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Senza lavoro stabile, ma anche senza pensione. I giovani di oggi vivono per lavorare, in modo precario nella maggior parte dei casi, con poche speranze per quello che sarà il “dopo”. Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, un ventenne italiano potrebbe dover lavorare fino a 71 anni per poi essere idoneo a ricevere un assegno derivante dai contributi versati. Ma anche in quel caso, le cifre assolute dei vitalizi sarebbero inferiori a quelle della generazione precedente.

Quella del nostro Paese è un’anomalia che, come più volte rimarcato dalla Banca d’Italia, impone una pianificazione precisa. Un dossier che, in vista della discussione sulla legge di Bilancio, il governo non può ignorare. Il rischio che si corre, dato che i margini operativi della prossima finanziaria sono ridotti, è perdere di vista l’obiettivo di lungo periodo. Ovvero, evitare il dissesto finanziario fra trent’anni. Un timore più volte sottolineato dall’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero su queste pagine pochi giorni fa. Il ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti, ne è consapevole ed è probabile che cerchi soluzioni di mediazione per evitare che la situazione si avviti.

Ma c’è bisogno di fare qualcosa di più, come ricordato dall’ex presidente dell’Inps Tito Boeri. Come fatto notare da Mauro Marè, direttore dell’Osservatorio sul Welfare della Luiss Business School, è in pericolo la tenuta dell’intero sistema pensionistico. E il tempo per aggiustare la situazione è quasi terminato.

Lauree: riscatti facile per i millennial

Una delle prime possibilità concrete è il riscatto della laurea. Il problema sono i costi. Nel caso del riscatto agevolato sono, per il 2024, pari a 6.076,95 euro. In quota fissa, per chi ancora non ha iniziato l’attività contributiva. In questa fattispecie gli oneri sono identici a quelli del riscatto di laurea agevolato. Il costo del riscatto della laurea ordinario per periodi che si collocano nel contributivo (cioè dal 1° gennaio 1996) si determina applicando l’aliquota contributiva in vigore alla data di presentazione della domanda, alla retribuzione (assoggettata a contribuzione) nei 12 mesi meno remoti, andando a ritroso dal mese di presentazione della domanda.

Sul sito Inps “riscattodilaurea.it” si riporta un esempio numerico riferibile al riscatto di quattro anni dal 2002 al 2006 nel Fondo pensione lavoratori dipendenti dell’Assicurazione generale obbligatoria considerando una retribuzione lorda dell’ultimo anno di 32.170 euro. Così si arriva a quota 42.464 euro. Tanti, forse troppi, per Millennials e Gen Z che ancora sono in Italia per lavorare o pensano di tornare.

Fondo garanzia: si può estendere e rifinanziare

Altra soluzione potrebbe essere una estensione del Fondo garanzia giovani. Istituito nel 2013 con l’obiettivo di dare una mano alle nuove generazioni nell’accesso alla proprietà della casa di abitazione, può essere una risorsa. Fino al 2019 non è stato utilizzato al meglio. Poi, quando è stato rivitalizzato dal governo Draghi, con la semplificazione dei requisiti e l’arricchimento dei benefici, compresi quelli fiscali, c’è stato un sussulto. Dal 2015 al 2022 ha permesso l’erogazione di 90 mila mutui ipotecari, il 58% dei quali a giovani sotto i 35 anni. Doveva restare in vigore fino al 2023, ma la scorsa legge di Bilancio lo ha rivisto, al netto degli sgravi fiscali, e rifinanziato fino a fine anno con 282 milioni.

Resta ancora una opportunità per le coppie e i giovani under 36 e Isee inferiore a 40 mila euro per l’acquisto della prima abitazione, oltre che per le famiglie numerose e a basso reddito, che possono contare su una garanzia Consap che in alcuni casi può arrivare fino al 90% del capitale finanziato. Il problema è che, spesso, le richieste d’accesso sono farraginose. Allo stesso tempo, l’informativa di strumenti del genere è lacunosa.

Fondi integrativi: tasse giù per avere maggiori adesioni

Affidarsi a operatori privati per la previdenza complementare non è un concetto che i risparmiatori italiani hanno adottato negli ultimi decenni. Eppure, in altri Paesi attigui si sono fatti passi avanti per ridurre le imposte per le nuove generazioni. In Italia le prestazioni previdenziali, dirette e indirette, eccetto le prestazioni assistenziali seguono una tassazione basata sugli scaglioni Irpef ordinari. Una riduzione di tali oneri, tuttavia, potrebbe essere funzionale a ciò che occorre ai giovani per evitare un precaria gestione della propria vita lavorativa. Il problema, come spesso ha evidenziato la Banca d’Italia nei suoi rapporti, è la scarsa educazione finanziaria degli italiani.

Come evidenziato dall’ultimo studio sui giovani, «alle domande sui principali concetti economici – inflazione, tasso di interesse e diversificazione del rischio – risponde correttamente il 35 per cento degli intervistati». Punti basilari che però potrebbero essere risolti attraverso una più incisiva e marcata azione d’investimento nelle scuole e attraverso i media. Con l’obiettivo finale di ridurre il divario con gli altri Paesi e le aree economiche, a cominciare dall’Ue.

Agevolazioni: decontribuzione il nuovo obiettivo

Meno imposte per più lavoro. Una opportunità specie per ridurre l’impatto dei Neet, acronimo inglese di Not in Education, Employment or Training. Ovvero i giovani che non studiano, non lavorano e non si formano. Nel computo degli incentivi per le assunzioni il decreto Coesione, approvato in via definitiva, ha previsto uno sgravio contributivo totale per i datori di lavoro che assumono giovani under 35. Il limite massimo mensile è di 500 euro per ciascun lavoratore, che passa a 650 euro qualora l’assunzione avvenga nella Zona Economica Speciale unica per il Mezzogiorno. Il punto è che la platea è ridotta.

Idonei possono essere i giovani che non abbiano mai avuto un precedente rapporto a tempo indeterminato (a esclusione dei rapporti in apprendistato per i quali non è stata raggiunta la qualificazione). E, qualora il giovane abbia avuto un precedente rapporto a tempo indeterminato, per il quale il datore di lavoro abbia fruito parzialmente del bonus giovani, il nuovo datore di lavoro può beneficiare dell’esonero contributivo per il solo periodo residuo fruibile. Allargare le maglie potrebbe aumentare la competitività dell’Italia in Europa

 

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