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In un recente articolo (“Interventi
edilizi e delibere condominiali: cosa dice la Cassazione
”)
abbiamo commentato la recente sentenza della Cassazione – Ordinanza
13781 del 17 maggio 2024 – che ha dato un indirizzo
giurisprudenziale sull’imputazione delle spese condominiali
ordinarie e straordinarie in caso di compravendita di un
immobile.

Superbonus e compravendite immobiliari

In questo articolo vogliamo soffermarci su un caso particolare:
l’atto di compravendita avveniva dopo l’inizio dei lavori agevolati
con il superbonus approvati dall’assemblea nel novembre 2022
all’unanimità, ma prima che la stessa assemblea, a causa del
protrarsi dei lavori nell’anno 2024, veniva richiamata a deliberare
l’ordine del giorno in cui si evidenziava la necessità di versare
una cospicua somma di denaro all’impresa appaltatrice per coprire
la quota indetraibile del 30% e non più scontabile. L’assemblea
approvava con il minimo previsto dalla legge (numero di voti che
rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del
valore dell’edificio) e voto contrario del nuovo acquirente, con
immediata costituzione del fondo speciale per il deposito delle
somme occorrenti per l’esecuzione dei lavori restanti che non
saranno oggetto di sconto in fattura.

Per completezza, ricordiamo che i lavori condominiali deliberati
entro il 24 novembre 2022 e con Cilas depositata entro il 25
novembre 2022 hanno goduto del 110% di detrazione con possibilità
di utilizzare lo sconto in fattura o la cessione del credito fino a
tutto il 31 dicembre 2023, mentre dal 1° gennaio 2024 la detrazione
è scesa al 70% rendendo la parte rimanente del 30% indetraibile ai
fini fiscali e quindi nemmeno scontabile in fattura. Pertanto, la
fattura dell’impresa che esegue i lavori potrà ancora effettuare lo
sconto in fattura solo per il 70% e la rimanente parte deve essere
bonificata contestualmente dal condominio alla stessa impresa per
consolidare lo sconto ricevuto del 70% (sempreché non si tratti in
assoluto della prima fattura emessa per lavori realizzati; in tal
caso, non potrà essere utilizzato lo sconto in fattura a causa del
vincolo stabilito dal comma 5 dell’art. 1 del D.L. 39/2024 secondo
il quale per fruire delle opzioni dello sconto in fattura o della
cessione del credito occorreva aver pagato almeno una fattura entro
il 29 maggio 2024).

Inoltre, il valore dell’immobile oggetto della compravendita
ricade nella casistica di quelli a cui si applica la nuova
plusvalenza ai sensi degli artt. 67 e 68 del TUIR che prevedono
l’esclusione delle spese sostenute per la ristrutturazione per
calcolare la base imponibile su cui si applica l’imposta.

Il caso di specie

Il caso non è frequentissimo ma è probabile e non di facile
soluzione. Infatti, occorre tener presente che le norme sono nuove
e hanno scarso materiale a disposizione, sia giurisprudenziale che
dottrinale, e nemmeno supportate da documenti di prassi che possano
indirizzare il contribuente ad un corretto comportamento. La stessa
Cassazione, nel corso degli ultimi venti anni, ha trovato solo da
poco tempo un indirizzo univoco sull’imputazione delle spese e il
contenzioso sulla materia è ancora vivo e oggetto di nuove
decisioni.

Esemplifichiamo con le date:

  1. Prima delibera dell’assemblea: 24 novembre 2022
  2. Vendita dell’immobile: 28 febbraio 2024
  3. Seconda delibera dell’assemblea: 20 aprile 2024

Per prima cosa, facciamo chiarezza sulla plusvalenza. In questo
caso, i lavori non sono ancora terminati e, in base agli articoli
67 e 68 del TUIR, i lavori devono essere conclusi per stabilire il
termine iniziale di applicazione della plusvalenza, termine
identificato con la data di comunicazione agli enti competenti
della fine dei lavori. Pertanto, la compravendita avvenuta il 28
febbraio 2024 non è oggetto di plusvalenza. L’attuale compratore ne
sarà soggetto, in veste di venditore, in caso di una futura vendita
sempreché l’immobile non sia stato adibito ad abitazione principale
per la maggior parte del periodo che va dall’atto di acquisto del
28 febbraio 2024 alla data della futura vendita oppure non siano
trascorsi dieci anni dall’acquisto.

Per quanto riguarda la spesa da sostenere per la parte
indetraibile pari al 30% dei lavori ancora da realizzare, secondo
l’ultima ordinanza della Cassazione sopra richiamata, devono essere
imputate ai condòmini proprietari al momento della delibera
assembleare. In questo caso, dunque, l’assemblea che si è svolta
dopo la cessione dell’immobile ha deliberato la spesa a carico dei
condòmini, non prevista nella prima delibera. Pertanto, il nuovo
acquirente, nonostante il voto contrario nella seconda assemblea,
sarà obbligato a pagare le spese impreviste in virtù della
qualifica di proprietario al momento della nuova delibera.

Conclusioni

A parere di chi scrive, nulla potrà essere imputato al venditore
che ha ceduto l’immobile in totale buona fede, salvo specifiche
clausole previste nel contratto di compravendita a favore
dell’acquirente. Ad esempio, si potrebbe prevedere che una delle
condizioni di acquisto sia quella di non avere alcun addebito di
spese per interventi edilizi sulle parti comuni già deliberati
prima dell’atto di compravendita anche in caso di modifiche
peggiorative delle norme agevolative. Sembra quanto meno
improbabile che una clausola di questo tipo possa essere accettata
dal venditore, ma trattandosi di un contratto privato lasciato alla
volontà delle parti, nulla è impossibile. Infatti, una clausola di
questa portata potrebbe essere applicata in considerazione di un
importo di compravendita più vantaggioso per il venditore che si fa
carico di tutte le spese necessarie per il completamento dei
lavori.

Inoltre, richiamando il commentato indirizzo giurisprudenziale
della Cassazione, l’acquirente potrebbe appellarsi al fatto che la
delibera che ha approvato i lavori sia stata votata prima del suo
acquisto e, di conseguenza, le spese da sostenere debbano essere
imputate al venditore che era all’epoca proprietario. È vero che la
delibera che consente al condominio di utilizzare le opzioni dello
sconto in fattura e della cessione del credito è quella del 24
novembre 2022, ma è anche vero che la successiva assemblea del 20
aprile 2024 ha deliberato su altra materia, cioè le maggiori spese
da sostenere e da imputare ai condòmini in base alle quote
millesimali di proprietà. L’assemblea non ha deliberato nuovi
lavori e relative nuove spese, ma ha solo deliberato sulle nuove
modalità di pagamento (non più sconto in fattura totale ma sconto
in fattura parziale e contestuale pagamento della quota
indetraibile) delle spese relative agli stessi interventi già
approvati con la prima assemblea.

Sarebbe interessante applicare questi princìpi ai casi di
acquisto della sola nuda proprietà o del solo usufrutto. Il
prossimo articolo vedrà di chiarire le implicazioni dei diritti
reali nell’ambito delle spese condominiali di manutenzione
ordinaria e straordinaria.

A cura di Dott. Luciano Ficarelli
Dottore Commercialista
https://www.professionistiintegrati.net/
Esperto in bonus edilizi
Abilitato al rilascio del Visto di Conformità



 

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