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Diciotto anni fa era il più grande magazzino di pezzi di ricambio ferroviari del Centro Sud. Da poco meno di un anno (25 settembre 2023, l’inaugurazione) la piattaforma di borgo Cervaro ospita KilometroVerde, una sorta di think-tank del pensiero e dell’azione che, muovendo dal principio di fondo della tutela ambientale, sviluppa produzioni innovative ora su energia e rifiuti, presto su molto altro (è in rampa di lancio il recupero dei Raee dai grandi elettrodomestici). L’applicazione ferrea dei concetti di economia circolare è lo spartito su cui si sviluppa l’azione dei giovani ingegneri chiamati dalla società Sistemi Energetici a sviluppare i piani di azione di uno sviluppo «pulito» a 360 gradi. L’occupazione sfiora le cento unità, tra gli obiettivi della società foggiana c’è l’ambizione di «allargare gli orizzonti, valorizzare le professionalità dei giovani foggiani», secondo un piano che prevede un ampliamento dell’occupazione nei prossimi anni fino a 180 unità. 

Tutto ruota intorno all’ingegnere foggiano Marcello Salvatori, 64 anni, una vita dedicata all’ortodossia ambientale, tra i pionieri in Italia dell’accelerazione energetica superando lo steccato dei combustibili fossili (petrolio, gas, carbone). Oggi Kilometroverde appare al tempo stesso una piattaforma dove si può costruire di tutto (dagli aerogeneratori delle pale eoliche, alla costruzione delle pipeline in acciaio Inox, alla produzione del biometano e molto altro ancora). Ai primi del Duemila Salvatori fonda Sistemi Energetici, società specializzata nella costruzione di centrali per la produzione di energia da biogas, trasformando gli scarti della produzione agricola. E’ la svolta del pensiero ecologista, l’impresa foggiana diventa ben presto tra i leader nazionali sulla produzione energetica dalla trasformazione degli scarti agricoli, apre una sede anche in Lombardia, ottiene commesse e riconoscimenti in tutta Italia.

Oggi quel modello si è trasferito a borgo Cervaro, ma l’idea di base è molto più estesa. KilometroVerde è un grande collettore di idee, aspira a essere un modello da seguire nello sviluppo delle energie rinnovabili e nella riqualificazione dei rifiuti. Salvatori si dice convinto che Foggia e la Capitanata, di questo passo, potranno essere percepiti in Italia e all’estero come un polo dell’aggregazione tecnologica e scientifica di primo livello, in una provincia che conta il maggior agglomerato al Sud di impianti per la produzione di energia rinnovabile e la più importante diversificazione agricola – da Granaio d’Italia a polo ortofrutticolo europeo di una grande industria agroalimentare ancora inespressa.

“Vorremmo che il nostro know-how tecnologico venisse apprezzato ovunque”

«Vorremmo che il nostro know-how tecnologico venisse apprezzato ovunque e che nessuno si stupisse più se un’azienda foggiana è in grado di svolgere alla perfezione le sue attività come accade a noi sistematicamente con i nostri committenti in Lombardia», ragiona così in questa nostra intervista l’ingegner Marcello Salvatori. Il polo della transizione energetica, dell’economia circolare e della produzione di biogas, oltre a mille altre cose ancora che seguiranno si sviluppa su un’area di 200mila metri quadrati. già satura per l’80% di attività industriali a poco meno di un anno dal taglio del nastro. Un unicum per la provincia di Foggia e il Mezzogiorno, partendo da un dato già molto significativo: l’occupazione qualificata (ingegneri soprattutto), è passata in un anno da 70 a cento unità.

Cosa c’è ancora da mettere dentro il polo tecnologico? Lei ha parlato di una “concentrazione di intelligenze e tecnologie innovative” forse il piano più stimolante del vostro progetto. Qual è il suo sogno nel cassetto?

