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Con i campionati nazionali che hanno preso il via in tutta Europa, manca solo la competizione regina, la Champions League, perché non manchi più nulla a che la stagione sia partita.

In verità il massimo torneo continentale è iniziato già dal mese di luglio, quando sono cominciati i turni preliminari, ma è solo da questa settimana che entra nel vivo visto che il sorteggio della prima fase è in programma giovedì 29 agosto in quel di Montecarlo. Per l’Italia, che la stagione passata ha ottenuto un posto supplementare in virtù del ranking UEFA, saranno presenti Inter, Milan, Juventus, Atalanta e Bologna.

Quella di quest’anno, come più volte annunciato, non sarà una Champions League qualsiasi. A scompaginare un programma ormai noto (se non stantio) vi sarà l’introduzione del modello svizzero e nel contempo andrà in pensione il vecchio format in vigore dal 2003/04, quando venne abbandonato il formato con il doppio girone.

Nel dettaglio, la nuova formula denominata “modello svizzero” prevede:

  • 36 squadre partecipanti;
  • L’introduzione di un girone unico, con otto sfide per ciascuna squadra (quattro in casa e quattro in trasferta) contro altrettante formazioni appartenenti a quattro diverse fasce;
  • La presenza di una giornata della prima fase esclusivamente dedicata alla Champions League, con partite spalmate su martedì, mercoledì e giovedì;
  • Fase a eliminazione diretta con tabellone tennistico;
  • Un turno aggiuntivo prima degli ottavi di finale, che vede la partecipazione delle 16 squadre che si classificano dal 9° al 24° posto, mentre le squadre dal 1° all’8° posto accedono direttamente agli ottavi.

In questo quadro è importante segnalare che per le squadre che non supereranno la prima fase (quella a gironi) non ci sarà più la scialuppa di salvataggio della discesa in Europa League. Una via di uscita che, come soleva dire José Mourinho, non era il massimo della sportività sottolineando questa incongruità sportiva: una squadra poteva alzare un trofeo quando era stata eliminata in una precedente competizione.

«Il sorteggio non mi interessa, ci sono squadre lì che secondo me non dovrebbero esserci, perché chi è eliminato in una competizione deve andare a casa. Se vince l’Europa League una squadra che è stata eliminata dalla Champions non ha significato per me perché noi siamo qui dall’inizio», aveva detto l’allenatore ai tempi della sua esperienza alla Roma, durante la stagione 2022/23.

Però la discesa in Europa League aveva un significato importante sia a livello economico sia calcistico. Basti pensare a quante società nelle scorse annate hanno salvato la stagione dopo un pessimo girone di Champions League perché hanno vinto il secondo torneo continentale. I casi più lampanti sono quelli di Atletico Madrid e Siviglia.

Nello stesso tempo la discesa nella seconda coppa europea assicurava una sorta di paracadute a livello economico. Le entrate, seppur non paragonabili a quella della Champions League, erano pur sempre significative per quelle società che proseguivano il cammino sino agli ultimi turni. Per esempio, è stato stimato che il Milan lo scorso anno se fosse andato avanti sino alla finale di Europa League (dopo essere stati eliminato ai gironi di Champions) avrebbe potuto intascare 14 milioni di euro aggiuntivi, senza considerare i ricavi da stadio legati a un maggior numero di partite in casa.

TRA CALENDARIO AFFOLLATO E PREMI: LE SFIDE DELLA NUOVA CHAMPIOS

Alla luce di queste nuove norme è legittimo analizzare alcuni temi interessanti che la nuova Champions League pone sul tavolo.

In primo luogo, vi sono le incognite legate al calendario. La nuova struttura del torneo aumenta sensibilmente il numero di partite rispetto all’edizione precedente passando da un totale di 125 a 189. Nella fase a gironi, inoltre, se una squadra disputava sei match ora ne gioca quantomeno otto. E il tutto in una stagione con un calendario intasato ancora più del solito visto che per le grandi d’Europa (in Italia per Inter e Juventus) la stagione terminerà con il Mondiale per Club voluto dalla FIFA e che si disputerà negli Stati Uniti. Non a caso il difensore dell’Inter Alessandro Bastoni ha spiegato: «Con la nuova Champions e il Mondiale per Club non sappiamo neanche quando finirà la stagione: non abbiamo più Natale, non abbiamo più Capodanno, sarà una stagione lunga e servono due giocatori per ruolo».

«Non c’è mai una fine a stagioni così ravvicinate, chi va in Nazionale deve affrontare sforzi sia fisici che mentali. Dobbiamo adattarci a un calendario sempre più fitto, 20 giorni di pausa non si possono certo considerare una vera vacanza. Gestire mentalmente così tante partite, soprattutto con un calendario folle, che sembra non finire mai. Ma siamo qui per giocare e faremo del nostro meglio in ogni partita», ha aggiunto.

È ovvio che essendo il primo anno con questo nuovo format e un calendario senza sosta sarà interessante capire, al termine della stagione, quali squadre e quali direttori sportivi avranno calibrato al meglio il proprio parco giocatori.

Un secondo punto risiede nella stessa formula del torneo. Come si notava in precedenza, il format è nuovo, ma le innovazioni sono per lo più legate alla prima fase, quella a gironi. Il sale della competizione, quella delle sfide dentro o fuori nella seconda parte dell’annata, non muterà molto. L’unica novità della seconda parte sarà l’introduzione dei play off per la qualificazione agli ottavi per le squadre classificatesi tra il 9° e il 24° posto.

È evidente che attraverso il nuovo format l’UEFA è voluta andare incontro ai mal di pancia (che esistono ancora) di molte società, che si erano manifestati al tempo della Superlega. E così Nyon ha esteso il campo delle squadre partecipanti, aumentando il numero di partite. Il pericolo però è che prima di entrate nel vivo della competizione si allunghi ancora di più la prima parte, che spesso è noiosa. Insomma, un po’ quanto avvenuto quest’estate agli Europei in Germania, dove neppure le pessime performance della Nazionale italiana hanno significato l’eliminazione al primo turno.

Entrando più specificamente nei temi economici, il monte premi aumenterà e si passerà da 2 a 2,5 miliardi. E anche qui è evidente l’intento della UEFA di distribuire più denaro ai club. Nello stesso tempo però va notato che aumenterà anche il numero di squadre partecipanti e quindi l’ammontare dovrà essere suddiviso per più società. Non solo, ma a beneficiare di questa crescita saranno maggiormente le squadre che arriveranno il più in fondo possibile.

Questo perché la UEFA ha deciso di cambiare la modalità di distribuzione dei ricavi, legando sempre di più i premi alle performance nella competizione. Superare i turni della fase a eliminazione diretta varrà infatti molto più di prima (rispetto a un incremento minimo della quota per la partecipazione), e allo stesso tempo ricchi bonus saranno destinati ai club che chiuderanno la prima fase nelle zone più alte della classifica.

Quindi se da un lato si premia giustamente la meritocrazia, dall’altro vi è il pericolo che a intascare più soldi saranno sempre i soliti noti, i grandi colossi del calcio europeo con l’esito, probabilmente non voluto, di aumentare ancora di più il divario economico con gli altri club immediatamente alle loro spalle (tra i quali si possono includere quelli italiani).

Anche perché andare sino in fondo sarà più difficile che prima. Visto che solo le prime otto andranno direttamente agli ottavi mentre nel format precedente ne passavano 16. Inoltre, come si notava, non esisteranno più le scialuppe di salvataggio e non si potrà più scendere in Europa League per salvare il salvabile in termini sia sportivi sia economici.

 

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