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Al commercialista di una società cooperativa vengono irrogate delle sanzioni amministrative tributarie in qualità di autore delle violazioni nella veste di intermediario in concorso con la società (ex art. 9 d.lgs. 472/1997). Il professionista, che ha svolto la propria attività come mero esecutore materiale delle condotte illecite, ritiene che le stesse siano ascrivibili esclusivamente alla società (ai sensi dell’art. 7 d.l. 269/2003).

Il professionista che svolge il ruolo di intermediario per una società dotata di personalità giuridica (ed è mero esecutore) risponde della violazione tributaria a titolo di concorso?

La Corte di Cassazione, Sezione tributaria, con la sentenza del 30 luglio 2024, n. 21222 (testo in calce), cerca di chiarire il problema della compatibilità tra le due disposizioni legislative invocate dalle parti: la norma sul concorso nella condotta illecita (art. 9 d.lgs. 472/1997 su cui si basa la sanzione dell’Agenzia delle Entrate) e la disposizione che prevede la responsabilità esclusiva in capo all’ente dotato di personalità giuridica (art. 7 d.l. 269/2003 invocato dal professionista). I giudici di legittimità ritengono che l’orientamento secondo cui l’art. 9 d.lgs. cit. sarebbe incompatibile con l’art. 7 d.l. 269/2003 con specifico riferimento al consulente fiscale non può essere condiviso e che sono legittimigli atti di irrogazione delle sanzioni alle persone fisiche, che agiscano come soggetti esterni di enti dotati di personalità giuridica (in applicazione dell’art. 9 d.lgs. 472/1997).

Secondo la disciplina del 1997, dell’illecito risponde la persona fisica che compie materialmente la violazione in base al principio di personalità della sanzione; mentre la disciplina del 2003 introduce una deroga al principio di responsabilità personale e prevede che le sanzioni fiscali siano irrogate alla società dotata di personalità giuridica che abbia tratto vantaggio dalla violazione. La deroga al principio personalistico opera solo per le persone fisiche titolari di un rapporto organico, di fatto o di diritto, con l’ente contribuente. La lettera della norma, quindi, non esclude le persone fisiche che non abbiano agito in nome e per conto della società ma abbiano concorso alla violazione tributaria in applicazione dell’art. 9 d.lgs. 472/1997. In conclusione, secondo gli ermellini, «è configurabile […] il concorso di persone terze nelle violazioni tributarie relative alle società con personalità giuridica e la loro sanzionabilità».

La vicenda

Il commercialista di una società cooperativa riceve a nome proprio la notifica di un avviso di accertamento per IVA e sanzioni in relazione all’anno 2011. Dall’accertamento emerge che la cooperativa non aveva mai effettuato esportazioni e cessioni intracomunitarie e, quindi, le operazioni risultavano soggette ad IVA, essendo avvenute nel territorio italiano. Il professionista impugna il provvedimento dinnanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) che lo rigetta per tardività, mentre la Commissione Tributaria Regionale (CTR) accoglie il gravame. In particolare, il ricorrente lamenta che l’atto impositivo sia stato notificato a lui, in qualità di intermediario e mero esecutore materiale delle condotte illecite che, invece, sono ascrivibili esclusivamente alla società. Egli sostiene, altresì, che il ricorso sia tempestivo poiché l’atto impositivo è nullo, essendo privo di sottoscrizione. Infatti, l’atto recava la firma digitale in violazione della norma del CAD applicabile ratione temporis (art. 2 c. 6 d.lgs. 82/2005) che non consentiva la sottoscrizione digitale per gli atti relativi all’esercizio di funzioni di controllo fiscale. Infine, secondo il giudice tributario, è inapplicabile al professionista la sanzione irrogata nei confronti della società. L’art. 7 d.l. 269/2003 prevede l’esclusiva responsabilità della società con personalità giuridica e la esclude nei confronti dell’amministratore e di coloro che abbiano svolto attività di consulenza tributaria.

L’Agenzia delle Entrate ricorre in Cassazione.

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Valido l’avviso di accertamento sottoscritto digitalmente

L’amministrazione finanziaria sostiene che la decisione gravata abbia erroneamente considerato nullo l’avviso di accertamento e la Suprema Corte considera fondata la doglianza.

Prima di analizzare il percorso argomentativo dei giudici di legittimità, giova ricordare il quadro normativo. Viene qui in rilievo l’art. 2 comma 6 del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) nel testo vigente tra il 2016 e il 2018. Nella versione applicabile ratione temporis, la norma disponeva che:

  • Le disposizioni del presente Codice non si applicano limitatamente all’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, di ordine e sicurezza pubblica, difesa e sicurezza nazionale, polizia giudiziaria e polizia economico-finanziaria e consultazioni elettorali. […]”.