«Mi piacerebbe coniugare le attività economiche tecnologicamente mature, con produzioni a forte contenuto innovativo. Dunque non solo tecnologia spinta e scienza all’avanguardia: si potrebbe, ad esempio, incentivare un piano di innovazione territoriale per valorizzare le potenzialità scientifiche locali. Questo significherebbe, a mio avviso, fare innovazione. Mi spiego: non esiste attualmente nella nostra provincia un adeguato sviluppo del manifatturiero a capitale foggiano, esiste un potenziale di questo tipo finanziato da capitali prevalentemente esterni. Va benissimo lo stesso, per carità. Ma se si sviluppasse un manifatturiero tutto locale, con capitali autoctoni, ciò consentirebbe di elevare il know-how a livello territoriale e di ottenere un vero sviluppo di rete delle “nostre” produzioni più facilmente riconoscibili in Italia e all’estero. Quanto al mio sogno nel cassetto, mi piacerebbe poter creare un centro di intelligenza tra tutti i nostri ingegneri. Ne abbiamo di tutte o quasi le specializzazioni: chimici, gestionali, ambientali, ora abbiamo assunto anche un ingegnere microbiologo. Tutti insieme potrebbero lavorare e fare squadra con le università e i centri di ricerca istituzionali. E poi bisognerebbe industrializzare ciò che viene sviluppato nei laboratori, sia quelli nostri che delle università con cui collaboriamo».

Kilometroverde, luogo dell’impresa innovativa è al giro di boa del primo anno di vita. In questo gigantesco magazzino di pezzi di ricambio di Trenitalia per il Centro-Sud chiuso nel 2006, è nato diciotto anni dopo un Polo tecnologico tutto da scoprire. Transizione verde, economia circolare, riciclo dei rifiuti e altre idee che nasceranno. Ingegner Salvatori che tipo di impresa può ancora svilupparsi?

«Un anno fa avevamo ultimato la prima fase della ristrutturazione del polo tecnologico dell’energia rinnovabile per l’economia circolare denominata “Kilometroverde” perchè in un chilometro è racchiusa la nostra area della produzione industriale, della ricerca e dello sviluppo sui nostri sistemi. Abbiamo voluto chiamarla in questo modo evocando l’esperienza del “chilometro rosso” del Bergamasco tutto centrato sull’innovazione. Il nostro è il chilometro della transizione ecologica, il chilometro sul quale noi concentriamo una serie di attività che attengono ai nostri settori storici: le rinnovabili e l‘economia circolare, il segmento più recente su cui abbiamo cominciato a lavorare cinque anni fa. Al momento dell’inaugurazione avevamo ultimato un PIA, programma integrato di agevolazioni con il sostegno della Regione Puglia che ringraziamo per il supporto fornito. Abbiamo puntato su tre direttrici: lo Spazio Vento, un’area dove facciamo rigenerazione di moltiplicatori di giri, le cosiddette “main components” degli aerogeneratori per le pale eoliche. Nello Spazio Forma costruiamo componenti di impianti biogas, nello Spazio Lab ricerca e sviluppo sul biometano. Facciamo lavorazioni meccaniche, elettroniche, elettrotecniche, c’è un’area per la lavorazione della lamiera, il taglio laser, pressopiegatura e calandratura, l’area della carpenteria metallica tradizionale, costruiamo le pipeline (oleodotti: ndr) in acciaio Inox».

“Serve un manifatturiero a capitale foggiano, esiste un potenziale di questo tipo finanziato da capitali prevalentemente esterni”

Da un anno all’altro qualcosa è cambiato, avete ad esempio saturato quasi tutti gli spazi disponibili nelle aree al coperto.

«Nell’ultimo anno abbiamo intensificato l’autoproduzione dei nostri impianti, tutte le componenti vengono adesso prodotte all’interno del nostro polo produttivo. Abbiamo una superficie coperta di circa 13mila mq: sia nello Spazio Vento che nello Spazio Lab, quest’ultimo un laboratorio di chimica con annesse aree per la costruzione di prototipi, facciamo ricerca e sviluppo su biogas e biometano. Ma la ricerca non si esaurisce solo sulle produzioni del nostro core-business: ad appena un anno dal nostro inizio, possiamo contare sull’autoproduzione a pieno regime di tutte le componenti dei sistemi di cui ci occupiamo. Un segmento questo che ci sta dando enormi soddisfazioni».

Parliamo di occupazione, il vostro polo è un attrattore di competenze: quanto l’università di Foggia è in grado di soddisfare la vostra domanda?

