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ROMA – Si avvicina la fine della pausa estiva e, in vista del vertice di governo del 30 agosto, i partiti iniziano a posizionare i pezzi per prenotare spazio nella difficile manovra autunnale. Una legge di Bilancio che viaggia sui 25 miliardi di euro, di cui poco meno di una decina è da recuperare.

Le misure da rifinanziare

A metà giugno l’Ufficio parlamentare di bilancio, l’Autorità indipendente dei conti pubblici italiani, aveva ricapitolato gli interventi adottati per il 2024 e da rifinanziare in un’ottica di “politiche invariate”.

“La conferma nel 2025 di alcuni degli interventi finanziati solo per l’anno in corso dall’ultima manovra di bilancio impatterebbe sull’indebitamento netto per 18,2 miliardi”, diceva la relazione dell’Autorità.

Il menu è lunghissimo. La principale delle voci, su cui tutto l’arco di maggioranza concorda che non si può tornare indietro, è l’esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti: vale da solo 11 miliardi. Le ultime rassicurazioni sul fatto che si estenderà sono arrivate da Rimini: “Ci sono norme che devono sostenere lo sviluppo della nazione – ha detto il presidente della commissione Finanze della Camera, Marco Osnato, al Sussidiario – La prima è la conferma del taglio del cuneo fiscale, la seconda è la maxi-riduzione per chi assume”. E quindi la ministra dell’Università, Anna Maria Bernini: “Rifinanzieremo il cuneo fiscale, questa è un’ottima notizia per il mondo del lavoro”.

Nell’elenco si scorgono poi varie voci: le misure di sostegno agli investimenti nella ZES del Mezzogiorno e il rifinanziamento della “Nuova Sabatini”, il rifinanziamento delle missioni internazionali, la detassazione del welfare aziendale e dei premi di produttività, gli interventi di sostegno agli indigenti, la riduzione del canone RAI, l’azzeramento dei contributi previdenziali a carico di lavoratrici a tempo indeterminato con due figli (fino a 10 anni) su cui la ministra Calderone si è impegnata, proprio da Rimini. C’è anche la prima parte di riforma Ipef, per altro solo per la quota non coperta dai fondi rinvenienti dalla delega fiscale con l’abolizione dell’Ace per le imprese (oltre 4 miliardi). Senza contare che nell’elenco non compaiono altre spese solitamente inserite nelle politiche invariate, come gli oneri per il prossimo triennio contrattuale dei dipendenti pubblici (2025-27) e il rifinanziamento di alcuni fondi.

In questo quadro, e con i nuovi impegni da presentare in Europa con il percorso di rientro del deficit, si capiscono i continui richiami alla prudenza del ministro Giorgetti, che è risuonato anche prima della pausa di agosto quando qualcuno ha gridato al “tesoretto” per il buon andamento delle entrate tributarie. E in un certo senso ha fatto breccia nello schieramento di governo. Un mantra che, almeno in superficie, è passato. “La prossima dev’essere una manovra di bilancio prudente perché chiunque è capace di promettere tutto a tutti”, ha detto il capogruppo alla Camera di Fdi, Tommaso Foti, ieri ad Agorà Estate su Rai 3.

Le pensioni minimi e l’Ipef per il ceto medio

Certo, poi ci saranno da selezionare le priorità. E lì i nodi verranno al pettine.
Come nel caso del cantiere delle pensioni, che somma alla mancanza di risorse il problema di una demografia che rischia di far saltare il banco, le strade indicate divergono. Come noto Salvini vuole lo scalpo della Fornero, ma poi si studiano i bonus per convincere le persone che hanno i requisiti a restare al lavoro e i paletti alla agognata quota 41 (il ricalcolo contributivo) per disinnescare i contraccolpi sui conti. Per Fi la strada è un’altra: “Vogliamo dare un segnale concreto”, diceva sempre Cattaneo sulle pensioni. “Le abbiamo aumentate con Berlusconi da 540 a 620 euro. Si può fare ancora qualcosa”. L’obiettivo è dunque metter mano alle pensioni minime, come confermato dal vicepremier Tajani da Rimini: “Vanno aumentate con un percorso che è quello di arrivare a 1.000 euro alla fine della legislatura”.

C’è poi il capitolo dell’Irpef e il grande sogno di Fdi e di Maurizio Leo è di dare un segnale al ceto medio. L’ha tirato fuori dal cassetto ancora Osnato, con Qn: “Dopo aver aiutato gli italiani che avevano più bisogno, oggi possiamo pensare al ceto medio, con qualche modifica sulle aliquote”. Come? “Pensiamo di estendere i benefici della rimodulazione Irpef fino a 50mila euro (dai 35mila dove si esaurisce il beneficio del taglio al cuneo) e a rivedere la Flat Tax, che resta obiettivo di legislatura”.

Al momento le aliquote Irpef sono tre: la prima, del 23%, si ferma a 28mila euro; la seconda del 35% si applica tra i 28mila e i 50mila euro; la terza del 43% oltre questa soglia. L’obiettivo a regime è quello di scendere a due sole aliquote, rimodulando le detrazioni per evitare penalizzazioni. Questo appare però difficile da realizzare al momento. Può probabile che si possa invece ridurre di uno o due punti l’aliquota intermedia del 35%.

Un progetto legato al successo (in termini di gettito) del concordato preventivo biennale.

 

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