aliquote progressive Irpef.
Per far scattare la tassa del 26% è sufficiente aver compiuto un lavoro effettuato sulle parti comuni di un condominio, senza coinvolgere il singolo appartamento. Sull’indeducibilità, poi, viene chiarito che concorrono al calcolo solo i costi agevolati con il Superbonus al 110%. Sono quindi escluse tutte le versioni del contributo ridotto, come quelle al 90% o al 70%. Ma va ricordato come lo scorso giugno l’Agenzia delle Entrate abbia fornito un’importante delucidazione su come fare per salvarsi: la tassa del 26% infatti non va pagata da tutti coloro che vendono immobili adibiti ad abitazione principale, anche per i propri familiari.
La deroga vale se la casa è stata l’abitazione principale per la maggior parte dei 10 anni prima della cessione o del periodo tra l’acquisto (o la costruzione) e la cessione. Inoltre non si applica alle seconde case se sono state ereditate o donate. (u.c.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA.



 

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