«L’università di Foggia è una realtà fantastica di questo territorio, sebbene i vari rettori che si sono avvicendati in questi anni non abbiano sempre goduto della massima condivisione. Noi abbiamo assunto laureati che provengono da Economia e qualcuno da Agraria. Con l’istituzione del corso di laurea in Ingegneria informatica, siamo già entrati in contatto con alcuni studenti e un domani ritengo che questa specializzazione potrà essere molto utile a beneficio della nostra attività. A parte ciò, noi coltiviamo con l’università di Foggia un rapporto costante sulle attività di ricerca in particolar modo con il laboratorio del professor Matteo Francavilla abbiamo in essere progetti di ricerca molto interessanti. La nostra azienda ha inoltre finanziato anche il dottorato di ricerca di una studentessa pachistana che a settembre verrà a fare un tirocinio da noi, su un progetto condotto con il prof. Francavilla riguardo il riciclaggio di materie plastiche. Faccio inoltre parte del consiglio della Terza Missione attraverso incontri periodici nei quali ci interfacciamo con i docenti». 

Se fosse un amministratore della sua città, da dove comincerebbe? L’ad di MantaGroup, Michele Frisoli, sostiene che non si può parlare di sviluppo in un’area a bassa occupazione senza creare opportunità di impiego per i giovani mettendo le aziende in condizione di agevolare questo percorso. E’ d’accordo?

«Sono sicuramente d’accordo. Noi imprenditori dobbiamo fare la nostra parte, le amministrazione comunali la loro. Non possiamo chiedere al Comune di Foggia di realizzare posti di lavoro, altrimenti corriamo il rischio che si tirino su iniziative para-pubbliche dalla dubbia efficacia. Il pubblico deve però favorire l’impresa. C’è la questione del marketing territoriale: sono molto contento che le persone che vengono a trovarci restino stupite per quello che facciamo. Ma questa non è una bella cosa. Come se alla base vi fosse un pregiudizio: arrivato in un territorio deprivato, ora invece mi sto ricredendo. Non va bene. Quello che invece può fare un’amministrazione pubblica è contribuire a raccontare una nuova storia, come nello spirito di questa vostra inchiesta “La Daunia che va” che state così compiutamente realizzando. Altrimenti se continuiamo a coltivare la sindrome di Calimero che sentiamo ogni tanto echeggiare, ci diamo addosso da soli e non possiamo poi aspettarci che dall’esterno possano avere di noi un’idea positiva». 

Condivide che è necessario dar fiato a una nuova narrazione della provincia di Foggia? Da dove partire?

«Quando evidenziamo le nostre negatività, stiamo prendendo le distanze da esse senza renderci conto che stiamo semplicemente denigrando il territorio di cui noi stessi facciamo parte. Io sono perfettamente e completamente foggiano e ne sono orgoglioso, i miei genitori erano persone perbene, i ragazzi che lavorano qui dentro sono tutte persone perbene e non hanno nulla a che fare con la quarta mafia che pure esiste ma che non può confondersi minimamente con le nostre attività. E’ chiaro che il Comune deve aiutarci in questo a raccontare le nostre cose positive, ci sono tanti esempi in tal senso. Cinque anni fa c’era un rudere in foresta Umbra, abbandonato dalla Provincia: ora c’è un’area di ristoro e di socializzazione per tutti coloro che vogliano passare qualche ora di spensieratezza in un luogo fantastico, con i ragazzi dell’associazione “Mooveng” (noleggio bici, tour guidati: ndr) che stanno svolgendo un lavoro fantastico». 

Se avesse fatto il sindaco, dal momento che aveva dato la sua disponibilità, avrebbe immaginato un programma più Green per il suo comune e di che tipo?

«Ci sono diverse competenze specifiche proprio sull’ambiente nell’attuale amministrazione: ho detto della vice sindaca Aprile, cito anche il consigliere Strippoli che sta svolgendo un’azione di valorizzazione del bosco Incoronata in collaborazione con le associazioni di settore. Questa è un’amministrazione che sta dando spazio ai temi dell’ecologia. Leggo anch’io le critiche sull’operato di questo o quell’assessore, credo invece che l’attività amministrativa sia sulla strada giusta. Anch’io vorrei risposte immediate su questioni urgenti come la tutela dell’ambiente, ma dobbiamo dar loro il tempo necessario. Noto, in tal senso, molto impegnato su questi temi anche l’assessore Desantis, ma credo che con i tempi giusti sapranno dare risposte anche nella svolta Green». 