La giurisprudenza è costante nel ritenere che la norma riguardi unicamente l’attività di controllo fiscale e non si estenda agli avvisi di accertamento e agli atti impositivi (Cass. 1150/2021; Cass. 1155/2021; Cass. 1157/2021; Cass. 6142/2024; Cass. 18829/2024; Cass. 16293/2024). Nell’ambito dell’attività di controllo fiscale non rientra l’emissione dell’atto impositivo che, infatti, è assunto non nell’esercizio della suddetta attività ma solo all’esito della stessa. Una diversa interpretazione si porrebbe in contrasto con la volontà del legislatore che si è mostrata in numerosi interventi successivi; ad esempio, l’art. 2 comma 6-bis CAD (introdotto dal d.lgs. 217/2017) prevede l’applicabilità della disciplina “agli atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria”. La suddetta disposizione, benché non abbia natura di norma di interpretazione autentica con portata retroattiva, corrobora la lettura esegetica adottata dalla giurisprudenza.

Alla luce di quanto sopra esposto, l’avviso di accertamento ricevuto dal commercialista non è nullo per mancanza di sottoscrizione ma è validamente firmato in modalità digitale.

Riferimenti normativi: principio di personalità della sanzione e deroga per le persone giuridiche

Al commercialista sono state irrogate delle sanzioni amministrative tributarie in qualità di autore delle violazioni nella veste di intermediario in concorso con la società (ex art. 9 d.lgs. 472/1997). La decisione gravata ha accolto il suo ricorso applicando l’art. 7 del d.l. 269/2003 e i giudici di legittimità devono risolvere il problema di compatibilità tra due distinte previsioni normative.

Analizziamole brevemente.

Il d.lgs. 472/1997, recante disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, all’art. 9 si occupa del concorso di persone e statuisce quanto segue:

  • “Quando più persone concorrono in una violazione, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta. Tuttavia, quando la violazione consiste nell’omissione di un comportamento cui sono obbligati in solido più soggetti, è irrogata una sola sanzione e il pagamento eseguito da uno dei responsabili libera tutti gli altri, salvo il diritto di regresso”.

Secondo l’art. 9 d.lgs. 472/1997, l’illecito non è riferibile al contribuente, soggetto passivo dell’obbligazione tributaria, ma è riferibile alla persona fisica che compie materialmente la violazione. Inoltre, secondo l’art. 2 c. 2 d.lgs. cit. la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione, in base al principio di personalità della sanzione.

L’art. 7 del d.l. 269/2003, rubricato “riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie”, al comma 1 dispone che:

La norma prosegue introducendo una clausola di compatibilità con le disposizioni del d.lgs. 472/1997. Il succitato art. 7 introduce una deroga al principio di responsabilità personale in capo all’autore della violazione e riguarda unicamente gli enti dotati di personalità giuridica.

Il commercialista ritiene applicabile l’art. 7 d.l. 269/2003 e sostiene che la responsabilità sia ascrivibile unicamente alla compagine sociale, invece, secondo l’Agenzia delle Entrate, risponde anche l’intermediario ai sensi dell’art. 9 d.lgs. 472/1997 in materia di concorso di persone.

Vediamo come si è pronunciata la Suprema Corte.

L’intermediario è responsabile per le violazioni accertate nei confronti della società?

L’Agenzia delle Entrate contesta la decisione gravata laddove ha ritenuto che l’intermediario non possa essere considerato responsabile delle violazioni accertate nei confronti della società in concorso con essa. Secondo l’amministrazione finanziaria, la disposizione che prevede che le sanzioni siano esclusivamente a carico della persona giuridica (art. 7 d.l. 269/2003) riguarda unicamente la figura dell’amministratore, dei dipendenti e dei rappresentanti della società; invece, per gli altri soggetti, come il consulente intermediario, trova applicazione il principio per cui la responsabilità va riferita al soggetto che ha commesso la violazione (art. 9 d.lgs. 472/1997) in solido con il soggetto nel cui interesse è commessa se diverso dall’autore (art. 11 d.lgs. 472/1997). Il consulente intermediario è responsabile della violazione tributaria commessa dalla società anche ai sensi dell’art. 5 d.lgs. 472/1997 a mente del quale, nelle violazioni punite con sanzioni amministrative, ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.

I giudici di legittimità considerano fondata la doglianza nei termini che seguono.

