diAlberto Zorzi
Secondo confronto con i pm, raffica di contestazioni sugli episodi. E non si parla ancora di Pili
Dopo le prime otto ore di lunedì, dedicate soprattutto a disegnare un quadro generale del suo ruolo e della sua attività, nelle quasi 6 di ieri l’ex assessore veneziano Renato Boraso ha iniziato a rispondere alle domande dei pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini sui singoli episodi contestati. Un confronto serrato: a ogni affermazione di Boraso, infatti, parte una raffica di domande da parte dei magistrati e degli inquirenti della Guardia di Finanza veneziana, pronti a contestare nel dettaglio ogni elemento. Boraso per ora sta cercando di difendersi dalle accuse di corruzione, ma anche di turbativa d’asta e autoriciclaggio, per le quali è stato arrestato lo scorso 16 luglio nel maxi-blitz che ha sconvolto Venezia, con l’avviso di garanzia anche al sindaco Luigi Brugnaro. «Stiamo spiegando tutto punto su punto», aveva detto lunedì il suo legale, l’avvocato Umberto Pauro, che ieri invece all’uscita ha preferito non rilasciare alcuna dichiarazione.
I rapporti con Ormenese nel mirino
Pare che ieri quasi l’intero interrogatorio si sia concentrato sui rapporti con Fabrizio Ormenese, il costruttore che insieme a Boraso era stato l’unico a finire in carcere, prima di essere messo agli arresti domiciliari dal tribunale del riesame come chiesto dai suoi avvocati Leonardo De Luca e Massimo Pavan. Per il gip Alberto Scaramuzza, come aveva scritto nell’ordinanza, «Ormenese è l’imprenditore che ha dimostrato più di ogni altro un potere di condizionamento nei confronti dell’assessore, esercitato non solo nell’interesse proprio ma anche di altri».
I terreni di Ive
Boraso è arrivato alla cittadella della giustizia di piazzale Roma alle 11.30 ed è uscito sul van della polizia penitenziaria poco dopo le 17. Non è ancora stata stabilita la data del prossimo interrogatorio, ma a questo ritmo è probabile che ne serviranno parecchi, più dei tre che erano stati ipotizzati. D’altra parte i pm contestano a Boraso una dozzina di episodi in cui, in cambio di denaro, avrebbe cercato di favorire gli imprenditori «amici» nelle gare d’appalto oppure nell’ottenimento delle licenze edilizie o nelle varianti urbanistiche. Per esempio Ormenese sarebbe stato aiutato ad aggiudicarsi tre terreni messi all’asta da Ive, in cambio di quasi 120 mila euro, mascherati da «consulenza immobiliare», fatturata ma fasulla per gli inquirenti, oltre alla promessa di un bonus di 200 mila euro; inoltre avrebbe perorato la causa dell’amico Stefano Comelato, titolare della Open Software, per vincere le gare d’appalto del Comune. Nella vicenda di Ive era finita ai domiciliari anche la direttrice Alessandra Bolognin, liberata dal riesame dopo che il suo legale Carmela Parziale ha dimostrato che era uscita dalla porta durante una conversazione tra Boraso e Ormenese.
I Pili e Brugnaro fuori dal confronto
Pare invece che per ora non sia stato toccato l’argomento dei Pili e del sindaco Luigi Brugnaro. Anche il primo cittadino veneziano è infatti finito sul registro degli indagati con l’accusa di corruzione per il tentativo di vendere al magnate di Singapore Ching Chiat Kwong l’area dei Pili, da lui comprata nel 2006 quando era solo un imprenditore; per l’accusa le parti si stavano mettendo d’accordo su un prezzo gonfiato in cambio della promessa di un raddoppio delle superfici edificabili. Nonostante oltre metà della richiesta cautelare riguardasse il sindaco, alla fine per lui e i suoi bracci destri Morris Ceron e Derek Donadini non è stato proposto alcun provvedimento. I pm ritengono che Boraso possa aiutarli a ricostruire alcuni passaggi, ma lui finora avrebbe fatto capire di non sapere nulla di reati commessi da Brugnaro.
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