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L’art. 10 del DL 48/2023 prevede in favore dei datori di lavoro privati un esonero contributivo (eccetto premi INAIL e specifiche contribuzioni), in misura variabile in relazione alla tipologia contrattuale (indeterminato o determinato o stagionale), di beneficiari dell’assegno di inclusione (Adi) e del supporto per la formazione e il lavoro (SFL).

In particolare, il beneficio è previsto in caso di:
– assunzione a tempo indeterminato, pieno o parziale, o anche mediante contratto di apprendistato, con esonero pari al 100% dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (nel limite massimo di 8.000 euro su base annua) e per un massimo di 12 mesi;
– assunzione a tempo determinato o stagionale, pieno o parziale, con esonero ridotto al 50% (nel limite massimo di 4.000 euro su base annua) e per un massimo di 12 mesi e non oltre la durata del rapporto di lavoro;
– trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato nel limite massimo di 24 mesi, nella misura del 50%, per i periodi precedentemente fruiti in relazione all’assunzione con contratto a tempo determinato o stagionale, e del 100% per i periodi decorrenti dalla data della trasformazione.

Come specificato con la circ. INPS n. 111 del 29 dicembre 2023, il datore di lavoro deve inoltrare all’Istituto domanda di ammissione all’agevolazione mediante apposito modulo la cui disponibilità sarà resa nota con apposito messaggio.
Al momento, quindi, l’esonero, seppur in vigore, non può essere fruito dal datore di lavoro che ha effettuato l’assunzione sia per la mancanza del modulo sia per l’assenza delle istruzioni per la compilazione del flusso UniEmens (che saranno anch’esse dettate con apposito messaggio).

In attesa del modulo e delle istruzioni è quindi opportuno ricordare alcune delle condizioni specifiche previste dal DL 48/2023 ai fini dell’applicabilità dell’esonero contributivo, vale a dire quelle dell’assenza di licenziamenti.
Nello specifico, l’art. 10 comma 1 stabilisce che il datore di lavoro sia tenuto alla restituzione dell’incentivo fruito (con applicazione delle sanzioni civili ex art. 116 comma 8 lett. a) della L. 388/2000) in caso di licenziamento effettuato nei 24 mesi successivi all’assunzione del lavoratore beneficiario di una delle due misure di sostegno.
Nella circolare citata vengono quindi esaminate le diverse situazioni che possono o meno dare luogo alla restituzione dell’incentivo contributivo.

La restituzione non è dovuta se l’interruzione del rapporto di lavoro si verifica a seguito di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo. Il datore deve invece restituire l’incentivo fruito se il licenziamento, intimato per giusta causa o per giustificato motivo, viene dichiarato illegittimo.

Alcune particolarità riguardano l’apprendistato. Il datore:
– è tenuto alla restituzione in caso di recesso dal contratto al termine del periodo formativo;
– non è tenuto alla restituzione in caso di licenziamento per giustificato motivo per effetto del mancato raggiungimento degli obiettivi formativi stabiliti nel contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore.

Non occorre invece restituire l’incentivo fruito se il datore risolve il rapporto di lavoro, in applicazione di clausola contrattuale di automatica risoluzione del rapporto lavorativo prevista dal contratto collettivo, al raggiungimento dell’età pensionabile del dipendente (tale fattispecie non integra un’ipotesi di licenziamento).

Altre due situazioni che possono verificarsi riguardano il recesso del datore di lavoro durante il periodo di prova (di cui all’art. 2096 c.c.) e le dimissioni per giusta causa. In entrambe le situazioni il datore è tenuto alla restituzione dell’incentivo fruito.

Per completezza, si ricorda che l’art. 10 commi 4 e 5 del DL 48/2023 riconosce specifici benefici, in caso di intermediazione svolta nel procedimento di assunzione, anche per:
– agenzie per il lavoro;
– patronati, enti bilaterali, associazioni senza fini di lucro, enti del Terzo settore, imprese sociali.

In merito l’INPS ha precisato che l’insorgenza dell’obbligo di restituzione dell’incentivo fruito da parte del datore di lavoro non ha effetti in relazione al contributo agli stessi riconoscibile per la mera attività di mediazione.

 

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