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Da 150 a 500 euro a famiglia per andare in vacanza e soggiornare in hotel, bed & breakfast e agriturismi. Questo in sostanza il meccanismo alla base del “bonus vacanze”, una misura inserita nel ‘Decreto Rilancio’ del maggio 2020 e nata con l’obiettivo di rivitalizzare l’industria turistica dopo l’emergenza Covid. Grazie a questo strumento – pensato per famiglie in difficoltà economica che desideravano comunque concedersi qualche giorno di ferie – alcuni albergatori riminesi, secondo la ricostruzione della Guardia di Finanza, sarebbero riusciti a mettere in piedi una vera e propria truffa, ottenendo sconti fiscali per centinaia e centinaia di migliaia di euro con oltre 2.800 bonus ottenuti in maniera illecita. Sono 10 le persone indagate a vario titolo per associazione a delinquere, truffa ai danni dello Stato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Tra di loro, sette albergatori – amministratori delle società che gestiscono alberghi a tre e quattro stelle situati principalmente a Rimini e Riccone – e tre cosiddetti ‘procacciatori’, ovvero figure che avevano il preciso compito di racimolare i codici dei bonus vacanza. Gli indagati sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati Paolo Righi, Massimo Campana e Ivan Dall’Ara. Nei giorni scorsi i finanzieri del Comando Provinciale di Rimini hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo emesso dalla Procura della Repubblica di Rimini effettuando, con l’impiego di oltre 50 militari, 15 perquisizioni in tutta la provincia al fine di cautelare valori mobiliari e immobiliari per oltre un milione di euro. Nel corso delle perquisizioni sono stati trovati e sottoposti a sequestro ingenti somme di denaro in contanti, orologi di lusso e gioielli. Le indagini sono state condotte dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria, e sono scaturite da una segnalazione del Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie. Le Fiamme Gialle avrebbero portato a galla uno schema fraudolento che prevedeva il trasferimento dei “bonus vacanze” attraverso l’utilizzo delle diverse piattaforme social. I primi a muoversi, in sostanza, erano i procacciatori, che contattavano sul web i titolari del bonus vacanze promettendo di poter monetizzare l’incentivo. I codici, così trasferiti, venivano “scaricati” dalle strutture alberghiere per soggiorni “fantasma” in realtà mai avvenuti ed utilizzati in compensazione delle imposte o cedute a fornitori quale credito d’imposta. I finanzieri hanno compiuto accertamenti tecnici approfonditi: dal controllo a tappeto dei social network ai numerosi dettagli della funzionalità alberghiera andando persino a rilevare i flussi di energia elettrica erogati nelle singole strutture cosi da comprovarne la non operatività nei periodi in cui i bonus erano risultati “incassati”. Secondo i difensori degli indagati, i bonus in alcuni casi sarebbero stati accreditati a titolo di acconto per soggiorno poi effettivamente goduti o ancora da godere. Alcune strutture ricettive risultavano addirittura chiuse per effetto di provvedimenti coattivi emessi dai Comuni di Rimini e Riccione. Le ricostruzioni hanno permesso di individuare oltre 2.800 bonus illecitamente ottenuti e connettere oltre 50 querele per truffa che erano state presentate in tutta Italia. Tra gli albergatori, c’è anche un cittadino albanese che avrebbe usufruito di bonus per un totale di 250mila euro.

Lorenzo Muccioli

 

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