Al commercialista sono state irrogate delle sanzioni amministrative tributarie in qualità di autore delle violazioni nella veste di intermediario in concorso con la società (ex art. 9 d.lgs. 472/1997).

Si ricorda che:

  • l’art. 9 d. lgs. 472/1997 contiene il principio di personalizzazione della sanzione in virtù del quale risponde dell’illecito anche il soggetto che abbia concorso alla sua realizzazione con il proprio contributo;
  • il suddetto principio è stato poi mitigato dall’art. 7 d.l. 269/2003 che ha previsto la responsabilità esclusiva degli enti dotati di personalità giuridica che traggono beneficio dal compimento della violazione del precetto fiscale.

In altre parole, secondo il legislatore del 1997 è responsabile l’autore della violazione, mentre, il legislatore del 2003 prevede la responsabilità a carico della persona giuridica, ridimensionando il principio di personalità. Anche la relazione illustrativa del provvedimento legislativo più recente (2003) sottolinea come la norma introduca una deroga al principio di riferibilità della sanzione alla persona fisica – previsto dall’art. 2 c. 2 d.lgs. 472/1997 – e al principio di solidarietà di cui all’art. 11 d.lgs. cit. Pertanto, «è obbligato a sopportare l’onere della sanzione un soggetto diverso da quello che ha commesso l’illecito».

Quindi, la disciplina del 2003 che ha innovato quella precedente ha escluso definitivamente l’esigibilità della sanzione dalla persona fisica?

Risponde la persona giuridica per le violazioni commesse nel suo esclusivo interesse

Dopo l’intervento del 2003, la giurisprudenza ha cercato di chiarire se la sanzione sia esigibile anche dalla persona fisica o solo dalla compagine sociale, unico soggetto passivo dotato di personalità giuridica. La questione si pone anche alla luce del fatto che la nuova norma (art. 7 c. 2 d.l. 269/2003) richiama le disposizioni del d.lgs. 472/1997 in quanto compatibili.

I giudici di legittimità ritengono di dare continuità all’orientamento (Cass. 12334/2019) secondo cui in materia tributaria opera il principio di responsabilità personale dell’autore della violazione (così art. 2 c. 2 d.lgs. 472/1997). La responsabilità delle società, con o senza personalità giuridica, nel cui interesse la persona fisica ha commesso la violazione è solidale (art. 11 d.lgs. cit.).

L’art. 7 d.l. 269/2003 introduce una norma eccezionale e postula che la persona fisica, autrice della violazione, abbia agito nell’interesse e a beneficio della società rappresentata o amministrata, dotata di personalità giuridica. Solo in tale circostanza la sanzione pecuniaria, in deroga al principio personalistico, non colpisce l’autore materiale della violazione ma grava sul diverso soggetto giuridico (ossia, la società dotata di personalità giuridica) che è l’effettivo beneficiario delle violazioni commesse dal proprio rappresentante o amministratore (Cass. 10651/2022; Cass. 36037/2021; Cass. 29038/2021; Cass. 25757/2020; Cass. 10975/2019).

Invece, la deroga al principio personalistico non opera e, quindi, l’art. 7 d.l. cit. non trova applicazione, allorché il rappresentante o l’amministratore della società con personalità giuridica abbia agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’ente con personalità giuridica quale strumento fittizio per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio1 (Cass. 30755/2021; Cass. 8811/2021; Cass. 10975/2019; Cass. 5924/2017; Cass. 28331/2018; Cass. 19716/2013).

Riassumendo:

  • la sanzione pecuniaria grava solo sulla società dotata di personalità giuridica e non sull’autore materiale della violazione, in deroga al principio personalistico, in caso di violazione commessa dall’amministratore nell’interesse della società (in applicazione dell’art. 7 d.l. 269/2003 e in deroga dei principi posti dal d.lgs. 472/1997);
  • la sanzione pecuniaria grava sulla persona fisica autrice dell’illecito (ex art. 2 c. 2 d.lgs. 472/1997) se questa ha utilizzato la compagine sociale solo come schermo per sottrarsi alle conseguenze dell’illecito.

Indirizzo giurisprudenziale: no al concorso nella sanzione del soggetto esterno alla società

Quanto sopra esposto riguarda violazioni commesse dai rappresentanti o amministratori della società, quid iuris nell’ipotesi di violazioni poste in essere da un soggetto esterno come il consulente intermediario?