L’economia circolare è un’ambizione della civiltà moderna e un traguardo già raggiunto all’interno del sedime di KmVerde dove l’acqua piovana viene raccolta e utilizzata e si pone grande attenzione al riciclo dei rifiuti. Un modello esportabile in percorsi più allargati di comunità: è illusorio pensare che una città refrattaria al cambiamento qual è Foggia possa allinearsi su certi obiettivi?

«E’ un’ambizione, non ancora un progetto. Ma ci stiamo provando ad allargare il concetto anche ad altri centri del nostro circondario, penso ad esempio ai comuni del medio e basso Tavoliere. In questi ultimi dodici mesi abbiamo iniziato i lavori su un’altra area di circa 11mila mq per la realizzazione di due linee biometano. Su un’area di 15mila mq stiamo realizzando (il cantiere è già aperto: ndr) quattro digestori, ovvero grandi vasche profonde 6-8 metri per il trattamento della materia umida del rifiuto. Una linea si occuperà della trasformazione in energia dei sottoprodotti dell’agricoltura: bucce di pomodoro, tagli delle coltivazioni vegetali, vinacce. La seconda linea si occuperà del trattamento dei fanghi di depurazione e del Forsu (frazione organica del rifiuto solido urbano: ndr), tutti rifiuti attinenti alla filiera dell’umido». 

“Abbiamo iniziato i lavori su un’altra area di circa 11mila mq per la realizzazione di due linee biometano”

Economia circolare senza confini, non si butta via niente. Fin dove è possibile spingersi nel riciclo dei rifiuti?

«Abbiamo sviluppato la nostra tecnologia anche sulla post-digestione dell’umido, ricavando vero compostaggio così da ottenere un prodotto privo di odori e ricco di sostanze fertilizzanti, quindi un vero e proprio ammendante per l’agricoltura. E’ un primo passaggio della filiera che stiamo realizzando sull’umido. Abbiamo in realtà in serbo un altro progetto molto importante, su cui abbiamo già ottenuto un finanziamento PNRR e che ora necessita delle autorizzazioni regionali definitive: mi riferisco al trattamento dei Raee, lavatrici, lavastoviglie, pannelli fotovoltaici, toner, piani di cottura insomma i Raee classificati come R2. Questa filiera verrà allocata nei nostri capannoni su 10mila mq, così andremo sostanzialmente a saturare 40mila mq dei 47mila metri quadri di superficie complessiva coperti attualmente in dotazione. Completeremo tutto il nostro quadro delle progettualità».

Sui rimanenti 7500 mq. cosa ci metterete? Difficile credere che non ci abbiate ancora pensato. 

 «Attendiamo la graduatoria finale di un progetto ministeriale sull’idrogeno verde e qui torniamo al campo delle rinnovabili. In tempi più rapidi del previsto, un solo anno, siamo andati a saturare gli spazi a disposizione e probabilmente dovremo attingere agli ulteriori 150mila mq all’esterno per attivare nuove attività d’impresa. Ci stiamo pensando. Dovremo costruire nuovi capannoni, il sito industriale è stato concepito come un compendio in grado di assimilare ulteriori filiere produttive. Se solo pensiamo a tutto ciò che si può fare con l’economia circolare: potremmo, ad esempio, occuparci del riciclo dei tessuti, delle plastiche, dei Raee per i piccoli elettrodomestici che noi al momento non trattiamo. Il mondo del riciclo e del riutilizzo è in continua evoluzione, le tecnologie si vanno sempre più affinando, si può già ottenere per alcuni materiali il recupero della frazione riciclata dal 70 al 78%. Sembra poco, invece è tanto perchè anche il miglior riciclo non raggiunge mai il livello massimo e c’è sempre una piccola parte che finisce in scarto, ovvero in discarica». 

Lei un anno fa si rammaricò per la scarsa capacità di raccolta differenziata nella città in cui vive, Foggia, e preannunciò che in un futuro più o meno prossimo le sarebbe piaciuto occuparsene. A che punto siete?

