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Il ruolo del nuovo Inrca non potrà prescindere da un’interazione con le attività dell’ospedale regionale di Torrette. Una osmosi tra le due strutture che in parte è già partita grazie alla collaborazione dell’equipe del dottor Roberto Trignani, responsabile della Divisione di Neurochirurgia dell’Azienda ospedaliero universitaria delle Marche, con l’attuale sede dorica del geriatrico.

Dottor Trignani com’è iniziata questa collaborazione?

«Una bella esperienza nata con la funzione di abbattere le liste di attesa. Siamo partiti lo scorso aprile nella sede della Montagnola, ad Ancona, e domani (oggi, ndr) riprenderemo l’attività dopo la pausa di agosto. Con due sedute a settimana abbiamo operato circa 40 pazienti, anziani e non».

In cosa consiste?

«Trattiamo patologie di bassa e media intensità. Nello specifico, insieme al personale clinico della Neurologia dell’Inrca abbiamo scelto le patologie della colonna vertebrale e vorremmo implementare le attività».

In che modo?

«Oltre alle operazioni che richiedono il ricovero, vorremmo trattare anche patologie in Day hospital come quelle al sistema nervoso periferico, il tunnel carpale e il tunnel cubitale».

Se pensate ad aumentare il carico di lavoro, significa che i risultati già si vedono: funziona questa collaborazione Inrca-Torrette?

«È stata una scelta formidabile: il personale (sia quello arrivato da Torrette, che quello presente all’Inrca) si è formato molto velocemente, nonostante ci fosse chi si approcciava per la prima volta a questa patologia. Si è subito percepito un certo fermento per la voglia di imparare e di crescere da un punto di vista professionale».

Nessuna frizione tra giocatori di squadre diverse?

«Con il primario di Neurologia dell’Inrca, il dottor Pelliccioni, abbiamo subito lavorato benissimo. Ma tutta la squadra è ha dimostrato un adattamento immediato ad ogni livello: dalla pre-ospedalizzazione alla sala operatoria, fino alla gestione del ricovero post-operatorio. Medici, infermieri, anestesisti, tecnici: nessuno escluso. E anche i pazienti hanno reagito bene a questo approccio».

Questa osmosi può essere replicata anche nel nuovo Inrca?

«Può diventare ancora più forte con il trattamento di ulteriori patologie. Così possono essere liberate risorse a Torrette per patologie maggiori. E in più, daremmo un maggior contributo all’abbattimento delle liste d’attesa».

L’Inrca è un ambiente meno caotico rispetto a quello di Torrette?

«Le risorse sono sempre poche a Torrette e devi usare sempre quelle per dare risposte generali a tutto. Torrette è organizzata per gestire patologie maggiori ed è come se quelle più piccole non avessero la “dignità” di essere operate lì».

Cosa intende?

«Per le patologie più piccole si deve accelerare nel decorso; 24, massimo 48 ore di ricovero per poi liberare il posto letto. All’Inrca ci sono tempistiche meno compresse: ci può essere un giorno di degenza in più così da garantire una gestione globale del paziente, magari integrando con la presa in carico da parte del fisioterapista. A Torrette non ci sarebbero le risorse per garantire questa completezza».

La ricetta del successo da replicare nella nuova struttura?

«Noi di Torrette siamo chirurghi ospiti di una struttura che ha già grandi capacità cliniche ed amministrative. Noi proponiamo, loro valutano e solo quando sono stati concordati gli intenti si va avanti. Prestiamo il nostro know how che deve integrarsi in una realtà già forte».



 

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