I giudici di legittimità devono valutare la compatibilità tra il principio personalistico (art. 9 d.lgs. 492/1997) e la norma eccezionale che vi deroga (art. 7 d.l. 269/2003). A tal proposito, viene richiamata la giurisprudenza formatasi con riferimento all’amministratore di fatto e applicata anche alla figura del professionista che si occupa degli adempimenti fiscali. Secondo tale indirizzo2, le sanzioni tributarie sono ad esclusivo carico dell’ente dotato di personalità giuridica, anche qualora la società sia gestita da un amministratore di fatto o vi sia l’intervento di un soggetto terzo – come il consulente – poiché non si può ipotizzare il concorso del terzo nella violazione fiscale, dal momento che l’art. 9 d.lgs. 472/1997 non può derogare all’art. 7 d.l. 269/2003, essendo quest’ultimo successivo e prevedendo l’applicazione della disciplina del 1997 solo in quanto compatibile. In particolare, «la qualifica di soggetto «interno» o «esterno» all’ente personificato, infatti, non rileva al fine di individuare le fattispecie per le quali può realizzarsi un siffatto concorso, in quanto l’inequivocabile dato testuale dell’art. 7 esclude tout court l’operabilità dell’istituto, a prescindere da qualsivoglia rapporto organico o fattuale con l’ente personificato»(Cass. nn. 9448, 9449, 9450 e 9451 del 2020; Cass. 25757/2020; Cass. 26057/2023).

In altre parole, secondo il mentovato indirizzo non ricorre il concorso del terzo nella violazione commessa a favore della persona giuridica stante la responsabilità esclusiva di quest’ultima come emerge dal dato testuale della legge. Infatti, la rubrica dell’art. 7 d.l. 269/2003 parla di “riferibilità esclusiva alla persona giuridica” e il testo prevede che le sanzioni siano “esclusivamente a carico della persona giuridica”.

Diverso orientamento: sì alla sanzione verso la persona fisica esterna all’ente

I giudici di legittimità ritengono che l’orientamento secondo cui l’art. 9 d. lgs. cit. sarebbe incompatibile con l’art. 7 d.l. 269/2003 con specifico riferimento al consulente fiscale non può essere condiviso. Infatti, la clausola di compatibilità contenuta nel succitato art. 7 impone all’interprete di cercare quali norme del d.lgs. 472/1997 continuino ad applicarsi alle persone fisiche e quali norme non siano compatibili. Il Collegio afferma che:

  • «siano legittimi gli atti di irrogazione delle sanzioni alle persone fisiche, che agiscano come soggetti esterni di enti dotati di personalità giuridica, in applicazione dell’art. 9 del d.lgs. n. 472 del 1997 […]».

Innanzitutto, l’art. 7 d.l. 269/2003 prevede che le sanzioni fiscali siano irrogate alla società dotata di personalità giuridica che abbia tratto vantaggio dalla violazione. La deroga al principio personalistico opera solo per le persone fisiche titolari di un rapporto organico, di fatto o di diritto, con l’ente contribuente. Dal momento che la norma ha portata eccezionale non è suscettibile di applicazione estensiva. In altre parole, è esclusa dalla responsabilità solo la persona fisica con ruolo di rappresentanza della persona giuridica. La lettera della norma, quindi, non esclude le persone fisiche che non abbiano agito in nome e per conto della società ma abbiano concorso alla violazione tributaria in applicazione dell’art. 9 d.lgs. 472/1997. L’uso dell’avverbio “esclusivamente” non significa che il legislatore abbia inteso escludere la responsabilità di ogni altro soggetto diverso dalla persona giuridica, perché il principio informatore della responsabilità resta la personalità della sanzione come prevista dal d.lgs. 472/1997.

Se non si seguisse la suddetta interpretazione si verificherebbe la seguente disparità di trattamento:

  • la persona fisica, soggetto terzo, che partecipa alla violazione fiscale con il titolare dell’impresa individuale, risponde in concorso ex art. 9 d.lgs. 472/1997
  • e la persona fisica, soggetto terzo, che partecipa alla violazione fiscale con la persona giuridica, non risponde ex art. 7 d.l. 269/2003.

In buona sostanza, la riferibilità delle sanzioni alla persona giuridica opera solo in virtù del collegamento con le persone legate ad essa da un rapporto organico (di fatto o di diritto); invece, i terzi concorrenti nell’illecito restano sanzionabili ai sensi dell’art. 9 d.lgs. 472/1997.