«Quando ci occuperemo del trattamento della Forsu, uno dei principali obiettivi sarà proprio quello di avere tra i nostri maggiori conferitori proprio il Comune di Foggia. Per far questo il Comune di Foggia dovrebbe attivare un’adeguata raccolta differenziata altrimenti non si potrà attuare alcun piano di questo tipo. Sono però ottimista, la delega all’Ambiente è stata affidata a una persona competente come Lucia Aprile (vice sindaco: ndr) che del riciclo dei rifiuti ne ha fatto una vera missione attraverso le iniziative svolte in passato con la sua associazione, “Società civile”, e che trasferirà nel suo mandato amministrativo. Ritengo che l’amministrazione comunale abbia assegnato tutte le deleghe a persone competenti, fortemente motivate a portare a termine processi di trasformazione della materia prima. Capisco che questi processi ad oggi siano solo parzialmente avviati, sulla base di un piano Amiu antecedente all’entrata in carica dell’attuale amministrazione. Però capisco anche che riorganizzare l’intera filiera di rifiuti non è un’operazione che si possa fare in sei mesi, bisogna privilegiare la raccolta “porta a porta” che va implementata. L’ente pubblico non ha la capacità di velocizzare questi processi, rispetto ai tempi di esecuzione di un soggetto privato».

“Quando ci occuperemo del trattamento della Forsu, uno dei principali obiettivi sarà proprio quello di avere tra i nostri maggiori conferitori proprio il Comune di Foggia”

Il Comune di Foggia e Amiu hanno attivato un piano di raccolta differenziata solo per le attività commerciali. La quantità di rifiuto prodotta sarebbe già sufficiente per cominciare ad intavolare un quadro di confronto con voi?

«Sarebbero sufficienti, ma avremmo bisogno di ben altro tipo di quantità. Nell’area di Cervaro ci sono diversi altri comuni abbastanza prossimi, Carapelle, Orta Nova, Ordona che potrebbero conferire i loro rifiuti differenziati. Un impianto come il nostro non è facile da trovare in Puglia, mi riferisco alla qualità di trattamento della materia organica così attenta alle restituzioni sul piano energetico e ambientale. Vorremmo essere concepiti come una centrale di riferimento per le amministrazioni pubbliche e non solo. Ci rivolgiamo anche ai tanti soggetti privati che vorrebbero conferire la materia umida, ma non sanno da dove partire. Il Comune di Foggia avrebbe la possibilità di essere il nostro unico conferitore, qualora si raggiungesse un livello di raccolta differenziata al 60-65% oggi molto lontano dal momento che non si arriva al 25%. Da quel che lo letto, il comune di Foggia avrebbe intenzione di ridiscutere con Amiu il piano industriale che darebbe un’accelerazione a questi processi e non solo nel settore commerciale, ma anche sul residenziale».  

Non si riferisce solo all’agricoltura, sembra evidente. Ma non si può prescindere da essa. E allora quale tipo di sviluppo immagina per una città comunque a forte vocazione agricola qual è Foggia?

«Industrializzare ciò che viene sviluppato nei laboratori significherebbe realizzare prototipi che siano efficaci, che consumino poca energia e siano compatibili con l’ambiente. Foggia deve comprendere che non è soltanto una città dalla forte agricola, industriale e turistica pensando allo splendido Gargano ma non escludendo il Subappennino, due aree fantastiche. Ma dobbiamo saper sviluppare tutti questi segmenti del nostro Pil. Personalmente sono impegnato nell’affermazione di un certo tipo di turismo (Salvatori ha aperto l’oasi di Bosco Elda di fronte l’aeroporto di Amendola e il primo albergo nella Foresta Umbra, Elda Hotel: ndr). Però Foggia può essere anche manifatturiero, metalmeccanico, elettrico. Profili di produzioni altamente specializzate che consentono di mantenere alto il tasso tecnologico di un territorio. Ma abbiamo bisogno anche di informatica, di sistemi di controllo, di digitalizzazione. Noi puntiamo alla realizzazione di un complesso tecnologico che è nella logica dell’industria 4.0, ovvero tutti i macchinari saranno collegati a un server che governa i flussi di informazione dei flussi energetici, in modo da avere così sotto controllo i dati fondamentali che ci consentano di ottimizzare l’utilizzo dei macchinari». 

Una crescita professionale legata ai processi produttivi, una sorta di formazione in progress?