La responsabilità del concorrente è diversa da quella del responsabile solidale

L’art. 9 d.lgs. 472/1997 prevede la responsabilità del concorrente nella violazione tributaria e segue la falsariga dell’art. 110 del codice penale e dell’art. 5 legge 689/1981. Preme ricordare che ciascun concorrente nella realizzazione della violazione soggiace alla sanzione (art. 9 d.lgs. cit.), mentre è diversa l’ipotesi della responsabilità solidale in cui viene irrogata una sola sanzione e il pagamento da parte di uno dei responsabili libera gli altri (art. 11 d.lgs. cit.).

Il concorrente nell’illecito non va confuso con il responsabile solidale, infatti:

  • il responsabile solidale non è autore della condotta illecita ma è chiamato a rispondere all’adempimento dell’obbligazione secondo i principi di cui all’art. 1292 c.c. (obbligazione solidale passiva) e il vincolo solidale avvantaggia l’amministrazione finanziaria nella realizzazione del proprio credito;

  • nel concorso nell’illecito tributario ciascun concorrente soggiace alla sanzione e il pagamento di uno non estingue l’obbligazione degli altri.

Nella disciplina delineata dal d.lgs. 472/1997 è la persona fisica che può essere soggetto attivo e autore materiale dell’illecito tributario; sono illeciti anche i comportamenti che non integrano in pieno la condotta tipica prevista dalla norma sanzionatoria ma che vi contribuiscono. Il concorrente nella violazione amministrativa è la persona fisica a cui sia riferibile un contributo causale.

Conclusioni: l’intermediario è responsabile a titolo di concorso con la società

Secondo i giudici di legittimità, il soggetto attivo dell’illecito tributario è il soggetto che materialmente ha posto in essere la violazione tributaria, con una condotta attiva o omissiva, ciò non esclude il concorso morale o materiale di altre persone fisiche che:

  • «sono soggetti autonomamente sanzionabili a titolo di concorso di persone ex art. 9 del d.lgs. n. 472 del 1997, nel qual caso ciascuna di esse dovrà soggiacere alla sanzione, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge (così nella seconda parte dell’art. 9 citato, quando la violazione consiste nell’omissione di un comportamento cui sono obbligati in solido più soggetti). Nel recepire i principi fissati in ambito penale, l’art. 9 del d.lgs. n. 472 del 1997 rende applicabile la sanzione non soltanto all’autore, o ai coautori, della violazione tributaria, ma anche a coloro che vi abbiano comunque dato un contributo causale, anche se esclusivamente sul piano psichico».

In buona sostanza, la sanzione è applicabile a tutti coloro che abbiano offerto un contributo alla realizzazione dell’illecito tributario, sempre che vi sia la consapevolezza di apportare un contributo materiale e psicologico alla realizzazione dell’illecito. Pertanto, le persone fisiche, soggetti terzi, sono sanzionabili a titolo di concorso nelle violazioni relative al rapporto fiscale di società dotate di personalità giuridica.

In conclusione, il ricorso dell’Agenzia delle Entrate viene accolto e viene enunciato il seguente principio di diritto:

  • «L’art. 9 del decreto legislativo n. 472 del 1997 è norma compatibile con l’art. 7 del decreto legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazione, dalla legge n. 326 del 2003, con la conseguenza che è configurabile, nella sussistenza di tutti gli elementi costitutivi, il concorso di persone terze nelle violazioni tributarie relative alle società con personalità giuridica e la loro sanzionabilità».

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NOTE

[1] Tale esegesi è corroborata dalla lettura dell’art. 11 d.lgs. 472/1997 a mente del quale è configurabile la responsabilità solidale della società priva di responsabilità giuridica per le sanzioni irrogate in capo alla persona fisica che abbia agito nell’interesse della società rappresentata o amministrata. Pertanto, a contrario, si desume che, se la persona fisica non abbia agito nell’interesse della compagine sociale ma per il proprio tornaconto, non sussiste responsabilità solidale per la società priva di personalità giuridica. Lo stesso dicasi per la società dotata di personalità giuridica in quanto «non sussiste la responsabilità esclusiva della società dotata di personalità giuridica ex art. 7 d.l. n. 269 del 2003, ma trova applicazione la regola generale sulla responsabilità personale dell’autore della violazione commessa nell’interesse esclusivamente proprio» (Cass. 12334/2019).

[2] Cass. 22 maggio 2020, n. 9448, 9449, 9450 e 9451; Cass. 6 giugno 2022, n. 18116; Cass. 18 aprile 2019, n. 10975; Cass. 7 novembre 2018, n. 28331; Cass. 25 ottobre 2017, n. 25284; Cass. 8 marzo 2017, n. 5924, Cass. 11 marzo 2016, n. 4775; Cass. 28 agosto 2013, n. 19716


 

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