«Vorremmo dare a tutti i ragazzi foggiani quei livelli di competenza, da quella più semplice e generica a quella più specializzata, che consenta loro di affermarsi e di continuare a vivere e lavorare nella propria città, sviluppando le proprie competenze, sapendo di vivere in un territorio adeguato ai sistemi più avanzati. Non siamo secondi a nessuno e questa affermazione andrebbe ribadita in ogni contesto. La nostra azienda lavora a livello nazionale ed è apprezzata per ciò che fa. Dobbiamo però sapere di essere capaci di poterlo fare. Kilometroverde era un sogno nel cassetto cinque anni fa, oggi è un sogno realizzato».

Dalle centrali biometano la svolta per sviluppare nuovi processi produttivi. E’ un segmento che resterà centrale nella vostra produzione?

«Ricaviamo il biometano dalla fermentazione della materia umida. Nello Spazio forma realizziamo gli impianti per il processo di upgrading, ovvero la liquefazione del biogas quando questo viene trasformato in biometano dall’estrazione dell’anidride carbonica (Co2). Così il biometano (CH4) prende appunto questa denominazione dalla sua origine biologica, ovvero non proviene dal sottosuolo ma dalla fermentazione anaerobica della materia umida. La nostra è un’azienda di costruzione di impianti di biogas, su questo abbiamo centrato le nostre prime attività realizzando 30 impianti in tutta Italia, abbiamo una sede anche in Lombardia (a Montichiari, Brescia: ndr). Facciamo costruzione e allestimento di quadri elettrici per i nostri sistemi di biogas e di biometano. E’ così che siamo approdati al Kilometroverde». 

Lo schermo blu che ha mandato in tilt i computer di mezzo mondo, il 18 luglio scorso, ha evidenziato l’estrema fragilità dei nostri sistemi tecnologici interconnessi. Seguendo un parallelo con l’energia rinnovabile, pensa che arriverà il giorno in cui il mondo riuscirà ad affrancarsi dai combustili fossili senza correre il rischio di restare al buio?

«Questa domanda per me è fonte di grandissima soddisfazione. Dieci anni fa non ce la saremmo proprio fatta, tanto era residuale la qualità e quantità di energia rinnovabile prodotta. Eravamo, ricordo, a un livello di energia rinnovabile prodotta fino a un massimo del 15-20% del fabbisogno. Abbiamo fatto dunque passi in avanti notevoli, l’abbiamo fatto in virtù di istituzioni che hanno impresso un’accelerazione forte su questi temi. E l’abbiamo fatto tenuto conto anche degli ostacoli posti da forze della conservazione che temono danni per l’economia, un’accelerazione verso il cambiamento troppo brusca, uno sviluppo che poi ci porti a non avere più stabilità economica e politica. Noi dovremmo innanzitutto mettere a fuoco un concetto: se stiamo imprimendo un’accelerazione incredibile, a intercettare obiettivi sempre più ambiziosi come la riduzione della CO2 o la costruzione di abitazioni a più alto tasso di efficientamento energetico, la causa è dovuta a una crisi climatica di dimensioni spaventose. Quindi noi dovremmo tenere insieme i due ragionamenti, altrimenti rischiamo di andare fuori contesto dando voce solo a posizioni preconcette. Oggi le scelte di politica energetica non possono che essere collegate tra loro, dovremmo pertanto  imprimere una velocità più accentuata a questa trasformazione per portare veramente verso l’autosufficienza energetica tutti i settori della nostra economia. L’Unione europea ci sta già provando a strutturare questi concetti, auspico che lo faccia in modo ancor più deciso». 

In che modo Bruxelles dovrebbe incentivare l’affrancamento dalle vecchie tematiche ambientali?

«Oggi l’Ue dovrebbe pretendere che tutte le attività produttive abbiano un arco temporale definito, entro il quale dovrebbero dotarsi di un’autosufficienza energetica  da fonti rinnovabili. L’Ue dovrebbe maggiormente aiutare le imprese ad accelerare la transizione verde che richiede investimenti elevati. E’ proprio in ordine a questi temi che oggi si sta aprendo una problematica sul cosiddetto “storage”, ovvero l’incapacità delle linee elettriche di erogare per tutto il giorno e in modo stabile energia da fonti rinnovabili. Andrebbero introdotti meccanismi che permettano di accumulare energia e distribuirla seguendo un più naturale bilanciamento della rete. Attualmente accade infatti i grandi distributori, come Terna in Italia, sopperiscano alla alla mancanza di energia da fonti rinnovabili specie nelle ore notturne approvvigionandosi da fonti fossili».  

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